Spettacolo : Via Consolare - anno III - n. 1 - dicembre 1941

gato di indicazioni registiche inattuate e rese inattuablli dall'incrollabile peso dell' esperienza. (I giovani ci diedero una mano spregiudicata e salda, che stringemmo con vero affetto e ricordiamo con gratitudine : la Canitano la Moscardi, Moretti, e gioverà citare ìJ giovane ad honorem Nicola Spano). A questa battaglia· perduta in partenza era mancata una cooperazione totale, quel sostegno che solo pb.ò frangere i dubbi e portare al difficile accordo_. Il tono neutro, l'esaurimento vocale che allontanarono lo spettacolo da ogni sorta di tempeste, avrebbero potuto alla fine giust:ticare il detto di Maccari, che non esiste lo Sturn und Drang, e tutti i poeti vanno in tram. spettacolo cosi or1grnario e sicuro. Essi stavano attenti, in un silenzio assorto, fissi alle sorti del fatto, a quegli eventi impresionanti e singolari. Nell'oscurità, afferrato l' unico filo possibile, lo tenevano in pugno; erano l'unica scoperta rincuorante che potessimo opporre a una serie di delusioni. Ma chi. per avventura si fosse trovato alla replica, tra il pubblico semplice e ignaro di classici, che sgranava gli occhi allo svolgersi dell' ingenuit vicenda e della rudimentale recitazione, non sarebbe sfuggita la ragion,e del nostro q.isappunto per aver mancato uno Grazie a loro l'immagine di un teatro sia pure tradito non si staccava da noi; ci tornava alla mente la vaga commozione che ricevemmo da un libro di Soupault. Dove, nel verde di un ippodromo, si yiseguono lontane criniere di cavalli, mentre un pubblico multicolore brulica inquieto sulle tribune, agita braccia e cappelli e binocoli, insegue le sagome dei corridori, legato al galoppo che si sfrena sul campo come ali' improvvisa rivelazione del proprio destino. GERARDO GUERRIERI IDall e Il Lettere In una serie di lettere immaginarie che dovrebbero essere intercorse tra il Principe Danese e il diletto ami<;o Orazio, Costa trova modo di dare una acuta e personale interpretazione di Amleto. E' . qui - Amleto che chiarisce, e svela sè a se stesso. E pur rimanendo l' « Amieto di Costa » è però un Amleto solo preoccupato di far luce sui suoi motivi, cli dare una spiegazione cli sè nell'ambito di un mondo così come lui lo vede, e non - come è accaduto per tanta critica amletica - di trovare per il suo personaggio una oggettiva forn1ula cri• tica filosofica, psicologica o psicopatica. Questa " le~tera ,, è appunto una . - e una delle più significative • della originalissima serie. Pio Ornzio, Tii piangi non·andomi lo mo1·te di Ofelia e non io oltro so fat·e, alla notizia, che grida,·e, e invocando quel sospin,to nome, quell' ineftc,bile nome, quel tiome che mi fu sollievo e cat·ezza, non so altt-o fare che sfononni, tiel suono del sito nome, cli' è in me l'eco di miei sogni e di miei picmti antichi, di deliri e sot-risi, di divtni rit1venimenti, eco di mnanità t·itrovate, eco 14, FondazioneRuffilli- Forlì di ORAZIO di sue promesse e di sue visioni e di sue tacite offerte, nell'u11ive,·so di musica che quel nome mi suscita non solo in cum·e mc, into,·no, net cielo e nelt' at·ia, non so altrn che sfot·zanni di cogliere la natu1·a misteriosa delle, sue, mo,·te. Verità che non oso vedere, noti so se più per vergog11c, d' tttl conforto disprezzc,to. o pe•· paio-a d' essenni finto it1felice. O/etici ! Ofelia, dico, o follìc, ! Chi t' hr, uccise, ? [,a fatalità dei destini vocoli che pet·suade i poeti alle, condomw del vet·bo e delle, canie ciii è rnggio, che mi dice ? O/elic,, o mo,·ta di follìa, chi fii lo follìc, delle, tue, fotlìa ? lo ? lo folle ? io povero esset·e non pazzo. ma non scivio più, o tt-oppo fo,·se seivio ? O quell' iu che prime, delfollili t'amò·? Fu l' e,mot·e che ti sot• trossi, <i impc1z21it-ti?Er<iesso dunque ogni spit'ito, ogni ·vita tua? ll mio amot·e ? - Orazio, il mio ci,no1·e? Mi pat·e tt·emendo questo pensiero ; quanto av,·ei diinqiie ucciso! E i11vcmo? Eppto-e lascim·e, che dico ? uccide,·e, l' amo,·e cii lei fii il mio p1·imo pensie1·0 dopo lo Notte perchè sentivo di dove,· esse,·e libern, solo, assoluto; pe,·chè sentivo che pronto a fat·e il mc,le. fosse pure la giustizin, dovevo esse,·e pronto a fcirlo anche a me. L' amor& mio avrebbe trnvato nell<J sim stessa grandezza un confot·to e,t do· lo1·e: ma tu comprendi che non v'è che iina brama che può ~empt·e esai,- dfrsi pet· chi è i11fetice. quella d·i ts• sedo appieno. E pet· di più pt·ivanni del siio amorn, 11ell'incertezze, che il dubbio (dubbio di chi non se, e vuole, non di chi non osa) che il dubbio mi imponeva, en1 assictwanni che sapevo agit-e quando volevo e che civ, ei d.tm· qiie scipiito appe,1a che fosse possibile. Ma onch' esse, mi amava, e tonto. Avevo io il dit-itto di privanni del suo amo,·e, se ne pt·ivavo lei ? Mc, che dico, che ccmto ? Come e,- vt·emmo piùpottdo amat·ci dopo la Not• te? Mentt-e io interrogeivo l' cmima di mio pad1·e, l'cmima mi<, mi gt·idavc, Ofelia. Dtt atlom tion /ticcio che chiamanrii quel nome. E l'eco ,ne ne p<wevti semp1·e p-iù lontcma, come il lento<•ftogm·e di un iiccello nel lei non sue, acqm, d' iin lcigo. Da quell' 01·a le tombe di tiittt, la tet-rlt mi si sono scope,·chiate, i delitti, non vendicati m' hcm gridato il lorn uccidi, e il siio nome, ,·imm1en clo nitido tt-a tanta mo1·te, si rivei<,va falso come si t'ivelerebbe iin fiore che 1·estasse vivido e non perdesse il suo sot·riso di cc,rne, e non divenisse immondo, f,·a tanto ftt1t10 di tumbe e tcinto verminare di sangtie sparso ! E allom mi si faceva fatato e Ct'Ì· sfoUina, intocccibile e tale che il mio corpo l' civ,·ebbe inutilmetite fnmtii-

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