Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 3-4 - feb.-mar. 1943

peccato, seLe di vivere, e presenlirnc1no angoscioso della vanità dei desideri; e il crollo, dopo il peccato Dunque fu vero infine? ed io peccai? Oh sventurato Ch'io sono; oh fossi stato anzi quel j,"tnto Schiaccitito e stritolato: ogni altro aUanno È meno assai che 'l nulla a petto questo. motivi, insomma dei Canti, o per lo me110 affini a rullo il mondo dei pensieri più sperimentali di quel tempo, già segnato dalla grazia di non sperare più. O a cercare ancora tra i frammenti degli abboz.zi c'è il ca~o di rinvenire u:1a variante: • Oh che bel cielo è questo e che bell'alba •, o un brano tulto bellissimo O sole o ciel sereno o campi o piante Or come a riguardarvi io mi dispero A cagiou ch'io solea sempre allegrarmi Di vostra vista. OT non più certo mai. e di puro suono e senso leopardiano. Ed è significativo che proprio l'ultima immagine di questa tentata tragedia' sia di colore schiettamente lirico, ultima immagine che noi sollecitiamo e a cui vorremmo affi. dare • la parola • di un'opera i:lcompiuta e così pure coerentissima. ... Alla • Telesilla • Leopardi non tornò più, come non era tornato alla • Maria Antonietta • di tre anni avanti. La • maraviglia II di cui aveva serbato memoria tra le impressioni della prima giovinezza s'era andata muLando, come anno per a:100 lo Zibaldone testimoniava, e il teatro viveva ancora nella coscienza di lui con una sorta di ardore risentito, assai simile a quel sentimento •sociale• di cui aveva fatto cenno. • Esso (il genere drammatico) non è u:1'ispirazione, ma un'invenzione; figlio della civiltà, non della natura; poesia per conven• zione ... • (Zib., 15 dicembre 1826, VII, 169, I). E più tardi: • li poeta è spinto a poetare dall'intimo sentimento suo proprio, no:, dagli altrui. Il fingere di avere una passione, un carattere ch'ei non ha (cosa necessaria al drammatico) è cosa alienissima dal poeta; non meno che l'osservazione esatta e paziente de' caraueri e passioni altrui ... • (Zib., 29 agosto 1828, VII, 299). Il concetto leopardia:10 (per cui ad esempio il • Furioso • è una successione di diverse poesie) sembra anticipare alcuni risulL1ti della estetica moderna. li dramma, insomma, presenta la difficoltà essenziale di essere composito e di volere una dispersione di calore poetico, una applicazione non sempre necessaria e rigorosa, ove la lirica (• I lavori di poesia vogliono per natura esser corti , ) conse:1te la più rapida e genuina espressione. Non staremo qui a discutere il pensiero leopardiano e nemmeno tenteremo di riferirlo a questioni e polemiche attuali e urgenti. Leopardi non aveva l'intendimento di abbassare la leueratura drammatica (e quella epica); è be:, chiaro ch'egli voleva solo, cautelandosi dalle lontane tentazioni giovanili. difendere il proprio più sicuro destino poetico. GIANNINGOALLONI Fondazione Ruffilli - Forlì ABBIAMO Jet- t ~ NF u ~ I ~ N Ito, uon moltolem• po fa, su un settima ale di intonazione ci• nematografica una specie di esorlazio• ne ai più noli commediografi italiani affinchè questi cer• chino di rendere ----------------• maggiormente attuale la loro pro- duzione teatrale. E con l'aggettivo attuale l'articolista intendeva tutti quegli esteriori motivi necessariamente conseguenti allo stato di guerra, ma che, per nostra fortuna, non sono la guerra, almeno per i migliori. Perchè, si domandava il summenzionato articolista, non vediamo agire suj nostri palco&cenici uomini materialisticamtmte coscienti della lotta armata che avvampa il mondo, uomini che tangibilmente soffrano delle ristrettezze fisiche imposte dal momento eccezionale? Perchè i personaggi di queste comu1edie non vivono la guerra nel modo più appariscente ed in un certo senso più esemplificativo? Noo vediamo sulle nostre scene soldati in grigioverde, conducenti · di tasti indispettiti ed esosi, signori benpensanti iodafFarrati nel far furn:iooare la propria pila. E cosi via. Sembra infatti, per alcuni, che la guerra debba trovare nei poeti solo rifèrimeoti facili e comuni, che tutti gli altri riferimenti, i quali non ...-estaoo la di...-isa di una quotidiana e superficiale abitudine, non siano validi alla rappre• 1entaziooe del tempo che viviamo. Per simili individui, infatti, la guerra ~ cominciata ad una data fissa e troVa il suo acme giornaliero nei minuti d' attesa per il bollellino ed in quelli di commento alle pubbliche vetture introvabili ed ai filobus slipali ed alla razione del pane o della p881a. Si pensa che •olo pre• 1entaodo sulla scena contadini arricchiti al mercato nero delle uova o salumieri condannati per avere sottratto grasso e lardo al normale consumo si po1sa dare prova di una presenza che non è sofferenza, ma solo cronaca, neppure ricreata nel tentativo di darle un senso ed un significato storici. Del resto è facile notare come molti siano i cronisti di questi· giorni infuocati e d'altra parte come pochi siano gli &torici, coloro che sanno vedere gli avvenimenti con occhi e mente di storici sereni ed equilibrati. Diversamente non potrebbe e&sere: eh~ a que1ta guerra ognuno di noi prende parte • e lo deve sempre più • con animo giustamente partigiano. Non si accorgono però i sopra citati signori che nell' ai:asioso travaglio polemico del nostro teatro e di tutta la nostra arte, già da anni è presente, con una " presenza ,, indiscutibile, la guerra, la lotta. Non si accorl,!ODO che la guerra delle armi non è in fondo che la logica conclusione dell'affanno a-ei migliori ansiosi di una conquista e di una certezza. Ansia che non è sorta ad una data fissa, ansia immanente alle loro azioni ed ai loro più piccoli atti, ansia che trova la sua conclusione " fisica ,, nello scontro di oppo1te forze armate. Di giorno in giorno. sempre più ci convinciamo della inevitabilità di questa guerra come una esasperazione dei principi umani alla ricerca di se stessi e di una loro cbiarifieazione. Di giorno in giorno ci rendiamo conto come i motivi economici e materialistici abbiamo potuto minimamente e come al rivolgimento generale abbiano contribuito in massima parte le aspirazioni sociali, gli umani desideri di un mondo proteso a mete di cui era facile • ed è tuttora facile • sentire la presenza pur nella nebulosa atmosfera. Si combatte per la conquista definitiva ed essenziale di una certezza valida per tutti. Abbiamo bisogno tutti quanti di questa certezza. Nelle opere dei nostri più quotati commediografi • e la parola, non sappiamo il perchè, ci dispiace come se fosse misera ed inadatta• non era difficile notare i motiTi di una simile ambizione umana. Nobile ambizione che ci ha portato alla condanna di false esperienze, alla puntuale cono• sceoza di meschini trafficanti dei nostri 1entimenti più alti. Ricordale, per esempio, PALUDI? E' una delle più recenti affermazioni del teatro noatro. In questa commedia non ci sono in scena nè soldati, nè comari con le forbici io mano per taglia 11 re le teHere annonarie: eppure 1000 poche le commedie che sappiano essere attuali come questa. E' io atto, sia pure scarsamente dichiarata, una polemica sociale non estranea ai motivi ideali suscitatori della guerra. Non vediamo dunque la necessità urgente di portare sulla scena fatti di cronaca. Non è certo la cronaca a rendere attuali i copioni, a far vivere della nostra stessa vita i personaggi. Perchè siamo cosi ottimi1ti che crediamo che tutti • od almeno i migliori • sentano la guerra al di fuori del bollellino delle ore 13 e delle quotidiane serali 1ollecitazioni dei commentatori radiofonici di turno. La guerra è, abhiamo già dello, qualco•a di più. Non è cronaca, ma dramma intimo delle nostre aspirazioni, delle nostre soO'ereuze per giungere alle mete più ambite. E' un qualcosa di più violento dello stesso urto .delle masse armate, dei cannoni arrossati, delle mitragliatrici martellanti con disperazione. Nonostante questo si vuole C'ostituire - e qui ritorniamo all'articolo che ci ha spinto alla presente nota • un comitato per le commedie " attuali ,, o qualcosa di simile. Si vuole portare agli onori di poeta nazionale qualche emulo di For• zano. Anche sul palco1cenico 1i vuole creare, come 1e non ce ne fossero già abbastanza, l'equivoco cinematografico patriottardico di "Bengasi,, e via di seguito. Non ci 1i accorge che le poche commedie degne di questi ultimi anni, di questi ultimi mesi sono molto più attuali di quanto possano sembrare allo spet• tatore frettoloso e &provveduto. Perchè rappresentano i motivi ideali che hanno determinato l'affannosa ansia, l'intimo travaglio, l'estrema inquietudine ehe sfociarono nella lotta dei corpi oltrecbè nella lotta degli spiriti. Non sarà una divisa di soldato male indossata da un personaggio fittizio a rendere attuale un teatro ; ma sarà solo una figura umana, in qualunque modo vestita, in gri1ioverde o no, protagonista della tragedia umana, della crisi morale, della polemica aociale delle quali è denso e saturo il tempo e di cui noi siamo partecipi. WALTERONCHI 7

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