.. ------- --- r e osta 51 ,può iniziare orama·i un discorso sul mondo sentimentale di Costa, al di là di una ispirazione pumuale: infatti i suoi lavori ci permettono un esame che sia più di una considera- ;:ione critica su questa o quella opera, appunto per la loro coerenza tematica che <ce li presenta quali momenti di un medesimo tempo d'ascolto. Dai ,primi tre atti di « Se.ma ritorno» - affermatisi a Firenze duran- ~e gli ultimi Littoriali del Teatro - a questa " Addio all'estate •, che assume a riposo stilistico motivi quasi inalterati, si assiste sopratutto ad un chiarimento della &mtasia, sospinta ad uni·voche imaginazioni, e de!Ja tecnica, studiosamente elaborata di raffronti e di scoperte: resta comunque al fondo delle pagine una traocia chiusa, una volontà di vivere certi - e non altri - affetti. Insomma un canone creativo rispondente a una corda predominante. Il canone della pietà. Dalle grandi strade del patetismo russo, e da quel·le più lievi e segrete dell'intimismo francese è dis=a a questo nqstro compagno mediterraneo la voce un po' dimenticata della compassione, dell'uomo per l'uomo, "tlel destino per le sue creature. Ed egli - si111golare fenomeno - l'ha udita, pur attraverso le parole emozionate del più recente teatro « doloroso » (dalla « pe111a del vivere » di Pirandello alla ctisperazione di Crommelym:k), con intatta e sorgiva attenzione. Quasi suscitato a risposte natu_ralmente possedute. Il suo teatro è, ,per ora, in tali risposte: ma così possedute ,che soloanto in sede ·1ntroclutti va ci è lecito richiamarci a simi le complessa eco. E così nel presente lavoro questa pietà giunge a comporsi in un meditato disegno morale. L'ineffabile melaconia che spirra da ogni decisiooie rli personaggio, da ogni moto di frasi, abbriva chiaramente.ad un monologo ininterrotto, dove i conflitti si risolvono o si eludono in un giuoco continuo di idee. Oltre le qual_i si rJconosce il cammino verso un margine più liberato e più sensibile - si legga a tale proposito la fine, tessuta di pericolosa ironia. Lo stupore del so· gno ancora Pfsidua nell'aria -- di questo sogno introdotto e sopratutto agito al di là dell'arbitrio, del banale comenutismo magari freudiano. Nondimeno la vita ritorna silenziosa, come se niente fosse avvenuto. Tutto invece è oambiato, la vita vera è irrimediabi1mente pe-rduta, dimemica de.Lia magica felicità dell'errore, dissolta nell'ombra di impossibili esperienze. E allora s.oLtan to un pudore riconosciuto e intrinseco al testo può sal,varci dall'accettare senza crisi questa atona cloLcezzadi racconto. ••• Quindi teatro raggiunto nell'e.,ilio di qualsiasi « trovata » che non sia di queHe peculiari di un personale li·nguaggio scenico: nè problema centrale, nè sviluppo retorico cli una tesi, per intenderci. Semmai, teatro in pane riferibile in remote· geometrie culturali alla mitologia kafkiana, comunque fruttato dall'innesto intellettualistico su di una quieta e molto riflettuta necessità teatrale. Battute di respiro ampio, spesso penetrate di una acuta idea:cione, o sottilmente aderenti a un momento lit·i,co. Impostazione drammatica felice (si noti il raccordo preciso degli effetti, gli intimi contrappesi dinamici della vicenda a,nche nel clima gratuito del sogno): infìne un simbolismo sorvegliato, forse prediletto più che sofferto, in ,cui la fantasi0 trova ed avoca una manier.a, ormai indi,viduabile nella cifra cli uno « stile » .pe-rsonale. Teatro difficile a realizzarsi - ricordo la fati<:a anche .grammaticale, di conùnua inserzione pratica, provata quando ebbi a dirigere il suo miglior lavoro all'allora Teatro Sperimentak di Firenze: « .I passeggeri » - dove i problemi della regìa ineriscono talmente all'avventura del tesoo da richiederne un'indefinita capacità di fattura. Inwmma gli interessi della su.a Lntelligenza sono ascrivibili ad un mondo che si.amo s-tati abitu,a,ti a vedersi animane dei più strani accadi-· menti estetici. Nè mi sembra che il suo attivo pensiero ci permetta di ignorare ,per lui un siffatto mondo nel futuro. FRANCROOSSI f!olidaiietà A proposito di una lettera dell'attore Ermete Zacconi a un giornale di Livorno circa una critica di Silvio d'Amico, critica non favorevole ad una lontana ititerpretazione dello Zucconi stesso, molti scrittoretti 1di cose teatrali, molti autori falliti e bocciati, sono insorti con male parole e con nessuna competenza contro la critica in generale e sopratutto contro un critico, forse il più preparato di quanti scrivano oggi in Italia, che onora il nostro teatro. Non è il caso qui di riproporre all'attenzione dei nostri lettori i termini di una discussione che del resto essi conosceranno meglio di noi. Non ci interessano minimamente, in quesia • sede, i motivi secondo cui • citiamo un settimanale di provincia - " dinanzi alle osservazioni del critico teatrale del Giornale d'Italia tutta una tradizione cadrebbe ,, ; e tanto meno ci interessa la lettera dell'illustre attore: se abbiamo r~cordato ed in un certo qual modo siamo intervenuti nella polemica, lo abbiamo fatto solo per manifestare tutta la nostra nausea per il coro vociante delle oche e tutta la nostra immutata am- , mirazione per Silvio d'Amico, il quale da anni esercita liberame_nte ed onestamente la necessaria professione di critico. _________________________________ .) 28 FondazioneRuffilli- Forlì
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