vere fra loro in Francia, noi giungemmo come degli stranieri, un po' come degli intrusi, e le loro accoglienze cortesi, ma riservate, ce lo fecero· immediatamente sentire. Senza cb1; ci venisse espresso in modo preciso noi sentivamo da mille impercettibili sfuma• ture di essere di troppo ; e incominciammo il lavoro - sotto la direzione della signora Nijiuskaia - in una atmosfera di sorda ostilità. Approffittammo dell' assenza di Diagbilew per prepararci all'esame che ci avrebbe fatto subire. Avevaino chiesto che ci lasciasse provare a parte. Una piccola frase mi sconvolse. - " E voi, Lifar, sapete veramente danzare? ,, aveva chiesto la signora N'ijinskaia prima che io iniziassi i miei esercizi. Dunque ella non aveva serbato alcun ricordo dei miei sforzi a Kiew; se incontravo quest'indifferenza da parte sua che cosa dovevo dunque attendermi da tutti costoro che mi guardavano con così ostile curiosità? E tutto il giorno camminai con angoscia lungo i viali, dove la luce abbagliante non mi riscaldava più. Avevo l'impressione del vuoto e mi ripetevo: - " Cosa sono venuto a fare qui? Mi è necessario fuggire ancora, ma senza sapere questa volta in quale altro angolo del mondo potrò ·rifugiarmi ,, ! Mi feci forza e ripresi il lavoro. Dopo tre settimane, quando Diaghilew giunse, mi sentivo in forma. Noi ci augurammo, per i famosi esami, di trovarci soli con lui, ma il resto della Compagnia gli strappò l'autorizzazione di accompagnarlo. Diaghilew, seduto sul suo caratteristico sedile pieghevole, seguì con movimenti d'approvazione del capo gli esercizi alla sbarra. Quando si fu ali' " Allegro ,, - al centro dello studio - il suo viso si oscurò di colpo. lo mi ero astenuto dal parteciparvi: osservavo. Diagbilew diveniva pallido e aggrottava le sopracciglia. Sorrisi sardonici apparivano nell' ombra sui visi degli anziani. Ad un tratto egli scattò. Il suo seggiolino urtò contro il muro e - in mezzo ad un silenzio di morte." egli si aprì come un uragano un passaggio fino al suo studio, seguito dalla signora Nijinskaia, allividito. Attraverso la parete sentimmo degli scoppi di voce e distinguemmo a volo, quando la sua voce di baritono volgeva all'acuto : "Ignoranza crassa ... Voi mi avete ingannato ... Che se ne tornino in Russia ..• ,, Le collere di Diaghilew più erano violente altrettanto erano brevi. La signora Nijinkaia approfitta d'un momento di tregua per fargli di nuovo presente che un solo esperimento non p~teva essere conclusivo, che eravamo ancora mal acclimatati in questo paese a noi nuovo, e che sarebbe stato giusto tentare una seconda prova. E - poichè ella assicurava che noi eccellevamo nel salto - Diaghilew si lasciò convincere. FondazioneRuffilli- Forlì Significava giocare la nostra ultima carta. I salti dei miei compagni avevano più dello sport che della dauza : ma non si poteva dire ehe offrissero cattive speranze per l'avvenire d'un principiante, e, se Diaghilew nou mostrava alcun entusiasmo, almeno non ritrovava quell'esasperazione che aveva minacciato di guastare tutto. Venne la mia volta. Avevo senza dubbio maggior facilità dei miei compagni poichè il viso di Diaghilew si rischiarò ed una piccola ,luce apparve ,nei suoi occhi. Rifleuè qualche secondo : i nostri petti ansavano. - " Via - esclamò infine - che restino tutti. Ho fede in questo ragazzo ,,. E mentre io sentivo nella sua voce vibrare tutti i canti e tutte le promesse dell'universo, Diaghilew concluse: - " Egli sarà un danzatore ,,. Traduzionedi ENRICACAVALLO r I Coro per orchestra A Marcello Gallia11 freno delle molte ore, portaci alla barca dei venti. Correre in alto dove la vita è dolore, Dove la passione è nel grido d' interrotte barriere. Suappa1ieci intanto le bende d'un inutile sogno. .'>ia il sangue colonna di bellezze u·ovate NeH' istante cl' un ti•pico mordente amore. Cresciuta eia giovinezza arsa di ventura La Terra scatena in noi i suoi travolgimenti. Siamo i figli che giungono dalle vette improvvise. Spegnemmo le anime in fragili scavi, Unimmo i rami le erbe le (ohe preghiere. Giung.emmo alle luci: le città-, i nostri sudori E manovrnvamo i campanili le fronti. Tenemmo sul petto, entro le coltri ignare, La rara iinquietùdine di anni scontrosi. Di sabbia vedemmo il nostro affanno gentile, I carri assorbi ti di fole. Ma ai solchi, ai tepidi solchi delle famiglie Raccolte nel tempo delle vendemmie e dei suoni, LasciaflUmo I' in«:rto respiro di perdute stagioni. Iniziammo la preda, preòammo noi stessi. La ·iragione fluiva nel corso dei cieli, L' aqurlone portava alla terra i pensieri. Il flusso delle tristezze. Corrose le fibre del dovere. Per I' urto decomposto di bave e rossori nascemmo. Le finestre sui fossi i lupi nei l~b,i. Scendemmo a•lle veglie cl' una cupa armonia. SEBASTIANCOARTA ~------------J 9
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