Spetttacolo : Via Consolare - anno IV - N.s. - n. 2 - gennaio 1943

Ai nostri occhi - diciamo - l'essenza del Teatro è il movimento. Ora, può il movimento essere esposLo? Certamente! Ma occorre per questo molto. molto tempo ... L'arte drammatica - il teatro che vogliamo - comincia con il movimenlo: tutto ciò che lo precede altro non è che materiale, utile senza dubbio, molto interessante ma non indispensabile ed incapace. conseguentemente, di rappresentare un teatro. A vrctno dunque, da una parte l'edificio. gioso della scenografia al crescente lusso dell ·opera e del balletto: aderiva essa in- [aui, sufficientemente alle convenzioni del canto e d'una danza consegnata a fonnule sempre uguali, perchè lo spettatore acccuasse, senza accorgersene troppo, il • non senso » tecnico che. il tal modo si imponeva. Ma J"idea della • verosimiglianza• e del realismo nel teatro è venuto a rovesciare le nostre abitudini.. In primo tempo abbiamo caricato la piuura con le nozioni storiche, geografiche Luigi Veronesi • Personaggi del " Balletto meccanico,, Ja scena, i costumi - dall'altra degli esseri viventi e mobili: gli attori, • condietio sine qua non • del Teatro. L'arte drammatica è sof>ratutto l'arte della vita e tale vita può essere espressa and1e sen.za edificio e senza decorazione, poichè spazio e tempo senza termini le bastano. Quale dunque, è la ragione che ci spinge ad esporre le nostre ricerche nel possesso d'una apparenza cosi arbitraria, del materiale decorativo? Un tempo la scena si riassumeva nella pittu1a su tele \'ertica1i, preparate e piazzate in una successione che formava prospettiva. La preoccupazione del regista si limitava a fissare i gruppi e le evoluzioni degli attori in questa pittura verticale, tenendo conto della contraddizione che esiste tra tela a due dimensioni ed attori che ne hanno tre. Bisogna attribuire lo sviluppo prodiFondazionJ Ruffilli - Forlì e sociali che un teatro più che mai stretto alla verità, inevitabilmente comportava, Ma poi l'azione stessa è divenuta • realistica • e non potendo la pittura corrispondere al gioco degli attori, la questione delle due o tre dimensioni si è imposta subito, imperiosa. Da una parte il regista teneva ancora in conto per una lunga abitudine la pittura, ma dall'altra chiedeva, per necessità, una plasticità (praticabile) che la pittura gli rifiutava. 11 risUltato fu, soltanto una enorme diminuzione dei « luoghi • scelti dall'aulore al fine di far svolgere l'azione, in que• sto modo, in un quadro che fosse facile a realizzare. Stavamo a questo punto quando la danza - sollo l'impulso dello sport, senza dubbio - si è a poco a poco emancipata. li corpo vivo e mobile s'è affermato e, cosa di primaria importanza • al di fuori » della verosimiglianza psicologica d'una atione drammatica cletenninata. "t: divenuta mezzo d'espressione • a parte•· Da questo istante la • pittura • delle scene diviene postuma. La sua morte è lenta ma irrevocabile e la verità estetica, rappresentata dal corpo vivo ha trionfato definitivamente. Attualmente per coloro che s'occupano seriamente del Teatro è l'attore ed il suo gioco, il danzatore e la sua plasticità ritmica e mobile che comandano al materiale decorativo e persino alla disposizione della sala e dell'edificio consacralo al Teatro. Siamo finalmente liberi. Resta da testimoniare la nostra libertà con • prove • e forse per questo abbiamo « mostre di Teatro •. Con tali dimostrazioni vogliamo affer• mare la supremazia del corpo vivente dell"attore, sulla scena inanimata, dell'arte viva sulla natura morta. Resta da sapere se i mezzi che adoperiamo sono sufficientemente « dimostrativi•. Pensiamo, per prima. cosa, ai visitatori. In mezzo a loro si troveranno e spettatori e gente del mestiere, e la nostra dimosU·azione deve essere u1nto approfondita da interessare chi se ne intende e tanto brillante da convincere il curioso. Vediamo se sono possibili le due cose. • Ammmesso che il movimento sia egli stesso indipendente da ogni ambientazione è tuttavia desiderabile offrirgli uno spa· zio accidentato che ne valorizzi gli episodi e le sfumature. Sarebbe a dire: opporgli degli ostacoli. A questo scopo l'autore e per lui l'attore devono contare su una assoluta flessibilità del materiale scenico inanimato. Eccoci, cosi, in una posizione di rap• porti affatto differente di quelli che la pittura abusivamente ci imponeva. Poichè il movimento emana da un corpo a tre dimensioni, ci sembra chiaro che se voglia• mo servirlo, una tale richiesta dovrà implicare il rigetto definitivo della pittura su tela \'Crticale, o per lo meno ridurla a poco. Se lo spazio così concepito dipende esclusivamente dalle evoluzioni dell'attore è a lui soltanto che saranno destinati i nostri progetti. L'attore d'altra parte non può nulla precisare senza l'autore drammatico. La gerarchia normale sarà dunque: autore, attore, spazio. Ma, stiamo attenti, una siffatta gerarchia è organica. L'autore non può rivol• gersi allo spazio senza passare prima at• tra\'erso l'auore. È proprio l'avere trascurata questa ve• rità tecnica fondamentale che ci ha get• tati nell'anarchia in materia di messa in scena. Tocchiamo dunque, a questo punto, iJ nodo della questione.

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