Lo Stato Moderno - anno II - n.12 - 20 luglio 1945
110 LO STATO MODERNO -"20 LUGLIO 1945 stato fu concepito unicamente come un apparato di forze e di servizi nelle mani del capo cmamato dalla provvidenza a interpretare e ad eseguire la volontà del popolo. Posto tra il capo e il popolo, persone reali, lo stato, ente astratto, ebbe funzione meramente strumentale, di macchina esecutiva. Del resto, questo modo d'intendere lo stato, che in sostanza iden– tificava lo stato con la burocrazia, non era così estraneo alla storia del popolo germanico che non se ne potesse trovare la corrente principale di derivazione nel costume e nella men– talità del dispotismo illuminato, che nei paesi tedeschi aveva trovato il suo più fertile terreno e non era mai stato del tutto estirpato. Con la differenza che, mentre nella pratica dell' as– solutismo il funzionario era elevato a portatore e simbolo della volontà dello stato (Federico Il si considerava egli stesso il primo servitore dello stato), ora veniva degradato a cieco e meccanico esecutore della volontà di una persona autoprocb– matasi interprete infallibile del popolo. Quali che siano le ra– gioni che abbiano determinato un cosi violento rovesciamento di dottrine e di idee, qualunque sia il modo con cui tali idee siano germinate nelle oscure pieghe dell'anima dell'uomo te– desco, più vicino di ogni altro uomo all'uomo naturale, qual'è stato tratteggiato dalle teorie pessimistiche del giusnaturali– smo - gettato nel mondo senza tradizioni nè senza soccorso divino, quindi senza carità nè giustizia, disposto a far valere la forza come unico suo diritto, la conquista come unico modo d'acquisto della proprietà, la guerra come unico lavoro - l'uomo medio del tempo nostro, a qualunque popolo appar– tenga, purchè conservi in sè un barlume di quel mondo mo– rale - costumi, idee, tradizioni ,esempi - che è la prima e più certa testimonianza di ,civiltà, non può non restare sbi– gottito o sdegnato, ogni qual yoJta, trovandosi di fronte a una qualsiasi manifestazione della cultura tedesca in questi ultimi anni, tocchi con mano quale immensa devastazione di co– scienze e quale oscuramento di idee abbiano rivelato quegli uomini che, nel secolo XX, hanno, col fanatismo degli idolatri unito alla freddezza degli scienziati, in ogni campo del sapere e della vita, riabilitato consapevolmente e ingenuamente ido– leggiato la barbarie, giungendo nelle teorie giuridiche e sociali a proporre e a imporre, con la cecità che solo un orgoglio smi– surato può dare, l'orda e il totem a popoli che da millenni avevano conosciuto la società civile e la legge. Mentre il regime fascista si difendeva accrescendo artifi– ciosamente la dignità e la maestà dello stato, il regime nazi– sta trovava la via della sua giustificazione nella spersonalizza– zione e nella degradazione dello stato. Si tratta, d'altronde, delle due uniche strade, che siano state percorse in ogni tem– po dalle teorie dell'assolutismo statale: la prima conduce, at– traverso la divinizzazione dello stato a quella concezione dello stato che possiamo chiamare dello stato-divinità; la seconda, attraverso la meccanizzazione dello stato, a quell'altra conce– zione che possiamo chiamare dello stato-macchina; ma en– trambe giungono, pur seguendo opposte direzioni, alla stessa mèta, che è la separazione dello stato, considerato come ente per sè stante, dagli individui sudditi. Della divinizzazione dello stato la classe dominante si serve, da un lato, per tener lon– tana dallo stato la massa dei sudditi, come si respinge il volgo profano dal tempio, dall'altro, per pretendere dai sudditi, così allontanati e spauriti, cieca ed assoluta obbedienza agli ordini che vengono emanati in nome di tale maestosa e sublime di– vinità. La statolatria che ne deriva, con tutte le più arroganti e insulse manifestazioni di un simbolismo religioso e di un misticismo intollerante, serve in fin dei conti a coloro che di questo terribile idolo conoscono i segreti e interpretano la na– scosta volontà, com'era, ad esempio, l'aristocrazia nelle mo– narchie teocratiche, o some sono stati i gerarchi negli odierni stati totalitari, caste entrambe sacerdotali, votate al culto e allo sfruttamento di quello che Hegel chiamava il dio-terreno. La meccanizzazione dello stato, invece, trasformando lo stato, inteso come il complesso dei servizi pubblici permanenti, bu– rocrazia, scuola, esercito, in un potente e insieme docile con– gegno, di cui solo i dominatori conoscono il funzionamento e tengono in mano le leve del comando, fa si che la massa dei sudditi la quale non ha contatto con quelle leve e non cono– sce quel funzionamento, in completa balia dei suoi « guida– tori», sia schiacciata e stritolata, quasi fosse la materia prima che questa macchina elabora per trarne i prodotti necessari a seconda delle circostanze, ora soldati, ora operai, ora spie, ora sicari, non uomini ma tttensili; prodotti che sono stati gettati con prodigalità sul mercato internazionale della guerra mon– diale dallo stato-macchina nazista, composto di una burocra– zia di servitori, di una scuola di ripetitori, di un esercito di mercenari, ancora, non uomini, ma ingranaggi. Del resto, queste due concezioni dello stato, apparente-, mente antitetiche, considerate nella loro origine e nei loro ef– fetti, sono assai meno lontane l'una dall'altra di quanto a primo aspetto possa sembrare. Tutte e due partono da una ideQtica situazione storica a cui tentano di dare una giustifi– cazione: una società in cui la classe dominante costituisce una casta circoscritta e chiusa, che considera lo stato come la roc– caforte inespugnabile dei propri privilegi; e sfociano nello stesso risultato: la considerazione dello stato come di un ente per se stante, in una parola, l'entificazione dello stato. En– trambe le concezioni, tanto quella dello stato-macchina, quanto quella dello stato-divinità, si possono ritrovare nelle teorie politiche che accompagnano la formazione dello stato moderno, cioè dello stato unitario e accentrato che sorge dalla dissoluzione dello stato feudale. Per il Principe di Machia– veJli, che è l'idealizzazione del Signore italiano, primo rappre– sentante in ordine di ·tempo del principe dello stato moderno, lo stato è, come per gli scritttori nazionalsocialisti, un appa– rato di forze e servizi, di cui ci si deve impadronire nel modo più esclusivo e « totalitario», se non si vuole perdere il po– tere sugli uomini e, insieme col potere, la vita e la roba. Con– quistare lo stato, conservare lo stato, perdere lo stato, vuol dire per il Principe conquistare, conservare, perdere il domi– nio e l'uso di queJle leve - famiglie potenti, milizie merce– narie, cortigiani fedeli, ecc. - che gli danno la possibilità di dirigere a suo arbitrio la vita e la roba dei più. Gli innume– revoli trattati di precettistica politica del '500 e del primo '600, che prendono le mosse dal Machiavelli, si possono con– siderare come i manuali del perfetto « guidatore » della più potente e terribile macchina che sia stata costruita dagli uo– mini: lo stato. Le analogie tra lo stato e la macchina nelle teorie politiche del tempo sono sorprendenti: tutto· quel che di spregiudicato o cinico o ripugnante alla coscienza indivi– duale vi è nel machiavellismo d'allora e di sempre, deriva in massima parte dal concepire l'attività politica come una fredda operazione meccanica subordinata a regole e principi, il cui scopo è unicamente quello di perfezionare la maccmna dello stato, nel senso di renderla insieme più potente e manegge– vole, più rapida ed efficace nel confezionare sudditi ubbi– dienti e fedeli. Lo stato moderno, militare e accentrato, lo stato di Ma– chiavelli e di Richelieu, sorge come stato-macchina, ma si viene via via consolidando come stato-divinità. Alla fine di questa evoluzione i due processi della meccanizzazione e della divinizzazione si compenetrano e mal si distinguono l'uno dal– !' altro. Se lo stato è un apparato di forze atto a esercitare un dominio, solo colui che tiene in mano le leve di questa mac· china ha il diritto e il potere di comandare: il possesso di questa macchina, esso solo, fa dell'uomo un capo, di un indi– viduo un principe, istituisce la sovranità personale. Al con-
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