Lo Stato Moderno - anno II - n.3-4 - 1-16 febbraio 1945
la _libertà tutto si finisce sempre per raddrizzare, per correggere, per moderare, per normalizzare. Noi non riusciremo a nulla se nella nuova ltalia avremo paura che un giornale faccia domani, magari insidiosamente, una politica reazionaria. La faccia, e, se avremo la libertà, la vera libertà, saremo qui noi a smascherarlo, confutarlo, combatterlo: ad agitare l'opinione pubblica e a persuaderla che noi siamo sulla buona via, non il giornale sospetto. Persua– dere l'opinione pubblica, interessarla ai problemi dell'ora - e l'interessamento viene solo dai contrasti e dai dibattiti - in una parola: educare. Questo è quello che ci vuole. Questo è ciò che perde talora di vista il giornalista di parte. Educare. Non crediate che noi avremo la libertà il giorno in cui l'avremo messa nelle nostre istituzioni. La libertà sarà viva e operante solo il giorno in cui l'avremo trasferita dalle istituzioni al costume politico. Certo il costume politico non si improvvisa. Dobbiamo dar tempo al tempo, ma, quando il costume politico è fatto, la libertà non ha più nulla da temere. In questo l'Inghilterra ci è maestra e molto ci potrebbe insegnare. Un distinto giornalista tedesco, E. Wertheler, nel suo ottimo studio Das Antlitz der Briti– schen Arbeiterpartei dice che il grande segreto della libertà inglese sta nel l'assenza di ogni paura. Questo caso è certamente significante. Nel 1924 il Director of Public Prosecutions (Procuratore del Re), instituì un procedi– mento contro il Worker's Weehly (il settimanale del partito comunista in– glese) per un articolo in cui si esortavano i soldati, i marinai e gli aviatori inglesi a rifiutarsi di servire, sia in una guerra con lo straniero, sia in una guerra di classe. Appena si seppe di questo procedimento fu uno scandalo generale. Il Times - si badi bene, proprio il Times - fece un articolo di fondo stigmatizzando questo attentato alla libertà di stampa e in difesa del giornale comunista: il governo si affrettò a sospendere il processo, che non ebbe più luogo, ma il ministero non poté salvarsi e due mesi più tardi, nelle elezioni generali, fu battuto, fra l'altro, per lo scandalo del Worker's Weekly. Si pensi: il Times in difesa di un giornale settimanale comunista: uno scandalo nazionale in difesa di un organo di quel partito che si diceva anti– nazionale; una insurrezione per una offesa alla libertà di stampa, di quella libertà - è il Wertheler che parla - che in Inghilterra « non conosce ormai né limitazioni, né esclusivismi, né paure ». Noi non sappiamo che cosa sarà l'Inghilterra di domani; tutto è ancora incerto; ma di questo siamo certi: che se, non diciamo i laburisti, ma gli stessi comunisti inglesi saliranno do– mani al potere, tutto muteranno ed abbatteranno meno il Times e ciò non per riconoscenza, ma semplicemente perché il Times è un giornale e sarà al– lora un giornale di opposizione, di quella opposizione che ogni inglese consi- · dera come parte necessaria e integrante dell'azione del partito avversario, temporaneamente al potere. Il nostro asserto dunque è che una sistemazione quale ci si prospetta non sembra, in linea di principio, difendibile, per quel criterio esclusivista che urta contro l'anima della vera libertà. Detto ciò, in linea di principio, aggiungiamo che, nemmeno in linea di fatto vediamo i benefici di una simile sistemazione. Forse che ne seguirebbe una maggiore educazione politica del pubblico? Non ci pare. Supponiamo che in una città escano esclusivamente sei giornali, organi di sei diversi par– titi. La gente non comprerà tutti i giorni i sei fogli. Og1nuno di questi dovrà trovare lettori e abbonati fra i suoi stessi correligionari; ma il grosso pubblico, trovandosi a dover scegliere fra giornali di cui diffiderà perché saprà che tutti sono emanazione di determinati partiti, prenderà indifferentemente que– sto o quello per conoscere le notizie; e finirà poi per favorire il giornale che ne avrà di più e di più attendibili - indipendentemente dal suo colore poli– tico -, e detto giornale diventerà un giornale d'informazione, cioè il tipo di giornale che si vorrebbe sopprimere. Gli è che in tutti i ragionamenti e i pro– getti che si fanno per una sistemazione della stampa sembra esservi un cu- -33 -
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