Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 1 - dicembre 1941

mata nei sobbalzi dell'ira e dello sdegno, delle, cui sola vita viveva ormai. E quando mi volevo convincere della sua m»<mità comune c1lla mia, persuade,·e che impregnandola le avrei dc,to il mio sangue e la mia atiima, il terrnre d'esse,· due moltiplicava il te,..-o,·e d'esser solo, anzichè placat·lo e nel sognarmi a bacia,·la sentivo schianlctre l'avorio dei suoi denti sotto il mio c,·anio e vedevo perdet·si i suoi sguat·di, e nega,·mi il loro specchio e co11forto, nel fondo delle o,·bile vuote, come dal fondo d' tm lago può, per imprnvviso sgnmento, dispat'ire l' acqua. F,·a le mie mani non più il suo capo, ma il suo cranio conlt·o il mio e i bc,ci non erano che l' inutile cozzo di ossi insensibili. E dal suo ventre dolce come un'onda elle il vento gonfi appen<1, o come vaga conce, montana che 1<1neve /<1cci<1soave, mirnbile forma del mio deside,·io, vedevo sorgere, f<1ttosi un sanguigno stagno informe, rossi scheletri, dispen,ti in vista come quelli che si discoprnno ai piedi dei vulwni. Ern questo il mio <1mo,·e? lo m' et·o partito verso grandi misteri. ell<1 era t·imasta c,lla ,·iva. Ero ormai così disumanametite lontano, mi f<1cevo sempt·e più von1ginosamente pam·oso : rotti i Iegacci dell<1corazza tempornle, io andavo impazzendo. La mia grandezza ormai e,·a lo veniente, era la lusingat,·ice, era colei che invitava una supposte, fitizione: era il porto di ogni e,·oica fame, era il cielo ove b1·illa freneticamente la mina del1' anima al fuoco di una troppo appassionante ,·agione, schiantando i limiti d' oss<1 e di carne che fo natura le ha impostt, era, a/fine, la dolce follìa. Ofelia, o follia, e,·i tu ? Eri tu, che coi piedi leggeri venivi traversando quelle acque vaste ; per me ; per me ccmtando quel che mi turbinava ne 1 cuo,·e ? Orazio, anima mia migliore, serenità ·ove si dispiega ogni mia complicat~zza, leggi tu chiarn in queste parole ? Ma non potevi aver prevliduto cosa poteva scatenare in me il tuo pietoso racconto della folle Ofelia cantante sotto le volte della reggia. Rimbombanti. Conservano esseil mare di quello tempesta come conchiglia ? Paurosamente, tu dici. Anche questo hai limpidamente visto. A me veniva, a me veniva cantcmdo la dolce fol!ia, FondazioneRuffilli- Forlì Ofelia. Eccola folle e fatte, pe,· me folle. O dialoghi impossibili ! lo non c'ero ! E o,·a non c'è più, lei, ed anche la mia follia m'ha abbandonato. Ella, invincibile grandezza, avev<1 ti-ovato la via pe1·ritrova,·mi, l' unicc,. Rico,·di ? Fors' io ve le, spinsi e,llora, il gio,·no del Tec,tro; l' inwtencita mfo furia le rivolse le uniche parnle possibili, ma ell<1ancot· lont<i11<1n,on fece che arrnssit'e, nè poteve, intende,·e con che foga mi sarei sprnfond<1to nella sua carne, come vertiginosamente <1vt·ei sforz<1to il suo ventt-e alla ricerca di una maternità contt·aria, che mi 1·i<1ssumessein un seme di· quelli che perde lei rossa pro~uvie del sangue. Non senti ? Non odi ? Ma· fo,·se negli echi si può immagina,·e, con quale urlo il mio terro,·e, invece, av,·ebbe l'isposto alle sue canzoni, quelle c<1nzoni che nella loro impudicizia, la acclamavano liberata. Anche lei! Quali c<1nti miei avrebbero ,·isposto ai suoi ? Se qualcuno non lo sapesse, 1'1an:ari è un giova,,e, uscito dalle nostre file, pas• sato per la stena. trafila meccanica della rivelazione in un conveg,io littoriale. E fu salutato promessa di quel teatro che, per non saper ben.e che cosa si fosse, si definiva nuovo, che, 11.on avendogli trova• to un piano concreto di sviluppo, u,, mon.• do di interessi, si insisteva a chiamare dei giova,,i. I giovani, si sa, so,io coni.e i fiori più delicati di primavera; promettono u,i mondo dolce. lene, lieve, i,iaz:m.rrato e in:.effirato; eppoi arriva t• estate e partoriscono i frutti penduli e pesanti. il giallo,ie di og,ii cosa. Poichè tale delusione è la maturità delle cose e degli uonini. Quindi molte delle giovanili rivelazioni legate a un. buon gioco dialettico. a una intuizione appasionata, a uua origi,ialità temporale, si sou.o perd,ue. Di anno in anuo continuano a tacere. Forse si preparan.o a un lungo passo, forse rientrano lentameute nella oscurità ; men.tre di pochi è la duratura ascesa, di pochissimi è il segnare per una difficile via le tracce di una nuova mentalità, di ,uiovi attributi del teatro d' arte. Di Man.zari invece ,i può dire be,i altra cosa ; egli ,ion tace; produce e si afferma ; ha vinto la battaglia delle prime impelliciate, le critiche dei giornali a larga tiratura, le difficoltà capocomicali per Qurcle musica e quale poesia potrebbern dire 1' impossibile dialogo dei libe,·i ? Libet·i d<1ogni logiw, da ogni fi8ica, da ogni ,·itegno, sat·ebbe stata una .-isposta c,lla vite,, nel suo disordine fen·ea, quel noslt-o incontt-o ! E insiemeselt'emmocadutinel fiume dove il nostt·o unico cielo di lact·ime smisuratamente si sa,·ebbe comiatm·ato <1 quello speccliicito dal mare nelle sue ·acque infinite. Ma io non impazzisco più, ahimè, non più. l'iangiamo lei folle i11felice. Scrivi, Orazio, queste parnle mnane sulla sue, tomb<1 "Vat·cò, per seguii-e l'amo-_ re, i limiti delt' ine{fab-ile, e giunta donde più non si torna, non trovò nessuno,. Tutti noi così? Varchiamo per seguit-e i noslt-i amori, i limiti dell' ineffabile. E gitlnti di là ? Troveremo qualcuno, Orazio, trove,·emo q1wlcuno? Trnvat·vi te, basterebbe al tiw AMLETO i ,,omi 11uovi. E non mauca,w le nviste che, a maggior onore, lo citano come il "giovane" commediografo. Eppure è difficil~ comprendere come ~fanzari non è dei nostri.; neppure la vocazione, in fondo alla propria sensibilità, egli ha per creazioni che lascino le comode tracce, per creature ,,on fittizie e che dica,io qualcosa di lui. Chè, allora, a,,che nell' an.sia del succeuo, gli uscirebbe di mano la figurina tui po' grezza, un po' im,pacciata iu cui però vedremo lui, il suo desiderio del uuovo. Sarebbe meno pulito, meno "bravo ,, , un po' più vero. Noi non gli con.testiamo il successo, nè glielo contenderemo. Notiamo solo in. noi il rammarico per tut per.cato che accomuna un giovane di. anni ai diadochi del nostro teatro ultimo. Ma, in fondo, dobbiamo ptif dire che un " ca.10 Manzari " ci voleva perda.è non si con/on.desse la nostra aspirazione con u,1 generico atte8• giamento senza merito della nuova ge,ierazione; perchè più personale e quindi re1ponSabile e più seda apparisse, a noi stessi, la nostra fatica di cercare nelle difficili vie il nostro_ can~mino e di co,1tendere a ,,oi stessi il succeuo che non. sia quello di opere mature e persuasive~ . le opere in. cui la vita si potrà considerare ampllata, e moltiplicare le creature che si aff'a.nnano sulla terra. ERREÀ 15

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