pletorico, pieno com'era di grida, di meccaniche insistenze verbali. Nè bisognava d' 11ltr,iparte cadere nel tranello di una rappresentazione piatta, o ancor peggio, ispirata. Nessuna ispirazione avrebbe potuto salvare dalla retorica, d,111'incredibile. Ci si doveva vietare di credere in quel tempo, di esistervi con simili costumi e parrucche. Per questo, e non per equivoci modernismi, si tentò la soluzione di uno svecchiamento, di una trasformazione a un tempo più semplice di moda e d'anima. (Poteva fare a proposito l'essenziale violenza di Wutheri11g Heights rifatto da Ben IIecht e Wyler, questo silenzioso e quanto più denso Sturm und Drang). Una rappresent11zione esemplare, insomma, che di fronte a una sostanza così malferma e patita, a illusioni lotte scoraggiamenti, indicasse un significato comprensivo, ritrovando esigenze diverse in quelle avventure ai limiti della realtà. (Il sospetto asserito dalla lliazzucchetti di possibili parentele con cubismi o futurismi non ci attrasse in nessun modo; nè avrebbe potnto, trovandosi decaduta ogni esperienza di fronte a cosi stretta ed originaria esigenza). La traduzione letterale di Klinger portava una generica prolissità di duetti amorosi, una artificiosa civetteria di evasioni comiche, finendo il più delle volte nel1' enfa-ii dei l\hsnadieri (non parliamo delle oscurità che fecero più volte bestemmiare un nostro valente attore). Stava ai suoi limiti la possibilità di una violenta caricatura · che alcuni degli attori effettuarono inconsapevolmente -, come l'intuizione di verità assolute, di parole cariche di senso. Una vicenda aperta, infine, e suscettibile di decisione. Fu nostra prima cura rivedere il testo per adattarlo al nostro intendimento. Non si tratta (ci troviamo sempre o dover ribattere vecchi luoghi comuni, accuse di sterili infedeltà, quando l'unica fedeltà è quella che dobbiamo a noi stessi) di arbitrio, se questo afferma un'intima coerenz1 nella risoluzione del!' arte, che è assoluzione piena. L' unico arbitrio si trova, è vero, nel mancato, nel non riuscito; ma anche preferiamo la nostra storia di arbitri a una triste fedeltà. A questa rielaborazione venne meno, causa la fretta, le incomprensioni, e volontari rifiuti, la cooperazione degli attori, il che è la maggior disgr1tzia che possa capitare; senza il loro sforzo anche la più pomposa preparazione non riuscirà a soffocare la voce del suggeritore. La rielaborazione di un testo può essere di infiniti modi ma si svolge necessariamente fra limiti, in una direzione, assume un significato univoco, è insomma solamente un testo sempre più approssimato, e reca in sè, ben profondi, i segni di un temperamento. Il risultato finale, potrebbe ottenersi in una colla- ·borazione degli interpreti, abbandonati i freni del loro istinto (ma la questione dell' improvvisare ci sembra ormai equivoca: un espediente perfotto soltanto quando si attua su un procedimento minuziosamente elaborato, ma allora è come il germoglio di una pianta). Oppure giocando nella maggiore possibile intensità di effetti, confluendo cioè in un' unica direzione, in un violento amore quello che vagamente si sprigiona da una ispirazione. Per noi questo è l'interesse estremo della rappresentazione: nè lo scoppio di esigenze vitali sopporta reazioni incontrollate, non si può turbare I' identità con la confusione. Dall'improvvisazione nasce la confusione e il freddo; una sola direzione rimane da scegliere ed è lo stile, arbitrio vinto e sottoposto a legge. Solo in questa direzione lo spettacolo raggiunge poi, misteriosamente, il petto dello spettatore, scoec·andovi una freccia infallibile; in quel momento assume la sua prepotente realtà, miracolosamente illeso dal quotidiano, salvo. A un tale salvataggio nessuna precedente esperienza, si noti, può contribuire, venendo esso dai limiti della fantasia, libero da tutto; lo spettacolo cancella ogni esperienza, proprio 111 .modo dt,J catalogo che e annulla tutti i precedenti•. (Quando invece la stuzzica, allori\ è il caso de! fallimento, vedi gli infiniti casi del cosidetto teatro b'.>rgbese). Ogni volta nuovo, si rifà ogni volta su un materiale vario e caldo, pieno di promesse. E' on' aspirazione c-ontinua, una speranza non delusa (forse l'unica). Al sollevarsi di ogni nuova speranza, l' esperienza non può resistere se non rischiarata dal sacriLieio del passato, in attesa di quel che sarà: di quando i vascelli sono bruciati e i ponti ormai alle spalle. Lo spettacolo allora si esaurisce eticamente in se stesso, la sua morte è la morte di_Socrate, assistita da un silenzio sacro. Questo risultato etico e un impegno veramente deciso sono il lume indispensabile a una preparazione appena cosciente, a una regia che sappia di esserlo e non idolatri il falso e il bugiardo. Per questo fra noi e i vecchi un accordo è sensibilmente difficile. È sufficiente una sola rappresentazione teatrale di questi giorni a mostrare colpevoli indecisioni e le tendenze Il fraintendere i significati (produrre come popolare quel che è semplicemente sciocco e via di seguito). Chi pensi che su questi equivoci si fonda la sua precaria esistenza, che il suo avvenire è affidato a camuffamenti di vario genere, non può non provare profonda tristezza. Ogni sforzo affonda nella palude dell' ignoranza, che tende la bocca aperta a inghiottire sfornate dei più frivoli divertimenti : sed non satiata. L' ultimo episodio è quello registico. Si può, anche senza far nomi, chiarire che non tutt~ può essere oggetto di regia, che questa parola indica solo in parte un sostegno di tecnica, di esperienza esteriore, ma essenzialmente educazione e impegno morale. Una regia non è riposta in un nome o in un' abilità scenotecnica, bensì nell' adesione e assorbimento di una data personalità a un testo, a uno spettacolo. Nel santuario dell' anima nasce anche lo spettacolo, è anch' esso una proiezione intima, una lezione segreta. Come segrete sono le prove, in cui le continue scoperte giungono ad un'ultima nozione platonica. Impossibile parlare di una qualunque regia; come di testi anonimi : questo decadere di dignità è una rinuncia di vita, una patente contradizione. Nulla esiste, allora, se non una forma impersonale e piatta, inesistenza di termini. Il testo non esiste " La sagra della!Primavera ,, di Strawinski nella coreografia di Aurelio M. Milloss
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