guth; il pezzo più lungo della sequenza è rappresentato dal direttore d' orchestra, senza apparente motivo, che fà il suo mestiere e dirige la sua solita musichetta da ballo, vero oggetto estraneo e fuori causa, tutto al più "'spiritoso,., nel momento più culminante ed emotivo, quello del contrasto sonoro dopo I' urlo fuori campo della Simon strozzata che viene seguito, con estrema padronanza, da una sceua muta : carrello in avanti da un campo lungo neUa sala da ballo dove il cantante sta per iniziare la canzone. Il contrasto sonoro quindi si effettua solo in un secondo tempo: prima è esclu.sivameute visivo. La canzone iniziata è poi portata rigorosamente a termine sino alla fine, iu opposizione ul vagare disperato del macchinista tra i binari. Quesra apparente mancanza di passione, questo rigido autocontrollo del regista sono gli. elementi che forse maggiormente contribuiscouo a rendere l'opera un blocco unitario dallo stile rag~iunto iu uu continuo stabile equilibrio più che io una dinamica ricerca ed in una -~nunciazione di senzazioni immediate. A riprova basta osservare l'intima costruzione tecnica; nessun passaggio per analogia, quindi assoluta sicurezza della fluidità degli attacchi per sensi inlimi, stretti, ritmici, senza bisogno di appigli e di legami formali. Moltissime dis• solvenze ed impasti, che, insieme ai movi• menti di macchina, legano, amalgamano e fissano il montaggio, che non sussulta, non si fà Serrato neppure nei punti più salienti: l'incalzare degli avvenimenti, le punte emo• tive, sono sempre dovute al contenuto delle inquadrature, al loro ritmo interno cioè, e mai alla lunghezza di queste. (A proposito dei movimenti di macchina, da ricor• dare due carrelli avanti funzionatissimi con finale rotazione verticale dall'alto in basso per scoprire e centrare : il· primo per scorgere il morto nella carrozza ferroviaria valicando l'ostacolo del finestrino, il secon• do per 'inquadrare il particolare dell'oro• logio oscillante nelle mani di Ledoux.) 7 J {Jùuifa.io. (intuito più che controllato nell' edizione itaÌiana). ,La compattezza, l'alta costanza stilistica di quest' op~ra è rara : mi rammenta le a\tre poche opere-blocco della cinema• tografìa come ,~ .L• angelo azzurro ,, o "Variété,,. 8) Ultimo. iicotdo inaig,nii icanle. Uu banale pelo nell'uovo: un bruscolo nell'occhio ad un macchinista! E la vista· poco buona tra i vagoni quando si· sta avvicinando iÌ 'marito in ispezione! Già mi ricordO che ~oche Lon Chaney nel "Fer"roviere,, èra macchinista e ci vedeva poco bene ! ~fa er& vecchio ~ non voleva andare in pensione. 52 Fondazione Ruffilli - Forlì BALDOBANOINI 7511ft gitw-ani lL/IIIUIIIUJl JL fenomeno del giorno è quello dei " nuovi registi ,,. :Fenomeno strano data la contra~ione 'de11a produzione dovuta alle attuali circostanze, ma non meno evidente, se e' è qualche "iuform,otissimo,, foglio che crede opportuno t1ettimaualmeote farci sopra dello spirito. Vuole questo fenomeno significare un risveglio clelle coscienze in favore e dei loro urgenti problemi? Sarebbe il caso di rallegrarsene se molte, troppo infelici prove non stessero a testimoniare che nella strabocchevole maggioranza dei casi il cosidetto '' giovorie,, che si fa avanti è privo del tutto di quel minimo di preparaziouè necessaria non certo o dirigere un film ma, sia pure, a battere un ciak. Aia simili casi ci interessano molto relativamente: si tratta di casi che uon hanno nulla a che vedere col problema del cinema, nè col problema dei giovani nel cinema. E tutt'al più ci possiamo rammaricare che essi, questi cosideui gio• vani con sublir.ne incoscienza, attraverso vie misteriose giungono alle maggiori responsabilità del teatro di posa, finiscano col generare un nebuloso alone di sfiducia attorno a quegli altri giovani: quelli che forti e coscienti della loro perfetta preparazione, vorrebbero e non possono trovare <1uel minimo di credito alle loro idee ed alle loro energie, necessario alla prima alfermaziooe. Perchè • altro doloroso argomento - il nostro cinema è così congegnato che senza la prima affermazione non si può far nulla. " Hai diretto altri film firio ad oggi? No ? E allora nou. puoi fare il regista" ... l\fa bisognerà pur cominciare, no ? . . . ?tfa non si può cominciare, se non si è già cominciato. Questo è il cosidetto ragionamento della " sega circolare n• Chi cita il Pudovcbin, l'Arnheirn o il May, dimentica a torto di ricordare anche la teoria della sega circolare. Eppure a rifiet- .terci un po' il nostro cinema va proprio avanti a forza di seghe circolari. Il caso citato riflette l'inerzia meccanica del dorso della sega : dall'altra parte ci sono i denti che mangiano i.I legno (e purtroppo tanti metalli più o meno nobili) ed iJ ragionamento è diverso: Tizio ha fatto un film : dunque è regista, dunque bisogna fargliene fare altri. Non importa se il pubblico ba dimostrato con sonorità ad onde intermittenti e smorzate la propria disapprovazione. Non importa se chi ba prodotto il film ba perduto molti quattrini. Ipse regit (se regista viene da " reggere ,,) e dunque reggerà ancora e infaticabilmente nel turbine della città misteriosa del trucco e del sole a 5000 watt. Le precedenti considerazioni fanno ovviamente cadere il nostro interesse alme• no del 98•1/o, rispetto ai nuovi " casi,., del cinema. Rimane un 20/o. In questo due per cento sono giovani che lavorano, i giovani seri e bene intenzionati, degni della nostra stima anche se non sempre iu età da aver ottenuto la sospirata chiave di casa, ed anche se qualche volta in età da doverla ormai concedere al proprio figliolo maggiore. Perchè il giovane io cinema è un po' come il giovane di farmacia che spesso è uu vecchietto coi capelli completamente bianchi. Giovane, per la maggior parte dei produttori è il regista al suo primo film : giovane per noi è chi dimostri non più di trent' anni, per quello che ci dice dàlJo schermo. Giovane, per noi (sia pure coi suoi •difetti. propri appunto dei giovani) è Blasetti, mentre decrepito è, per intenderci il Castellani pur essendosi annunciato a" colpi di pistola,.. Giudicare i giovani è moltO, molto difficile: si dice che in un primo momento è l'abilità del mestiere quella che conta e che solo dopo dieci film il critico può cominciare a capire cosa c'è dentro un nuovo regista. Sciocchezze : per fermarci a due casi egualmente tipici Blasetti ci aveva già fatto vedere in Sole quali fossero le sue aspirazioni e quale, anche se ancora privo di mestiere, il suo stile ; l\'la• terazzo invece, che ha cercato solf> di dar prova di mestiere, riservando sempre a do• mani il filmone, è rimasto al mestiere, e - possiamo ben dirlo ormai • al peggiore mestierantismo. Due parole ora sulla funzione della critica. La critica, si dice, deve essere formativa e informativa: deve portare l' opera a contatto del pubblico, chiarendo le intenzioni dell'autore, e nello stesso tempo scoprire ogni accenno a nuovi indirizzi, segnalare dove si è sbagliato e quale fosse la via giusta. Di quanti critici cinematografici si potrebbe riconoscere la utilità sotto questo duplice aspetto? Concludiamo: vogliamo istituire una rubrica - microscopio : _una rubrica che proietti in primo piano i volti e le opere dei giovani che hanno var~ato o stanno per varcare le dorate soglie. Un primo piano senza l'opera sapiente del truccatore è spesso crudele: nessuno più di noi ba diritto a questa forma di crudeltà (quando si dimostri necessaria): e giusto ci sembra questo diritto a· criticare noi stessi: la cosidetta critica ufficiale non ce ne vorrà se spesso non andremo d'accordo con le sue conclusioui: 1a nostra esigenza nei riguardi dei giovani è di tutt'altra natura. Non è consueto fare il processo alle intenzioni ; ma in questo caso il processo lo facciamo a noi stessi, poicbè siamo noi i giovani e poicbè i giovani rappresentano noi. JDOOCIO
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