La maggior pane delle scene e dei bozzetti presentati nelle nostre esposizioni trattano di lavori già conosciuti e cercano di realizzare un quadro nato direttamente dalla fantasia dell'autore o aello scenografo senza essere passati gerarchicamente attraverso l'attore. :t evidente che in questo caso l'atlore viene tenuto in benevola considerazione. Cli v\ene lasciato un posto, tenendo approssimativamente conto del gioco che, si suppone, compirà e si rendono persino plastici e praticabili i mezzi che devono entrare in contallo positivo con le sue tre dimensione viventi. Si cerca poi con procedimenti infantili di suwrare alla men peggio, questa • praticabilità • di incontri con una bella pittura verticale, tagliata a pezzi, su misura. Ma l'insieme del quadrp è sempre considerato come sufficiente a se stesso. L'attore vi è immesso per accondiscendenza, e appare incontestabilmente un guastafeste. Alla stessa conclusione si aJTiva con i disegni esposti nei quali le scene non sono rappresentate nella loro realtà, come cioè appaiono nell'imperfeuo accordo delle due o tre dimensioni ma piuttosto come sarebbero senza questo penoso dilemma. li disegno d'una scena deve sempre dare al visitatore l'impressione esatta de11a sua realizzazione scenica, come cioè se apparisse montata, senza ipocrite attenuazioni (in particolare: il pavimento e la base delle tele). In caso contrario esso resta una menzogna e contribuisce sensibilmente a disorientare i giudizi degli spetratori. Risulta da questa nostra affermata gerarchia che una mostra di scenografie non sarà più quella d( un disegno o di bozzelli rappresentanti la pittura ma semplicemcn te una esposizione di progetti di spazio condizionati alla presenza viva e mobile dell'attore, a sua vo1ta sottomesso all'autore drammatico. Ora, poichè questi spazi non avranno significato - e perciò espressione - altro che per la presenza mobile dell'auore, i loro semplici disegni o bozzetti daranno la netta impressione dell'incompleto e faranno desiderare al visitatore )a presenza del corpo vivo che, esso solo, li ha motivati. Se pçrò, circoscriviamo gli elementi di una esposizione del teatro a questo scopo soltanto, essa non sarà evidentemente dimostrativa per il grande pubblicq e mancherà alla sua ragione d'essere, non indiriZ1.andosi altro che :1 quelJe persone del mestiere capaci di animare con la loro immaginazione queste scene deserte e Senza vita. Sarà necessario dunque, aggiungerle il suo complemento naturale il movimento. !,: chiaro allora che una mostra di tea· 110 per essere completa dovrà da un ]alo Fondazione Ruffilli - Forlì presentare gli spazi destinati al movimento, dall'altro il movimento che ha ispirato e determinato questo spazio. L'uno senza l'altro resta frammento. ~la lo spazio ed il movimento non sono ancora Teatro. E' dal loro contro - diciamo - dalla loro fusione che scaturisce la scinti Ila pronta ad accendere la vita della scena cd a propagarne il fuoco. Esso solo è capace di trascinare la folla. Avremo così due esposizioni in una. Da una parte le sale destinate all'architettura, alfe istallazioni tecniche, alle scene, ai bozzelli e costumi, dall'altra gli ambienti approntali per la composizione mutevo1e dello spazio a tre dimensioni e per l'azione del corpo umano. Le prime sarebbero permanenti, ie alt~e accessihili durante le ore:: delle dimostrazioni viventi e delle rapprese7tazioni assolte da attori, cantanti, danzatori. fermiamoci a queste sale. Esse costituiranno la giustificazione e Ja spiegazione dei sacrifici, così evidenti, ai quali andremo incontro nelle sale dei disegni e dei bozzelli. 11 visitatore rimarrà sorpreso davanti all'esposizione degli spazi inanimati, sentirà il salutare bisogno di un complemento e questo senso di vuoto sanì. per lui l'inizfo della saggezza. Soltanto allora l'animazione dello spazio morto e la funzione dei due elementi in una sintesi vivente si consumerà sollo i ~uoi occhi, gli chiariril il dubbio, e lo libererà, in tal modo, da un lungo pregiu~ dizio. Probabilmente da solo, senza aiuto, non avrebbe potuto pensare possibile questa unione. Prima cl"ogni altra cosa gli occorreva la testimonianza dei propri occhi. Siamo noi del mestiere, obbligati a dargliene il mezzo. Luigi Veronesi Il «Coro> per il • Re pastore» di Louis Cortese I
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