Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945
ma sembra a noi che la vera soluzione del problema dell'affrancamento della stampa dalle influenze capitalistiche debba automaticamente scaturire, più che da speciali regolamenti, dalla vasta riforma politica e sociale che, nel regime democratico di domani, renderà impossibile al capitalismo ogni inge– renza corruttrice nella vita politica ed economica del Paese e quindi di far servire un grande organo di stampa ad interessi particolari. . Resta la questione della testata che a noi, con tutta franchezza, sembra questione di lana caprina. Anche qui si vuol risalire al precedente russo senza pensare in questo, come in tutto il resto, a certe differenze storiche e attuali fra la Russia, ad esempio, del 1917 e l'Italia, mettiamo, del 1945. E per altro interessante notare il fatto che uno dei primi, anzi forse il primo de– creto, del governo bolscevico è stato quello per la stampa del 27 ottobre. Da esso appare che i bolscevichi non erano per la soppressione di tutti i gior– nali esistenti, ma solo di quelli che avessero offerto resistenza alla marcia della Rivoluzione. Ecco testualmente il decreto : (( 1. Saranno sospesi gli organi della stampa: a) che faranno appello a una resistenza aperta al governo degli operai e dei contadini; b) che semine– ranno germi di disordini snaturando calunniosamente i fatti; c~ che incite– ranno ad atti criminali, cioè ad atti giudicabili dai tribunali correzionali. (< 2. La sospensione provvisoria o definitiva non potrà essere eseguita che per ordine del Consiglio dei Commissari del Popolo ». Come si vede i bolscevichi non si sono mai sognati all'inizio di fare uscire solo giornali di partito; ossia solo giornali del loro partito che era l'unico ammesso. Ancora nel mese di marzo del 1918, cioè un anno dopo lo scoppio della Rivoluzione, la stampa borghese usciva sempre indisturbata a Mosca sotto il solo controllo di una censura molto larga. Fu solo col decreto dell'8 agosto 1918 che la stampa divenne in Russia un monopolio di stato. Ma la cosa avvenne gradatamente e i giornali borghesi vennero colpiti per vie indirette: col .decreto, ad esempio, del 7 novembre 1918 che stabiliva il monopolio degli annunci e chiudeva le case di pubblicità; con la elevazione della tariffa postale e col sabotaggio dei servizi di distribuzione. Fu allora che sorse lassù la questione delle testate. Un giornale, ad esempio, come il vecchio Novoe Vrem.ya poteva continuare ad uscire dalla sua moderna e ben attrez– zata tipografia, ma doveva prendere il nome di Pradva: il Huskoe Slavo (la parola russa) doveva diventare la Nache Slavo (la nostra parola); la Birjevia Viedomosti (Gazzetta della Borsa) usciva ancora, ma sotto il nome di Novaya Viedomost ,(Nuova Gazzetta), ecc. 1 Ma per la testata l'esempio russo non ci pare che valga. Non bisogna mai dimenticare che in Russia c'è stato un salto brusco dallo zarismo dispotico al bolscevismo rivoluzionario, lasciando in mezzo un vuoto innaturale che solo in venti anni di esperienza i comunisti saggiamente hanno saputo col– mare. Noi non avremo un uguale abisso da colmare. Il fascismo non ha avuto dietro di sé secoli di ininterrotto zarismo; esso ha rappresentato nella nostra vicenda politica null'altro che una discontinuità. A differenza dei russi noi abbiamo sempre avuto le libertà costituzionali fino al 1922: buono o cattivo abbiamo sempre avuto un Parlamento: abbiamo sempre avuto, più o meno liberamente e onestamente esercitato, il voto politico: abbiamo sempre avuto giornali di tutti i partiti, anche anarchici. Il fascismo non è stato per noi una rivoluzione, ma un tentativo di controrivoluzione. Ne -segue che quello che poteva dire e significare per i russi la testata Novoe Vremya non può ~ dire né significare per noi la testata; per esempio, Corrie,te della Sera: per ci– tare solo il più tipico e maggior giornale d'informazione del Paese. Il Novoe Vremya era sempre stato, ininterrottamente dal suo nascere, il giornale del Cremlino e dei Granduchi; aveva sempre rappresentato, cioè, tutto quanto vi era di più odioso per la rivoluzione bolscevica. Ma il Corriere della Sera fu moderato con Torelli Viollier, che pure si ritirò dalla sua direzione nel 1898 35 -
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