LA DONNA N È le madonne di Raffaello, nè le veneri di Tiziano, i nudi trepidi di Trenta· coste e Bistolfi seppero darci la vera bella donna, quella diversa della concezione poetica di Dante e Petrarca, ma la vera femmina. la compagna dell'uomo. Solamente il cinema ha saputo creare un tipo che ha qualcosa in sè di natura viva. La donna, angelo e demone, fu data per compagna all'uomo. Una compagna iste• rica, ingombrante, ancora selvaggia, • tigre che nasconde le unghie sotto il guanto profumato• dice il Nietzsche, che ci consola di tullo il danno con la sua acco• gliente bellezza. Essa è in noi il • rid1iamo e l'emozione• più sentita fin daJ caos del primordio. La vediamo nella nostra vita e le diamo la caccia come una ricerca alla felicità. 11 film ricerca emozioni di ogni genere. E: come una Lavolozza di colori che il pcn11ello dello schermo intride e attinge tuui gli effelti di parola, musica e immagine per il senso poetico di una visione. La donna è la pii, suggestiva: la figura in\'adenle che rimuove la coscienza e scava profondo. Non c'è swria romanzata che non racchiuda un personaggio di donna av\'enturaLa nell'amore. nel Labacco e nel sangue. Cosi la ricerca della creatura fatale, pren~io ambiLo dell'uomo, assume la propria insostituibile importanza nel film. E poichè quest'essere perturbante e (ante volte spregevole, non diventi noioso, Io si fa bello il più possibile: il trucco emotivo della donna è accertato, garantito allo schermo. li trucco correltivo assume la propria responsabilità di • abbellire e scnla alLcrare la fisionomia ne rileva l'es· senza buona che ogni volta possiede, nascosto aHa vita o perduto in fotografia•. (;Ji ingegni della ripresa fotografica: luci, ombre e correzioni, rivelano sempre nuove scoperte e mentre si trasfigura i. volti reali di Elissa Landi, Norma Shearer e Jancue Mac Donald, in quelli cinematografici, abbiamo il più suggestivo risultaLO di femmina in Joan Crawforrl, che nasconde le lentiggini come Janelt Gaynor e di\'enta suasiva e desiderabile. i\•ferito del cinema che ha saputo darci le più belle donne del mondo. Mai secolo· fu più fortunato del nostro in fatto di elegia femminile, che finalmente si dichiara nella sua meravigliosa avvenenza. Di quell'avvenenza che non sa di fittiliO e di imbratto, ma quella vera, naturale, vi\iifìcara. 11 fatto che personaggi viventi la esprimono, qualunque sia il risultato è sempre di natura umana. Quasi profuino di Fondazione Ruffilli - Forlì carne, queste immagini, che sono pennellate visibili di cuore veramente sanguigno e palpitante, colorite dalla trafusione artistica. Così, quando una donna piange (e.i son wnte maniere di piangere) anche la più bella dh·e11tcrehhe brutta se lo facesse male. l1wcce la donna dello schermo riesce persuasi,·a e leggiadra. perchè interpreta, e piange, ride, si emo,iona con un delicato discernimento di far rnuo bene, attaccata alle redini della giusta misura sulla propria emotività. E se riesce sempre piace,·ole è questione di fortuna tutta a nostro va11taggio. poichè le stesse arti figurati\'C non reggono al co11fro11to di una co,;ì fantasiosa visione di tipi é sentimenti di,·ersi. come ci dà il cinema. Botticelli Raffaello Tizillno Rubens Veronese e tanti altri pittori di donne, spe· ci(" quelli del Rinascimento che curarono rcstclica femminile, non allargano i confini di una fisionomia classicheggiante e stereotipa. Le loro donne non sanno di femmina convincente. A guardarle si percepisce d'essere isolati e diversi dal loro mondo. Esistono per se, solo nel quadro, addiritw1a sognate. Questi grandi maestri della figura ignoravano le leggi del sesso e l'essenza biologica delle passioni in rapporto all'animaleu111ano-fem111ina. La loro concezione della f>.alllra era superficiale e primitiva. Annebbiati. furono soltanto degli ingenui idealisti. L ·anima della donna che si rivela nelle scene idiliache, nelle loro raffigurazioni risen tP. l'ignoranza della verità e sta fanciu llcscamente sospesa nelle nuvole, come in. una fantasia platonica. Un idilio qualunque. classico, rinascimentale o moderno non potr.ì paragonarsi alla suggestività di molte sequenze cinemaLografiche, come 11el Prigioniero di Zenda, quando Ronald Colman chiede alla sua donna: - Mi ami. dunque? - essa risponde: - Ma non vedi come ti guardo! - e un pritno piano mostr;1, a la ;.;enerosit:l del volto; e sempre la !H~sa domanda rivolta da Jean Gabin a .Jli.dn !JJn(JJ<{}./Ja
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