Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 3-4 - feb.-mar. 1943

LEOPARDI E IL TEATRO pRJMA _gita . in teatro, miei pensieti alla vista d1 un popolo Lmnuhuante ecc., maraviglia che gli scrittori non si infiammino ecc. •: in questo deg1i « Appunti e ricordi II par nascere la singolare avve:ltura del Leopardi col teatro, avventura invero più vagheggiata, in quell'acceso '19 di « passaggio dallo stato antico al moderno•. Leopardi usciva infatti da un tempo di riflessione profonda sopra le cose (son quasi sue parole) testimoniala dalle pagine dello Zibaldone di quell'anno, no:, tullo • filosofico• a prima vista se ricco di autunna1i frutti come • L'Infinito•, « Alla Luna•, il frammento cli Alceta e Melisso; quando tra l'estate e il finire del '19 si accostava a una non peregrina storia d'amore e di morte con la risoluzione nuova (essa sì) di sceneggiarla, di dialogarla, di crearla insomma per il teatro. Della • Telesilla •. si sa, non rimangono che due parti, la prima verseggiata, si può ritenere, in forma pressochè definitiva, l'allra in abbozzo e in velocissimi ap• punti, oscura a ,,oJte, a volte faticosa nelle varianti e in quel continuo tor:1are sul già annotato, in una frequentissima operazione della fantasia e dell'autocritica, sino al • Supplemento generale a tulle le mie carte•, con cui sembra definitivamente declinare l'i:l1cresse per quella materia. Eppure il Leopardi s'era accinto all'opera con una vivacissima disposizione, quasi per un moto polemico e immaginativo insierne, a dar corpo a !,OStanza a una sua • posizione • ancora re. cenlc e programmatica (si pensi al • Di• scorso di un Italiano in1or:10 alla poesia romantica ,. del '18), attuata poi e senza al• cuna momentanea fretta con mirabile coe· renza per tullo il corso dell'opera e in versi e in prosa. Un primo appiglio alla comprensione della • ]'elesilla n ci viene da una notici:la in margine, questa: • Si potrà paragonare la Tclesilla alle pastorali italiane, p. es. al Pastor fido ecc. •; ma tuuo il Preambolo vale a dimostrare la coscienza leopardiana e i 1imiti imposti preventivamente al lavoro, o per dir meglio la direzione di esso e già sul principio una intrinseca valutazione. e Dirò in secondo luogo com'io ho creduto che l'atte:uione e la curiosità degli spettatori si dovesse conservare con quel miserabile mezzo dei nomi e viluppi intri• ca1issimi in luogo della continua viva ed efficace rappresentazione della natura e delle passioni umane. E ho stimato che la semplicità delle azioni drammatiche allora sia biasimevole quando è tutt'uno coll'uniformità e colla noia. Ma la varietà e la efficacia non co:1siste nei laberinti, come debhono credere coloro che non hanno tanto capitale di sentimenti e di affetti da manFondazione Ruffilli - Forlì tener sempre, e rinnovare a ogni tratto la commozione ecc.•. E più oltre: • Dirò pri1nieramente che se vorranno chiamarla tragedia, potra:1110 tanto perchè i poemi secondo me non si definiscono a proporzione della misura, e del numero dei palmi, quanto perchè molle tragedie gfeche sono pili brevi di questa, e nessuna è distribuita in atLi, come credo che sappiano •. Ci siamo a bella posta abbandonati a citare perchè nessuno potrà non rico:1oscere la vitalità di queste idee. specialmente là ove si combattono i • laberinti » in vece di una rappresentaizione della natura, che non ha, si hadi, alcun rappono con _un qualsiasi prenaLUralismo: il Leopardi pensa semmai, è ovvio, alta fedeJtà dei suoi classici e più, c:Ome dichiara, ad u:-i succedersi di passioni e sentimenti. cioè a un perenne • accadere • di stati d'animo. Le pastorali, in tal senso, offrivano esempi nu• triti di poesia • drammatica• (nonostante il parere contrario dei sostenitori - d'ogni epoca - del teatro puro, ossia d'azio;,e; da Virgilio stesso o addirittura Teocrito al Tasso, Guarini ecc., ma co:1 una notevole limitazione d'intendimento (e I nostri veri idillii teocritei non sono nè le egloghe del Sannazaro, n<" ecc. ecc., ma le poesie rusLicali come la Nencia, Cecco da Varlungo nella bella rozzezza e mirabile verità ... • Zibaldone, I, 166, I) onde fu naturale e giusto il riferirne:i.to di De Robertis al Sacchetti, specie s'intende nelle prime scene della « Telesilla • propriamente idilliche e pastorali. Un tono acerbo e forse vagamente iro• nico, lievissimo Non temer 110, che 'I cielo è chiaro, e questo Nuvoletta è legger. sembra riassumere l'intenzione, ma a tratti si amplia in quadro disteso Ecco vien fu.ora il sole E 11 canto degli ticcei si rinnovella: Pur sento a strepitar l'acqua nel fosso. quasi si direbbe contro voglia, in una situa. zione di canto tipicamente leopardiana; meglio corrispondenti all'opposto questi modì rattratti Ecco già 'l nembo allenta Oh fu pur breve cosa. dei quali si ha da vedere come l'estremo di quella vocazione al semplice. • Rappresentalione di oggetti past~rali e campestri che non sono comici per se stessi, in luogo dei plebei tanto cari agl'inglesi e ai tedeschi ii, però annotava nel Preambolo, e dunque ricerca di un equilibrio da risolvere tuuo in virtuosità stilistica: • Forza e verità moderna della passione, per la prima volta unita alla semplicità e agli altri pregi antichi •, elega:1za insomma tale da correggere quanto di grezzo e sia pur naturale vi possa essere, volutamente o no, nel Magnifico, Poliziano o Saccheui. In una distesa regione da Teocrito a Virgilio, attraverso i doviziosi incanti tasseschi, al burlesco, distaccato e in fondo malinconic!J, si doveva pervenire, per dichiarazione stessa del Leo• pardi a i:1dividuare il tono più autentico dcli 'opera; si doveva, e vediamo fin dove è possibile segnare la felicità di una promessa intra\ 1eduta. lmianzi tulio il Leopardi usa palesa. mente di una mediazione di mezzi non sem• pre fusi, un dimesso popolaresco e una, si vorrel>l>e dire, involo~taria grazia IL PRIMO PASTORELLO Deh, lascia ch'io mi provi un'altra volta S'iu ci so cor. L'ALTRO Ti proverai dappresso Quant'<mrai voglia; or è dover ch'iò tragga. J/etli tu, vedi? li col~rito di questa prima sce:,a e di quella seguente ·l'ingresso di Danaino è di infamile meraviglia Un. grillo, un grillo. Oh s'io lo ritrovassi, Che già pronta ho la gabbia è tanto tempo, Nè mai n'ho collo un solo. e qui si scopre 1· accento più sincero e forse più accosto al disegno del poeta: Un fungo, e quivi un altro: oh qumrti funghi UJciti son per lutto appena han vista Quella poca di piova. esclamativo e tutto giocato su candide, Celi• cissime note, fin quasi un certo compiacimento Ecco, io ne veggio, appresso /I quella pianta, un micolin più dietro. ~ una soverchia gracilità, vicina per il vero ad una prosa di cade:1za lamentosa, si vuol dire in senso puerile Lasciatemi filar, ch'io non ho voglia Di gire al sol, però ch'an11era il viso. Ma per chi legga con attenzione è sensibile, ovunque, il luogo di inco:itro (e di frattura?) di quel vago leopardiano con un .e ingenuo II che in fine non apparteneva al poeta, di ben altra arcana semplicità. Si deve dunque concludere per una sia pur gentile sopraffazione della materia o per u:1 gioco, all'opposto, del poeta, una vacanza estrosa e divertita e non priva di certo narcisismo? Una definizione tanto nella pare a noi impossibile, per la lievità stessa dell'argomenLo e dei mezzi e per un inafferrabile tra• scorrere di sorriso che incanta e insieme disorienta. • Nella sce:rn della madre e della pastorella si potranno introdurre le galline• dice nel • Supplemento generale a tutte le mie carte•, ed è significativo e ben lontano dall'estetismo dfuna • Aminla • o • Fil. li in Sciro ", seppure lontanissimo da ogni intenzio:1e realistica, e nell'abbozzo: • Allor . quando si desta J Il gallo e batte l'ali, ecc. J E quando esce dal nido J La rondinella e va per la campagna•, E subito 5

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