Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 2-3 - mar.-apr. 1942

Arriviamo a immaginare attori cresciuti nella solitudine, addirittura in ,ma serra, salvi da contaminazioni. Gli attori che rappresentano questa cosiddetta tradizione, da Zacconi a Ricci, avranno sempre, da parte nostra, una leale deferenza per il loro lavoro probo ed assiduo ; Dina Galli farà sempre la delizia del signor Colombo (rna anche qui, i tempi sono mutati). Ma ci permettiamo di dire che essi sono ormai, diremo così, superflui agli scopi che ci proponiamo. In realtà non esiste oggi un attore che possa interpretare un Amleto, opptit'e, in un senso più " divertente ,, ma non meno impegnativo, capace di mettere in tavola una pochade francese del genere cli Le Roi, con le squisitezze del caso. In un organismo teatrale di tale debolezza, appare vivo il bisogno, appunto, cli una tradizione (da fare), cli uno stile (da imporsi). Ad aspirazioni collettive cli un genere così importante le vecchie abitudini di una recitazione garibaldina non daranno alcun aiuto. Vorremo proprio fare in eterno, chiediamo a Pavolini, la figura di eterni ama,iti di una fotografia? La tradizione (il gran fi· lone cl'oro, la " matta ,, degli attori incolti ma geniali, dei truculenti divi) è scomparsa, grazie al cielo, e possiamo considerarla smarrita fra le maree e le improvvise rapide di questa burrascosa navigazione. Che potrebbero i nuovi attori apprendere da tui compromesso di tal genere ? I vizi di una recitazione imprecisa e una convenzionale e stucchevole disinvoltura. Alla nuova recitazione che sale oggi i palcoscenici (e che pure è così fredda, schifiltosa e così eccessivamente pudica) occorrono invece, r!JJetiamo, parecchi anni di solitudine. Nè vogliamo trascurare, per la libertà dell' attore, il repertorio. Non è esatto che 1m attore viva a Jè, sia un ente compiuto: esso vive secondo personaggi, e secondo una conseguente realtà che gli è dato rappresentare. Come a furia di strimpellare cattive canzoni ci si guasta la mano, così cattive commedie producono a lungo andare cattivi attori. (Nè attore può essere tale senza la consapevolezza della nobiltà del proprio lavoro, cieli'" utilità,, dei propri personaggi). Il repertorio, oltre a denotare le spinte culturali e s_entimentali di un attore (la Duse, Ruggeri), rappresenta l' unico appoggio, l' u,nica prova con' cui l'attore possa poeticamente vigilarsi. Esso ha perciò una grande influenza : la generazione di attori dannunzievoli che abbiamo fino a ieri sopportato, deriva da testi; la ge• nerazione di attori realistico borghesi che ecc., ci giunge parimenti da testi borghesi. Un tale adeguamento degli attori alle esteriori caratteristiche di un copione è segno della loro resistenza a una universale poesia della incapacità loro a mettere a segno una essenzialità ? Ma forse ci pare (ed è questa la tradizione cli cui parla Pavolini) che ogni generazione di attori, imbevuta di un'epoca, vissuta in una atmosfera, chiusa nel ciclo di esperienze, non sia una entità trasmissibile nei suoi elementi esteriori, nei suoi gesti obbligati. Essi rappresentano una particolarissima civiltà che finisce con loro, e che appunto perchè scomFondazioneRuffilli- Forlì parsa, è irrimediabilmente lontana. Nemmeno Garrick, nemmeno la Duse " dalle belle mani ,, potrebbero ricondurci intatta la loro tradizione. TEATRO DI STATO Questo mito della tradizione è dunqne in contrasto con il teatro semplice e severo che noi, e se non ci inganniamo anche Pavolini, propugniamo, e che il presente organismo teatrale, ormai fiacco e deficiente, è impotente a darci. La compagnia dell'Accademia? Ma non ,ma, bensì tre, quattro, a gara : compagnie originali, indipendenti, con differenti programmi. Ecco nn modo per lasciare, pur nell'ambito di un organismo regolato dallo Stato, libero il gioco dell' iniziativa, la possibilità di scontri f rnttif eri, di un vaglio. · Abbiamo fatto un nome che, appena pronunciato, prod1ice un' impressione generalmente funesta: Teatro di Stato : nome che fa pensare a un rigido monopolio, alla Regìa dei Tabacchi. Osserveremo semplicemente che il Teatro di Molière, di Goldoni, i grandi Teatri italiani del Rinascimento, il Teatro stesso di A risto• fane non erano che forme per{ ezionatissime cli teatro di Stato. Come allora, il Teatro di Stato è l'unico che sia in grado di assicurare l' integrità e la contin.:iità degli spettacoli, la dignità poetica e l' interesse dei testi, la perfezione tecnica delle installazioni, un congruo numero di prove : in sintesi, la possibilità di un lavoro finalmente appassionato e disinteressato. Abolirà il regista-produttore-amministratore-economotrovarobe, per lasciare il direttore dello spettacolo a compiti più ardui ma legittimi (ci dica Pavolini se non è poco). Darà agli attori la sicurezza di un' esistenza (ci sembra capitale, o vogliamo continuare nel vagabondo e romantico dilettantismo dei guitti ?), la possibilità di lavorare serenamente. per l' arte, in complessi originali e affiatati. L' arte dell' attore è oggi, un problema grave con , un pubblico scaltrito dal cinema, ironico, esigente. Nè un teatro si può senza ridicolo concepire privo di attori; disposte le luci, pronte le scene, .sistemato il palcoscenico, entra l'attore a renderlo umano, a J arne un nostro simbolo. GERARDO GUERRIERI Il TeatroNazionaldeeiGUF diretto da Giorgio Venturini ha riunito un'eccezionale compagnia con Maria Melato, Paola Borboni, Letizia Bonini, Salvo Ran .. done, Adolfo Geri, Raffaello Nicoli e altri elementi. Saranno portati in giro da questo complesso, lavori di Carlo Terroni, Stefano Laodi, Tullio Pioelli e I' 0restiade di Eschilo. La trilogia è stata tradotta e ridotta secondo i moderni criteri della messa in scena, da C. V. Lodovici e Stefano Laudi. Intanto nel piccolo Teatro di Via Laura sono stati rappresentati "Moi siamo vivi., di G. Toschi; "Temporale,, di Cim.oaghi; "I denti dell'eremita,, di Carlo Terroni; "Il nuovo cavallo di Troia,, di 1\1. 1\falensardi. L'importanza di questo organismo è vitale per i giovani, e non solo per loro: esso permette infatti che una produzione artistica giovanile sia presa nella maggiore coosideraziooe da parte del pubblico normale. 3 I

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