Lo Stato Moderno - anno II - n.5-6 - marzo-aprile 1945
tadino privilegiato; gli altri erano dei paria politicamente parlando. E mol– tissimi furono gli Slavi che vestirono la camicia nera, come moltissimi fu– rono gli squadristi slavi, specialmente in Istria, che. esplicarono un'attività manganellista degna di miglior causa.. Da questo punto di vista il fascismo era anazionale. · Invece il dott. Smodlaka non menziona le brigate Garibaldine, simbolo del rinato popolo italiano che, operando in Jugoslavia, hanno cercato di la– vare col sangue le malefatte del fascismo in quei territori. Noi deploriamo le iniquità commesse dai fascisti, rappresentanti un·•esigua frazione del po– polo nostro; ma anche lo Smodlaka, se fosse un vero democratico e un sin– cero « europeista», dovrebbe deplorare pubblicamente le orribili atrocità com– messe nell'Istria centrale, ai primi di ottobre 1943, dai nazionalisi croati, provenienti dai Balcani, che nei distretti di Pisino e di Albana uccisero oltre 400 italiani col pretesto di combattere il fascismo, ma in realtà per elimi– nare la cosidetta « intellighentzija » italiana a1lo scopo di dominare più fa· cilmente la situazione nei territori agognati. Che dire degli altri' 400 funzio– nari italiani liquidati nella zona di Spalato nello stesso periodo di tempo? Qgni fatto nobile o ignobile viene consegnato alla storia .. E la storia registrerà il generoso contegno degli Sloveni - il più piccolo ma il più ci– vile dei popoli jugoslavi - che hannq aiutato in tutti i modi i soldati ita– liani a fuggire dalle grinfie dei Tedeschi. Nelle supreme crisi politiche si rivela l'animo dei popoli, e gli Sloveni in quella circostanza si sono guada– gnati il rispetto e l'ammirazione non solo degli Italiani, ma anche di tutti i fautori di una unione europea. Essi hanno gettato, forse inconsapevol– mente, il seme per una feconda collaborazione fra le varie genti di questa parte del nostro continente. · La storia registra tutto, il dare e l'avere per ciascun popolo. Il dottor Smodlaka ha messo in evidenza soltanto l'avere. Ora, se la Jugoslavia vorrà dirimere questa vertenza con la punta della spada, secondo un sistema pret– tamente fascista da cui noi aborriamo, la nazionalità degli abitanti della Giu– lia ha scarsissima importanza: la forza trova la giustificazione in se stessa e il popolo interessato conserva, malgrado tutte le sopraffazioni, i suoi di– ritti inalienabili e imprescrittibili all'autodecisione politica; se invece s'in– tende riconoscere alle popolazioni giuliane il diritto di decidere dei propri destini (« i popoli non sono mandre di pecore » afferma giustamente il si– gnor Smodlaka), allora sarà il popolo libero che risponderà liberamente al quesito: quanti sono gli Italiani e quanti gli Slavi (rispettivamente Sloveni o Croati), quali zone dell,a Giulia sono prevalentemente italiane e quali pre– tJalentemente sl,ave. Nell'un caso e nell'altro l'appigliarsi a cifre esagerate di Slavi viventi nella Giulia è un pessimo argomento polemico, soprattutto quando certe affermazioni urtano contro l'evidenza e la palese realtà demo– grafica dei territori in esame. L'articolista poi afferma che la Giulia appartiene geografìcam~nte alla Jugoslavia. Ma la geografia fisica non è un'opinione, e quindi è superfluo confutare delle affermazioni che contrastano con i canoni della più elemen– tare conoscenza geografica di questa parte del nostro continente. Il pro– blema delle fronti.ere geografiche e strategiche ha fatto il suo tempo per quanto concerne la sicurezza nazionale. L'Europa è, dal punto di vista geopolitico, un'unità economica e politica che non consente l'esistenza di scompartimenti stagni nel campo dell'economia intercontinentale.
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