Lo Stato Moderno - anno I - n.6 - dicembre 1944

• DUE CONCEZIONI DELLO STATtO UNA TERZA VIA? Abbiamo sott'occhio due documenti provenienti da due diverse fonti, en– trambe però ben collocate nella gerarchia del Partito d'Azione: i sedici punti del– l'E~ecutivo romano ~ i lineamenti programmatici enunciati dal gruppo toscano. Che essi non rivelino una perfetta concordanza è cosa non solo naturale - dato il drammatico processo di formazione del Partito nato e cresciuto in sede di clan– destinità e quindi nella impossibilità di procedere in tutta Italia ad una formula– zione unitaria - ma, come già abbiamo avuto occasione di segnalare, è cosa che, saggiamente sfruttata, può essere utile al prestigio del Partito e al suo flessibile atteggiarsi di fronte alla realtà politica italiana, mai come oggi difficile, complessa e poliedrica. Oggi vogliamo accennare ad un punto di dissenso tra i due documenti che può apparire assai grave, anzi che sarebbe esiziale per qualsiasi altra formazione politica. ma che tale può non essere per il Partito d'Azione se esso terrà ferma la sua posizione di assoluto eclettismo di fronte alle varie filosofie politiche e si man– terrà fedele al suo programma di stretta aderenza storica - vorremmo dire tecnica se non temessimo· di essere fraintesi - ai problemi che fanno l'angoscia italiana di oggi _ealla necessità delle loro soluzioni, le quali normalmente sono assai piìt influenzabili dai dati dell'empiria politica concreta che non da quelli dei principi fondamentali. . · In altre parole il .Partito d'Azione non ha né - pensiamo - vorrà darsi in fu– turo una "visione del mondo», una « Wetta·nschaung », sulla quale debbano giurare tutti i suoi aderenti sotto pena di scomunica. È questa una delle sue singolarit.'t ,.più vive nella stoi'ia dei partiti politici italiani, una posizione agile e moderna che lo rende, almeno per questo, sirniliante ai grandi partiti inglesi ed americani. i-érto' è che in Italia mai si era avuta una formazione politica costituita in base a 1crite– rii puramente p;ilitici, e non già filosof"ci o morali o religiosi o .economici. Dal maz– zinianesimo dei repubblicani al marxismo dei socialisti, dal tomismo dei cattolici, rammodernato da Leone Xlii, attraverso i liberali variamente richiamantisi oggi a Kant e domani a Manchester, quando pure non sembrasse opportuno risalire fino a Giordano Bruno per tener viva nelle parole quella polemica tra i « due soli " cosl felicemente superata nei fatti, tutta la filosofia europea è sfilata in bell'ordine sul .palcoscenico della politica italiana; il che ha forse per buona parte contribuito alla impopolarità della politica italiana in Italia, cosl come già il Bonghi lamen– tava la scarsa fortuna presso i nostri compatrioti della nostra letteratura. li popolo, magari· confusamente, sentiva e sente che non c'è bisogno di essere dei. liberisti per apprezzare il vantaggio del mercato internazionale, come non c'è bisogno di es·sere dei ptotezionisti per stabilire che l'agricoltura nazionale non può essere dannata a rovina; che non occorre essere dei kantia!\i per credere nel valore della coscienza morale, come non è necessario richiamarsi ad 'Hegel per-affermare la necessità di uno Stato capace di adempiere al più el_ementare dei suoi doveri: quello di governare, • ...__ 1 Ed ora torniamo ai due documenti da cui abbiamo preso le mosse, ed avver– tiamo che il prcblema sul quale essi denunciano una radicale antitesi è quello della natura dello Stato. Naturalmente né l'Esecutivo romano, né il gruppo toscano si sono proposti il tema in modo preciso, perchè mal si addic~va a documenti di ca– rattere strettamente programmatico. Tuttavia la diversa e contrastante opinione dei redattori balza ugualmente in vivissima luce, e prima di tutto, in modo sugge– stivo, per il pretesto o occasione scelta allo scopo di manifestare le loro concezioni intorno allo Stato: occasione che per i fiorentini è stato il problema religioso e per romani quello amminis( rat ivo-burocratico.

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