Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945

c:·eta ed attuale nel nostro Paese, non possiamo accettare senz'altro la con– seguenza che condanna l'apoliticità delle cooperative; specie per le coope– rative agricole di portata locale che devono restare aperte a tutti. Il riaf– facciarsi dei molti, dei troppi partiti della « vecchia » Italia, che celano nelle pieghe delle loro bandiere le viete pregiudiziali, le antiche rivalità, ·gli in– veterati errori, minaccerebbe di polverizzare in una miriade d' · i · · e– boli, contrastanti e stentate le possibilità d'azione cooperativ Onde più che mai viva e sentita si fa anche al nostro proposito l'esi nza i un grande partito democratico, decisamente progressista ed orientato a sinistra, nemico di ..ogni privilegio, di ogni protezionismo e di ogni reazione - politica, so– ciale od economica -, sintesi di prassi liberale e di postulati socialisti. Un partito che sia alieno dalle due opposte pregiudiziali che ostacoiano o tra– viano una prassi cooperativa su larga base : quella confessionale - che la pone sotto l'egida conservatrice del prete - e quella classica - che vor– rebbe dogmaticamente farne uno strumento di lotta di classe proletaria, an– che quando gli impulsi che la muovono (ad es. nel caso dei picc proprie– tarii o dei minuti coltivatori) scaturiscono da ceti non proletari. Appunto perché aperto a comprenderla e a favorirla come efficace mezzo di eleva– zione - anche se non certo come unica soluzione -, la cooperazione trove– rebbe in esso il migliore e più naturale alleato. Sottolineiamo questo termine giacché resta ben fermo che la cooperativa, se non deve barricarsi in un falso agnosticismo, persegue e deve perseguire finalità economiche e non è in 11;Icun modo un organo politico o che alla politica possa surrogarsi. In realtà la politicità o apoliticità è cosi connaturata in ogni singolo caso con le peculiari aspirazioni, le situazionì concrete a cui si reagisce, gli interessi specifici e localizzati, che il voler dettare una regola generale sa– rebbe deformarli. Cooperazione è soprattutto auto-tutela. E a questa auto– tutela occorre lasciare la massima libertà. Preme soltanto che le superiori federazioni di cooperative abbiano si gran braccia da accoglier ciò che si rivolge a loro: non devono esistere cooperative che non siano federate. E, pur restando apolitiche, le federazioni saranno meglio in grado di stringere con l'insieme dei partiti democratici patti di alleanza ed intese, per la loro protezione. · Ma poi, tutto considerato, quel che più impo_rta non è la politicità o apoliticità delle cooperative, quanto dei loro soci. Palestre di pratica demo– crazia e di autogoverno economico, esse devono essere incentivo per i soci a liberamente esplicare l'esperienza maturata nella vita politica locale, re– gionale e nazionale : a far valere cioè i diritti politici che ad essi come citta– dini' spettano, e ciò non solo a concretazione degli interessi generali, bensi anche per assicurare - sul terreno politico - le condizioni per la difesa e lo sviluppo della cooperazione. Che se, viceversa, per apoliticità della coo– perativa s'intende il ·puntualizzarsi nella grettezza dell'interesse economico da essa tutelato, come un neutrale rifugio di supina indifferenza, inducente a considerare la vita politica, generale o locale, come uno sterile vaneggiare, come· un assurdo affacendarsi, come un· deleterio cozzar di fazioni, da cui è cauto e saggio rifuggire, allora la -tanto preziosa cooperazione discopre un. volto reazionario, gretto, egoistico, piccolo-borghese nel peggiore e più aso– ciale dei sensi. E allora non è più scuola di solidarietà e di democrazia in atto, ma adescamento al servilismo di ogni tempo. Ché la cooperazione può essere apolitica, ma non può, non deve essere politicamente agnostica. PIGRECO -31-

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