Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 2-3 - mar.-apr. 1942

IL TEATRO L'assoluta insofferenza contro i luoghi comuni, contro le frasi fatte, contro una 1nentalità gingillantesi in viete e superate concezioni della vita e del mondo, si è p~esata, da qualche tempo a questa parte, anche nel chiuso mondo del teatro che sernl>rava rimasto monopolio esclusivo Ji alcuni imbastito1·i delle solite avventure ottocentesche con quel tanto di spudoratezza e d'insipienza che avrebbe dovuto farle gabellare per tipica espressione di modernismo o, ancora peggio, di aderenza ai motivi ideali che hanno animato il sorgere di una nuova coscienza europea. Evidentemente questo assalto ai fortilizi del borghesismo della tarda commedia senza visioni di prestigio morale, resa ancora più opaca dalla evidenza dello spirito speculativo commerciale degli autori, ha incontrato tenaci r~sistenze che non sono riuscite tuttavia a stroncare il dirompere di giovani forze incuranti di un facile successo, protese com'erano - e come sono - verso il bisogno di esprimere quel tormento interiore che scaturisce dalla percezione di nuove verità e dal fermento di un mondo morale che punta decisivamente verso la conquista di valori universali. Il contr.asto fra le due mentalità è quanto mai attuale e significativo: è lo stesso contrasto più volte avvertito nel mondo politico e che è stato superato con un deciso sopravvento dei giovani portatori anzitutto di un anelito di fresca bellezza nell' ansia di una costruzione totalitaria. Il successo riportato poche sere fa da Vitaliano Braocati, Enrico Fnlchignoni e Siro Angeli nel Teatrino dell'Università di Roma è chiaro segno che anche il pubblico comincia ad avvicinarsi a questo mondo che sorge e che ha il supremo privilegio di parlare allo spirito prima che all'intelligenza. E' logico che i vecchi barbogi legati al triangolo sentimentale non lo comprendano : perchè corre un certo distacco fra la papalina e lo stadio, la guerra e l' imboscamento, la fede e lo sceuicismo : perchè, ad usati com'erano alla crassa risata 46 FondazioneRuffilli- Forlì E · I GIOVANI o a certe forme di dramma ad effettucio, hanno perduto la percezione della poesia : e quando, in questo senso, si parla di vecchi ci si astrae del tullo dal formalismo del calendario che non può valere per quelle forme di senilità dello spirito che prescinde· dai rigorosi compiti dell' età. Per tutti coloro che sono abituati al solito « lieto fine» o alla vendetta di Dio in terra per mano di un fatale giustiziere con coltellaccio e tiritera finale, questo teatro nuovo aveva ben poco o nulla da dire. on si poteva comprendere il significato di quel sano pessimismo dei giovani che è anzitutto indice cli un tormento interiore abbastanza significativo: perchè questo pessimismo sgorga spontaneo dalla ricerca di una fede vera, profonda e assoluta che sia allo stesso tempo forza e sper,mza, simbolo e volontà, azione e sacrificio : perchè esso altro non è che il tormento cli_non potere esprimere compiutamente l'ansia che vive nel!' intimo, l' impossibilità di rispondenza tra la parola e il sentimento, tra il pensiero e il fatto : l' indice della febbre di una ricerca verso sempre più nuo: ve più vere forme di espressione. E', insomma, un aspetto della scontentezza di questa generazione : scontentezza di sè e della propria umana povertà dinanzi a compiti e missioni universali. La verità si è che ad un certo momento, coloro che cominciavano a vedersi sfuggire di mano un monopolio da troppo detenuto, presero · a giocare sull'equivoco e trasferirono nel mondo oggettivo il significato profondo della nostra fede come se essa dovesse promanare da tutto ciò che ci circonda, dalla morale comune degli uomini da quel convenzionalismo pronto a transigere anche per il famoso piattello di lenticchie. Contro questo atteggiamento fi. listeo i giovani hanno riportato in luce l'esigenza fatale di una fede soggettiva, nel proprio mondo morale, in quello che germina da una esatta percezione della propria interiorità. Essi hanno avuto il magnifico coraggio di scavare in se stessi per penetrare in quelle vericli (jaetauo .Eci 'le'1iw tà essenziali che hanno animato le loro attitudini e che danno corpo ai loro fantasmi di bellezza : ed anche se la manifestazione esteriore è incompiuta, manca, tuttavia, di quella totalità di espressioni che si vorrebbe, il tentativo ba tale uu senso di nobiltà e di grandezza da costituire non solo una promessa, ma da alimentare una fervida. speranza. Questo hanno eletto alcuni di loro, quelli che riuniti prima a Genova e poi a Roma da tutti gli atenei cl' Italia, hanno espresso la loro ferma fiducia in questo nuovo teatro lontano dalle panacee dei mestieranti : gli stessi che hanno creduto in Betti, Landi, Bonternpelli, Lodovici, Pinelli ; gli stessi che hanno anzitutto sano quel senso di onestà del pensiero che è la prima e più nobile forma di onestà. Poco importa se qualche manipolatore di vecchie trame, improvvisandosi maestro senza ess·erlo, ha rivendicato il prestigio di un teatro che, i• giovani rinnegano : poco importa se da qualche gazzetta si porta all'onore degli altari una schiera di industriali dello spettacolo come i rappresentanti del teatro del tempo nostro : poco importa se da qualcuno si confonde l' arte con la cassetta. E se parlando di teatro questo qualcuno ha consumato ai loro danni l'estremo insulto definendo la guerra come un fatto industriale, rinnegando le verità essenziali della fede, della razza e del sacrificio insieme al sangue delle vittime falciate nella febbre di una giovinezza eroica, i giovani non sentono rancore alcuno : ne sono, invece, felici; felici di essere lontani da un piccolo mondo di cartapesta navigante fra marosi di fango. Essi credono ali' arte, alla poesia, alla verità : le imposture non li toccano. Non si danno atteggiamenti da chiromante, ma attendono serenamente l'avvenire al quale si preparano con laboriosa certezza. Già nell'orizzonte della speranza la promessa ha i primi bagliori di una realtà che si manifesta. GAETANO LA TERZA

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