e ~ea in ~ ad una ~e (_uumu,wlogiea) L'OPERA VIVENTE DI APPIA Da Rousseau (la 14 Lettre sur les spectucles ,,) a Rolland (" Le thèatre du peuple,,); da Rolla11d ad Appia. Gli errori di Rolland - e forse già di Rousseau - furono tutti dovuti al loro dichiarato e caratteristico e paci6cissimo atecnicismo, alla loro colpevolP. impreparazione. (La tecnica invece, sia pure nella sua rigida specificità teoretica che sarà appunto la generatrice di ogni dato analizzato, si pone inequivocabilmente come precisa condizione cli apertura e, susseguentemente, di manovra - quale ineluttabile antefatto di qualsiasi fat~ artistico e quindi di qualsiasi fatto teatrale). Nè ROusseau nè Rolland furono dunque uomini di teatro; ma grande ed esemplare uomo di teatro è stato invece Adolphe Appia. Alla sua tanto onorevole professi'one applicò eticamente un così rigido controllo, un amore cosi fedele, una spe• rauza così spontanea • pur se risorta da un severissimo rigore di motivi interiori; - nella sua professione giuuse ad una concretezza talmente ideale di effetti e di visioni; da riversare e spandere e colmare, con i suoi preziosi apporti, ogni senso ed ogni humanitas di chi, ancora oggi, tenta ridare al teatro la decisa dignità di una personale e quindi universale esistenza. Ricostruire le fonti dialettiche, e rintracciare i quid psicologici ehe, per una lunga strada. hanno condotto i.I nostro da disanima ad un processo di risultati e ad un quadro d'arrivo, è, come sempre, piuttosto disagevole. Da un lato la fonnazione del nostro sembra proporsi in un generico post-idealismo fine secolo; dall'altro sembra attingere penetrautemente nelle " approssimazioni,, nicciane • o almeno a quan .. to di nicciano può già trovarsi in Wagner - fra Bartmann e Schopenauer : • una diretta affermazione vitalistica. La forza di Appia e la sua tenace volontà di vita • nel risalire dalle forme teatrali alle forme stesse della vita e della socialità, con precisa net• tezza di disegno - espongono un contributo tra i più sinceri, pur se tra i meno osservati, aJle indagini vitalistiche che preoccupavano la cultura tedesca dell 9ante e dopoguerra - da Klages a Simmekl. Appia però' si fa chiudere, dalle stesse proprie categorie, in un facile giro illuministico e russoniano, e non possiede, dei vitalisti. i provvidenziali soucis analitici, il loro acuitissimo senso della singolare ricchezza posseduta (e non con I'" avoir" di Marcel) dalla realtà stessa nelle sue molteplici individuazioni. Più che un lavoro applicato ed un esame circostanziato del dato si riscontrano così nelle poche brevi opere di Appia larFondazione Ruffilli - Forlì ghezza ·e primordialità di evasione, esplorazioni J)Ur nelJa loro sommarietà rigidamente sostenute e definite, slancio gene• roso di affetti. Appia riesce a sostituire, per un certo momento, le peggiori preoccupazioni sistematiche con i procedimenti più sottilmente critici. nascendo serena• mente al teatro ed aJla vita stessa da uua situazione primaria in cui i sensi più vitali· di o~ui realtà vengono dichiarati con un bisogno innato di costruirsi, dal dubbio e dalla insicurezza stessa della propria persona, in una reale personalità : cercando di trovare altre persone unanimamente • ma non multanimamente. Appia difatti uou ha mai potuto raggiungere una multanimità, e diciamo pure, una popolarità; Appia rimane chiuso alla storia (e Piscator vi fu invece aperto - rischiando però di rimanerne un riflesso e non un fattore); Appia, pur concedendo al teatro fiduciosamente l'agio più alto e più intimo, ne astrattizza il corso spezzandolo immaginalivamente invece di compierlo nel suo presente ed attuale realizzarsi. L'opera teatrale di Appia sarà così molto spesso inefficiente, e di conseguenza, sporadica, non "vivente,,. Nonostante questo, ~nolto ricca è la serie dei preziosi chiarimenti che ci pervengono dall' esperienze di Appia. Per pri• ma cosa, come il teatro, almeno nelle sue risultanze artistiche, vada giudicato - ai fini di una critica artistica e a quelli conseguenti di una metafisica dei costumi . solo dai propri movimenti interiori, nella pro• pria psicologia; per quello che ha potuto e saputo ispirare all'animo di uno spelta• tore nel determinarlo eticamente e nel formare da ciò un divenire di spettacolo ; per quello che ba immesso, socialmente, della sua vita, nella vita degli individui, dal collaborare, insomma, degli individui alla vita dello spettacolo : e non da un raffronto, ben poco valido, con una nozio• ne di bello e di bello artistico. Conseguenza naturale, questa, della visione che già il nostro possiede del teatro stesso, come mosso rinnovamento di spazii e di ritmi causato dai corpi umani o dai corpi scenici (e intanto questo idealizzare la consi• derazione dei corpi ~sclude la persona co• me decisione del corpo stesso ed allude alle carenze già prime affiorate) : "l'essere vivente è entrato in possesso della cosa reale,, e l' autore può così attraverso l' at• tore ordinare e rielaborare un tempo ed uno spazio, attuando la propria potenza formale. Eppure, dice il nostro, finora l' attore non ha voluto organicizzare il proprio tempo che mecc~nicamente o arbitrariamente, escludendone in ogni caso qualsiasi di 'ùito dlcmdolii possibilità di regolamentazione e quindi di arte: fino a che: almeno, non lasci regolare il proprio tempo dalla musica, e non lasci posto ali' espressione invece che all' indicazione pura e semplice di quei riferimenti necessari alla comprensione <1uotidiana e cronachistica delle cose . indicazione appunto, della prosa. Quando la battuta recitativa .. ridotta a movimento fisico • ven~ ga regolata dalle battute musicali • solamente allora, dice Appia, l'attore potrà dominare la scena. Soltanto la musica potrà fare esprimere al corpo il sentimento che il corpo ha di sè stesso e del corpo collettivo. Si tenta così di negare la possibilità di un ritmo ideale e pertanto artisticamente motore della recitazione; e che la tecnica • quanto complessa! • della recitazione, e della regia come puro dirigere la recita• zione conduca oltre, infinitamente oltre, i fenomeni esplicativi del discorso; di ne• gare che la recitazioue, allo stesso modo della musica, non risulti di suoni e non possa appunto cadenzare e misurare questi suoni su.Ile corde di un testo oltre le righe, di un testo intimo ed insopprimibile, nu• cleare: il testo psicolog.ico <lell' opera. No-· nosta'nte ogni argomentazione· e di Appia e di molti altri, non si possono evidentemente (e qui parlo di una evidenza rus .. serliana) negare nè arte nè vita alla recitazione, se non altro per i puntuali dati di fatto che essa pone nella cronaca e, se si vuole nella storia. Ogni manifestazione di vita produce un corrispondente riflesso artistico; ogni modo riflesso dl vita è arte, in quanto si impone alla vita e ne costi• tuisce la coscienza e l' unianità; come ci conferma lo stesso Appia, asserendo che lo stile è una modificazione, e che viceversa, ogni modificazione è stile e può di• venire arte. Di tutto qtesto e dall'aver colto fin dal primo momento nell'attore stesso il primus movens deUo spettacolo - Appia con molta sapienza di cose deduce e su~gerisce insistentemente la necessità che la JUusica renda congruo ai propri elementi lo spettacolo, ne favorisca la mobilità ritmica istituendone ed iniziandone appunto musical 4 mente le sinusoidi tonali, accennandone gli accenti, continuamente in funzione della battuta o della composizione volumetrica che vengono ad assumere i corpi nei loro avvenimenti personali, sempre 'in margine al testo, cioè, e quale contributo alla sua indipendenza. 111a il nostro si appoggia beo più profondamente alla musica ed ai suoi processi d'astrazione: fino a chè non giunga ad eliminarne lo stesso testo psicologico ; 5
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