Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 2-3 - mar.-apr. 1942

Un interno da11e tappezzerie stinte; alle pareti, il quadro delle " età dell' uomo,,; su di una mensola, un busto di grande uomo di gesso ; piove sul tavolo rotondo la luce scialba di un lampadario a piattello. Ovvero un cortile umido e scuro, pareti coperte di mu Ifa, finestre con le imposte sconnesse: in fondo, una rimessa di carri fu. nebri. E una umanità si aggira in codesti ambienti che ne ha in teramen te assimilata l'atmosfera: nomini con i calzoni a bracarella e il cappello deformato ; donne disfatte per l' età e le fatiche, il ventre cascante, i capelli acconciati con il t1tppè altissimo ; ragazze pretensiose, prive di gusto nell' acconciatura, prive di grazia nei modi. Questo • o altro poco dissimile • l' orizzonte in cui è contenuto lo sguardo dello spettatore, quando il sipario si leva sn di una scena tagliata nel mezzo dell' azione, sul nodo del dialogo : un dialogo che volge su argomenti tristi e dozzinali, e suona in un dialetto napoletano chè è non più quello di Pulcinella e di Scioscianuno e nemmeno quello sentim_entale e zuccherato delle canzonette ; ma si tiene fermo ad una prosaica e attenta riprodu- _zione 1:lel tono e della locuzione più correnti nel popolo e nell' infima borghesia di Napoli. Un so• spetto nasce a questo punto : di intenzioni veriste, retoriche nel loro impegno di obbedienza al " documento,,; indurre al dità di un quale pare scoperta. un sospetto che può dubbio circa la valiteatro la trama del rivelarsi interamente Però, ecco· una battuta, un gesto, un lazzo: cedono i dubbi, e si dileguano nel riso che scaturisce, si diffonde, echeggia nella sala ; 20 FondazioneRuffilli- Forlì di 1Roaa,1,iorf/Nmnlo un riso che forse non avrebbe po• tuto prevedere così schietto chi si fosse fermato alla approssimazione dei dati originari ; e tosto si tra• muta in attenta partecipazione; a 'volte sbigottita, anche, e commossa. Nel seguirsi delle reazioni comiche e delle reazioni patetiche un incante• simo si instaura il quale lega lo spet• latore al mondo che la finzione costringe ad esistere oltre l' arco del palcoscenico. Si riscatta, il teatro, dalle sue prn dure necessità meccaniche ; mentre tutte le scorie che lo costringono in Ìma zona imprecisa ed approssimativa sono bruciate da una esperienza che possiede una sua compiuta fisionomia estetica. Sco• priamo, immanente nello spettacolo, una precisa " risoluzione,, poetica; e la ricerca di essa vale come necessità di n n discorso che vada oltre i limiti troppo facili di una esteriore cronaca, di un superficiale annotare motivi di contenuto e valori di tecnica. Siamo condotti dalla forza stessa del nostro impegno ad una definizione della forma teatrale nella sua concreta, vivente attualità, in quanto Z1togo del sentimento, sede necessaria di questo; non risolubile nei valori sovrapposti • o giustapposti - del testo let• terario, delle risorse sceniche. Un tentativo critico sul teatro dei De Filippo che si volesse sot• trarre ad una valutazione di tal genere rischierebbe di smarrirsi nel terreno malfido di impressioni ge• neriche e, spesso, illusorie. Prima fra queste quella, assai facile allo spettatore comune, della recitazione a soggetto ; della estemporaneità del lazzo : · alla quale sfugge con facilità chi scopre, tra• verso la lettura di uno o più CO· pioni, una adesione quasi sempre puntuale della battuta recitata alla battuta scritta ; degli accorgimenti scenici e mimici alle didascalie del testo. Pure, si tratta, il più delle volte, si .testi che mal resistono alla pagina: debole, spesso, l' invenzione ; grossolana, la scrittura. Dove la loro esecuzione scenica • pur nella sua assoluta fedeltà • risulta dotata di non equivocabili valori poetici; valori che si pongono come un problema a chi voglia intenderli criticamènte, e rendersi conto della segreta attività spiritnale che fa poesia di una materia in sè scarsamente provveduta. V'è un dato che può age·volare, almeno sotto l'aspetto tecnico, la penetrazione di codesto segreto : un dato familiare a quanti, frequentatori del teatro dei De Filippo, avranno notato che manca sul palcoscenico la cupola del sug• geritore: e, con essa, la riconosciuta ammissione di un elemento che convalida pragma.tica11,1ente la eventuale insufficienza dell' autore, il distacco tra il personaggio vivente sulla scena e quello immaginato dalla fantasia creatrice; vale • tale assenza • a indicare l'annullamento di codesto distacco, la compiuta identificazione del!' attore con la sua ,, maschera ,, . Identificazione che non comporta un arbitrio da parte dell'interprete, se la recitazione è, come abbiamo visto, aderente al copione ; ma piuttosto presuppone uno studio attentissimo; una elaborazione cosciente della parte sin nei minimi accidenti : un completo dominio di essa nella attività di chi recita. E questi non ha bisogno, pur non dovendo con• tare su alcuna voce rammentatrice, di modificazione o sostituzione o invenzione improvvisa delle battute di cui si è impadronito tecnicamente in una misura che gli consente, nei loro confronti, una vera e pro• pria ricreazione : grazie alla quale le parole, intatte nella loro estensione, sono vivificate ed arricchi te da un nuovo spirito: qnello che vibra nel!' accento, nella tonalità con cui sono pronunziate ; nella espressione e nei gesti che le sottolineano ; nelle controscene con cui sono accolte ; nel clima creato attorno ad esse dagli scenari e dagli ambienti. E ne trasvaluta cosi

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