perchè non è posseduto da una volontà, nè questa volontà può concedersi a inframmettenze, ostacoli, elenchi di mummie senza vita: la loro credibilità deriverebbe soltanto da una pallida ironia. Questa condizione morale dello spettacolo è un imperativo, e categoricamente: si suppone in essa la coscienza stessa dello spettacolo. L' equivoco più grosso è il nome appunto di regia a opere e spettacoli che sostengono una esteriore veste, resa obbligatoria dalla stessa disponibilità di mezzi scenici ; ma che squallidamente, rivelano un' assenza assoluta di intenzioni. Ormai bisognerà dire che è impossibile recare aiuto a un testo inesistente, a una qualunque commedia. La versatilità dei capocomici ci ha sempre estasiato, e abbiamo ammirato la loro capacità di affrontare con perfetto sangue freddo le opere più decisive e le più indigeste. Ma ora, trasformatisi in registi, mettono a tacere i loro rimorsi inalterando le facili insegne del mestiere. Di questo la nuova regia farà le spese : ma essa non sop· porterà, vogliamo sperare, continui atti di sottomissione, e il tradimento quotidiano delle proprie ragioni. .. . Con 111s.antabarbara allegata, si scrisse, fu condotta in p~rto la navicella di St1.wm und Dra11g. E anch'essa fu pass-ita al guariaroba delle cosiddette esperienze. Non si potè più guadlignare alle prove di tempo perduto in variazi()oi di attori, contrattempi continui, ricerche affannose. Solo !ili' ultimo momento trovammo l' attore per la parte di Wild ; a tre o quuttto prove si potè arrivare con tutti gli attori presenti, e solo a quella generale ci fu concesso infine di avere una visione panoramica dello spettacolo. Essa era simile a una decalcomania non ancora tirata. E' intuitivo che il nostro programma tii regia era rimasto quasi del tutto inespresso. Al punto in cui Stanislawsky avrebbe iniziato a provare, noi levammo il sipario con la forza della sfiducia. Adattati alcuni perBonaggi (Wild, Blasius), ritoccati altri (La Feu, Carolina), concentrate le scene d'amore, rese più armoniche e sobrie quelle drammatiche, tutto questo rimase, si può dire, sulla carta. Soltanto alcune scenette idilliche parvero recitate con una tal quale corretteiza, e appunto perchè su di esse era stato possibile soffermarsi con maggiore insistenza. (Le liquide scene di Equini furono un elemento sconcertante, ma rimasero pur semp're l'unico piano di gusto visibile nello spettacolo). La nostra opera di paziente persuasione non raggiunse che un effetto sedativo, dominati com' eravamo da una fredda parete di ghiaccio. Il contegno tenuto dagli attori (vecchia generazione) è difficile a immaginarsi da chi non abbia assistìto : essi erano meravigliati del modo con ·cui la cosa veniva impostata, e protestavano chiaramente di non essere abituati a recitare riel modo che veniva loro suggerito. La nostra predilezione FondazioneRuffilli- Forlì " Le creature di Prometeo ,, nella coreografia. andava ai toni bassi e freddi, a un accento sospeso e rapido, 11.llanecessità di non espandere i movimenti ma di trattenerli, alle lunghe pause di una recitazione sensibilissima a ogni variazione e vibrazione. Una rete; è facile vedere, generica, ma che si sarebbe a mano a mano infittita con notazioni più sottili. Essi non comprendevano tutto ciò. • Ma come?> sosteneva un vecchio attore che per altro apprezziamo • non è questo un dramma romantico? e romanticamente si deve recitare • . E un altro aggiungeva che nella • Luisa Miller • faceva cosi e cosi, e ci mostrava, sbracciando~i, corFugando la fronte, sguainando la spada. Diversamente, sostenevano, c' è il freddo, non si arriva di là, al pubblico. Sembrava questa la loro unica preoccupazione, e agitavano il braccio verso la sala vuota, come a indicare ali' altra riva di un fiume. Fu impossibile trovare un accordo fra termini così opposti e in cosi breve tempo; mi confessarono inoltre che non potevano fare a meno di quegli espedienti pena una inevitabile incapacità a immedesimarsi: tanto artificiali erano divenute le loro abitudini di • montarsi >. Essi si dicevano abituati a recitare chi in un modo chi in un altro, quando esiste un unico modo di recitare, ed è di un'unica dedizione. Si dedicavano invece, per pura comodità, ali' enfasi, alla grancassa, alla declamazione ad orecchio. Le prove si esaurivano cosi in continui ed ossessionanti duelli, ad ogni sforzo gli attori replica vano con l' astensione, mostrando anzi un ostile disinteresse per quelle che potevano sembrare osservazioni psicologiche <:t critiche. Per essi valeva la • legge della scena•, questo fanatico tabù che ricorda la • legge della ju~gla > per la sua sanguinaria ferocia: simbolo degli accomodamenti con il pubblico. Nè esiste attore che sappia, a quanto pare, rinunciare a questa garn di pugilato scenico, al digrignar di denti, al ruggito leonino. La più alta espressione, e quasi simbolo, di tale mimesi eroica pu!) riscontrarsi nell' interpretazione di Otello fatta da Ricci. Essa culmina nel grottesco avvoltolarsi del mattatore in mezzo alla polvera, nel suo pigiama rosso : fatica triste e nefasta. Ogni attore fini così col recitare per conto suo; essendosi l'interpretazione arrestata al crocicchio obbli13
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