Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 1 - dicembre 1941

che la vita di momento in momento ci im• pone, oltre la vanità dell'autonomia e del• l'eteronomia. Ricercare la pr_esunta autonomia • da Appia a Meierhold • o la presun• ta eteÌ-onomia • da Stanislawki a Pisca,tor • di un fattò teatrale, sarebbe chiudersi iµ un vuoto paragone di supine intenzioni, e tradirebbe proprio nel suo assunto cronianumere una nostra futura pratica teatrale). Il giudizio etico oi rivolge agli apporti teor~tici di queste poetiche • (solo poetiche ·souo per nOi gli sforzi teoretici se non, altro per la loro basilare insufficienza nei riguardi di una nostra poetica) - a una possibile ed impossibile estetica; apporti da teoretici, stico, lo spirito della nostra ricerca ed il tecnici, ed in quanto tecnici ancora validi primo dato che le è a disposizione: la vita ·• seppure quelle poetiche e quegli'spettacoli del teatro nella moda e nel segreto degli siano così remoti ed ai ·nostri sensi ed ai anni trascorsi, ossia rielle poetiche che ce.'. noetri animi; gli apporti di quel teatro al ne rimangono. Porremo dunque un giudizio, nostro teatro, l'eredità e l'avvenire di un ma non un giudizio artistico; un giudizio teatro popolare; l' epoca di allora come che si trasferisca col pretesto di quell'epoca, vive e se vive nella presente. sulla memoria delle poetiche, ancora pre- • sente e ancora attiva e fo,rse deleteria per la nostra epoca: un giudizio a carattere etico : essendo impossibile • per l' impossibilità stessa di una estetica • un giudizio artistico ed in genere qualsiasi giudizio che si riferisca all'esistenza comune (der Mann) e non alla " vergleiche Existenz ,, , o se vogliamo adottare la terminologia di Bataille, ali' esistere e non ali' essere : all'esistere dove " si conosce ,, , dove c' è un bene e un male, dove domina il tempo; e non ali' essere che ci pone di là dal tempo, in una sfera sovrana. Il nostro è precisamente quel liquidare di prima ; l' esigenza della vita - è la morte della cultura o almeno di quella cultura che non è civiltà non risolvendosi negli atavismi racchiusi dal nostro subconscio. 11 trascendeve caratteristico di ogni fatto artistico oltre la misura poco sincera della gloria e dell'eternità • fra i rapporti estremamente privati che intercorrono all'interno dello spettacolo nei riguardi di una pura singolarità d'accordo tra lo spectans e lo spectatum ; ci costringono ad esaminare tutti gli spettacoli : Appia etc., ma anche ogni spettacolo ed ogni pubblico, anche il più ignaro. La distinzione fra arte e qon· arte, in quanto distinzione che non si basa sulla pura realtà psicologica e sul puro gioco dei sentimenti, non ha senso se non per il suo semplice particolare riferirsi ad una personale conformazione di momenti. Appia etc. per noi che siamo fatti in un determinato modo, sono il teatro per eccellenza, ma non lo possono essere, e non è obbligatorio che lo siano, per chiunque. Non si può davvero annullare, in base ad un cri• terio così poco certo in quanto universale, ogni altro sforzo. Noi ci sforzeremo di occuparci man mano di tutto il teatro moderno e di ogni suo sviluppo teoretico. Coordinando e non separando questi dati po• tremo descriverne i caratteri nella loro realtà metapsicologica e seguirne le evolventisi poetiche nell'ineluttabile tentativo di una impossibile estetica, nell'. orizzontarsi poi da una impossibile universalità estetica (che qualora filosoficamente dichiarata non può che ridursi a conato di poetica) alla popolarità, da una supposta validità artistica alla validita etica. (Lavoro ora necessario alla migliore determinazione logica così di una descrizione teoretica degli elementi che concorrono allo spettacolo e dello spettacolo etesso, come dei compiti che dovrà Fondazione Ruffilli - Forlì . . Da Wagner il teatro· moderno, almeno nelle s~e migliori espressioni, ha non solo . inizio, ma luce di intime e sentite verità, delle verità · di cui noi moderni amiamo continuamente fare uso. Wagner non portò certo al nostro teatro un contributo decisivo e nemmeno ci sembra sia riuscito a indirizzarne con la legittimità necessaria, le forme più nobili. Innegabilmente però, fu Wagner il primo a liberare lo spettacolo dalle tante sue catene storiche ed a preoccuparsene in funzione delle sue pure forme senza ricorrere ali' apriorismo con cui ge• neralmente si procede nella determinazione della forma artistica - insomma, senza una poetica poi inapplicabile. Nei rapporti dello spettacolo con la musica le elaborazioni tecniche di Wagner, tennero quelle risoluzioni, quella coscienza, che ora, e da allora, s'impongono decisamente, anzi decisivamente. Wagner fa evidentemente dello spettacolo solo un altro ed un ennesimo strumento musicale (forse con pieno personale diritto). Almeno però, a differenza dei suoi contemporanei, non si lascia distrarre talmente dal suo fine che qui era immediata• mente artistico e mediatamente, potremmo dire, messianico, da rinunciare quasi del tutto a ciò che autonomamente gli offrivano gli strumenti teatrali dell' opera - lo spettacolo cioè. Questi strumenti • teatrali e spettacolari • probabilmente gli saranno parsi una legittima intei-pretazione del fatto musicale: e qui Wagner ha creduto legittimo parlare di interpretazione affidata agli attori e alle scene - poichè il tempo della recitazione veniva scandito dalla musica e non dal concretarsi tonale della recitazione stessa; nonostante questo, ripetiamo, la sua estrema e pur tuttavia feconda coscienziosità, gli fece assumere i migliori criteri tecnici che la sua forma mentis potesse produrre, anche nei riguardi di. una tale marginalità dello spettacolo. In teatro, dopo i Greci, la sua fu la prima sveglia coscienza : fatto, che nei limiti del nostro discorso, relativo alle pure enunciazioni teoriche e di queste enunciazioni per ora solo informatore, lo pone come pi:imo dato possibile. Ovvio ci sembra ormai riconoscere qual significato assuma caratteristicamente nella nostra civiltà l' esigenza tanto impegnativa quanto legittimamente giustificata di una coscienza impadronentesi dei propri termini tecnici in funzione esistenziale, e quindi artistica. Siamo ~ncora ad una determinazione di . ' poetica del tutto perspnale (chiarificantesi cioè nella personalità _dell' eidos) ancora ad u o arbitrio considerando che una poetica cosciente è un arbitrio pe.rsonale, e che anzi questa coscienza ·può costituire un ostacolo. Ma : questo fatto di coscienza ci viene imposto dall' eido's · personale dell' e• poca, e diviene, come ostacolo, tragicamente ~nsopprimibile, anzi assolutamente condizionante tutta la nostra arte nella sua stessa felicità: questa eidos potremmo qualificarla di moda, ridurla ad una svagata vanità : ma è il nostro unico tempo possibile fino a chè non sopraggi!lnga il non-tempo che è al di sopra e al di fuori dell'arte. Anche in teatro ci appare ormai ineluttabile la necessità di costit~irci in una metodica •· sprovvisti come siamo di una primordiale innocenza • e così duro offrendosi il riacquistarla. La tecnica, una certa sapienza, qualora si possano sentire sinceramente, il pensiero stesso come organo di risoluzioni morali, debbono provocare decisamente una stato di innocenza o di santità, come meglio si vuole ; debbono agire, a mezzo dei fattori canonicamente fideistici, come la grazia, farsi una grazia : l'attore insomma, ne è graziato (ma non in relazione ad un dommatismo professato e non scontabile, quanto alle risoluzioni sempre nuove e sempre li• bere che le forme del nostro animo assu• mono come fede, come amorevole carità di accordi). La recitazione conduce così da un com• mosso e definitivo esistere, sull~ porte spa• lancate della suprema felicità. · Di questo certamente Wagner si è reso conto, e questo avrà cercato di comunicare in teatro, sia pure con mezzi estranei al teatro, ma, almeno indicativamente. Forse, e relativamente, tutto questo provarono anche i Meininger. Per Wagner, ripetiamo, l'impegno era eolo marginale; per i Meininger invece avrebbe dovuto rifarsi mag• giore, unico ; e forse così lo sentirono, ma con un disgraziato sfasamento di toni, con un deprecabile ritardo fin dalla intenziona-- lità degli inizi. I Meininger portano in teatro le istanze e gli scrupoli genericamente storici del peggior romanticismo (da Walter Scott a Ler· montoff). Ma non solo questi scrupoli • e qui seppure appena accennato è il lato prezioso del loro sforzo - quanto, anche un coordinamento una disciplina degli attori stessi, e perciò stesso un atteggiamento che riesCe a valorizzarli ; ed ancor di più, la necessità imprescindibile che nell'unità spettacoliE,tica trovino forza d'arte e di arte maggiore anche le scene ed i costumi. Così, a mezzo di questo rigido canalizzarsi, raggiun• gono un proprio fatto di logica esistenza, paritario a quanto automaticamente ed an• tecedentemente ai Yeniva a realizzare nel tipico organismo della commedia dell'arte: dove appunto, si conveniva a quelle risoluzioni artistiche in virtù di un preciso amhientalizzarsi temporale di costumi etici. 7

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