Spettacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 3-4 - feb.-mar. 1943

MENSI LE OE I G R UPPI FASCI ST I UNI VERSI TAR I • ANNO I V • N. 3 • 4 • FEBBRAI O- MARZO 19 4 3 • XXI P. i\f. 207, ge1111aio. SUL terminare dell'editoriale dello scorso numero concludevamo - se ricordate - alla affermazione della necessità di un teatro di fede e partecipavamo certo nostro ottimismo in proposito. L' espressione è di quelle più o meno accettabili, come è ali' iuciì-ca di tutte le affermazioni, quando rimangono nel campo dei propositi generalissimi. Sarà comunque opportuno che ci spieghiamo meglio ; opportuno perchè questi nostri scritti introduttivi ai vari fascicoli di "Spettacolo,, non intJmdono essere dei comuni riempitivi, dei " pezzi,, di apertura necessari nell'economia del1' impaginazione, ma poco impegnativi, occasionali ed euforistici come è di molti altri scritti di tale specie. Essi intendono svolgere una chiacchierata organica e complessa e coerente. Vogliono contribuire- - per quanto è dei singoli uomini contribuire alla maturazione di problemi centrali di una civiltà · vogliono contri- -huire a fare luce nella discussa questione del nuovo teatro. E' una questione che in genere troppo si perde nei rivoletti delle dispute tecniche, nei rigagnoli dei fatti personali, nei meandri delle impostazioni limitate, proprie di chi guarda le cose essendoci immerso fino al naso e difficilmente riesce ad astrarsene per aiutarsi - nel comprenderle - con analogie tratte dalle circostanze concomitanti, tratte soprattutto dall' ambiente culturale e di civiltà nel quale ci si trova. Nel primo numero parlavamo addirittura - e qualcuno dei soliti pronti ad inalberarsi, dei diffidenti per voto devozionale, può avere frainteso - parlavamo d'una rilevanza del teatro per lo Stato. Una rilevanza motivata dalle vaste facoltà suggestive di una tale arte - il teatro - tanto diffDsiva da assumere colore e sostanza di costume sociale, e dalla possibilità da essa presentata di completamente sottolineare crisi di crescenza dei regimi e le loro raggiunte condizioni d'armonia. e discendeva che ambiente politico e teatro erano strettamente collegati non solo nell'origine istituzionale, ma nell'affinità della loro sostanza : ragione per cui una certa reciproca comprensione e - quasi • coincidenza (per lo meno nei propositi) è da meditarsi fra la " classe politica ,, propriamente detta e quella che possiamo definire la "classe teatrale,,. Nell' unicità del principio umano che muove tutte le arti e la socialità, c'è da trovare la ragione d'una parallelità di intenzioni e di svolgimenti, al punto da mostrarsi chiaro che, in occasione di sfalsamenti nello sviluppo tra arti e reggimento politico, si provoca una FondazioneRuffilli- Forlì irrimediabile disarmonia nel tessuto sociale, nell' ambiente di civiltà. Oggi, una tale disarmonia è riscontrabile, cagionata dalla critica revisione d'una civiltà d'altro secolo che solo apparentemente era civiltà come tale, mentre in sostanza era appena un momento di sviluppo per quella ci viltà fondamentale, di tono conforme per tutti gli uomini che, dall'epoca dell'avvento del principio germanico di riforma, si affatica per trovare i suoi stabili nessi interiori, i suoi solidi rap• porti oggettivi. Pare che ci avviamo, in campo sociale, ad una più convinta affermazione di valori oggettivi, alla affermazione non soltanto sonora, ma concreta, della validità d'un principio giuridico, d'una considerazione. fermissima clell' entità umana, viva nel complesso della società, ma viva anche e ferma in ciascun singolo. Da ciò l'auspicio d'una revisione del mondo produttivo e dei modi di partecipazione al godimento clelle riserve di beni e di motivi spirituali non solo della terra fisica, ma anche della secolare cultura giunta fino a noi. E' l' auspicio d'un mondo attivo, pieno di opere, un mondo di convinzioni positive, di ottimistico possesso delle ragioni della azione quotidiana. Ad nn tale ambiente morale, che è al fondo delle attuali esigenze politiche, - nella unici'tà dell'uomo - non può scompagnarsi una vibrazioue consimile portata verso il campo della fantasia, clella vita ricreata su un tono più alto, su cui non resistono le nostre carni, ma lo spirito si. E' per questo che anche il tea• tro non può essere che un ambiente e una poetica di cose vere, oggettive, fronteggiantisi in tutte le loro dimensioni, nutrito di rapporti misurati, di confronti di statura fra l' uomo protagonista e il mondo fisico, concreto, deuteragonista quando non antagonista. Un teatro di fede 11011 lo in•endiamo per un teatro moralistico, conformistico, giaculatorio, allo stesso modo che la religiosità basilare d' uno Stato moderno non implica una coincidenza di sacro e di profano; entrambi - Stato e teatro di fede, o religiosi chè fede non si attua se non si attingono in qualche modo i vertici della religiosità, della risoluzione del rapporto preventivo, Dio - uomo -, Stato e teatro di fede significano, nella civiltà dell'uomo moderno, coscienza di limiti sovrastanti, riconquista di rapporti e di proporzioni spaziali, nuova capacità di giudizo del bene e del male. Non si risolva tutto nel sadismo clell' autodistruzione del nostro arbitrio e della nostra sostanza, nel1' inane superamento del freno umano (il superuomo 1

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