Il Socialismo - Anno III - n. 18-19 - 10 novembre 1904

282 IL SOCIALISMO questo la giurisprudènza, basandosi sull'equità, è giunta a legittimare gli interessi che dalla legge del 1807 sono considerati come iJlegittimi. Ed è per queste ragioni scientifiche, che tutte le le– gislazioni del mondo (come ho dimostrato in una mia monografia), tranne quella della Francia, della Ger– mania, della Danimarca e del Messico, hanno abolito il tasso legislativo: ed è per queste ragioni che noi J1on l'invochiamo per la nostra Calabria. Noi vorremmo che sia fatta una legge concepita in questo modo: << Nessuno può esigere per ogni a,mo un interesse mag– giore a quello stabilito awma/mente dalla Camera di commercio più vitina al luogo Ùl citi si è co11c/11s0 il con– /rallo,- quando l'interesse superi tale misura il contratto è nullo ». Questo sistema concilierebbe la legge morale con quella economica: E' concorde con la legge morale, perch.è non permette al creditore di ricavare un com– penso sproporzionato al servizio dato: è concorde con la legge economica perchè esso riconosce al capitale un valore che questo ha in un determinato luogo, e quindi il compenso che obbiettivamentf! gli spetta. Io qui sento molte proteste, ad alcune delle quali bisogna rispondere. 1. Obbier.ione alla mia propusta. « C'era bisogno di sprecare tante parole per abbattere il massimo legale, quando poi, in altra maniera, venite a limitare la li– bertà economica e giuridica degli individui? » Vi di– ranno alcuni signori: « La libertà economica è un feno– meno naturale. Lo Stato non deve intervenire che come organo di tutela, altrimenti guasta, non accomoda. L'in– teresse ò un fenomeno economico, quindi è un fenomeno naturale che dipende da una legge che lo Stato non può violare >>. Risposta: Ma che cosa è, o signori, la vostra libertà-? E' forse quella che un commissario di polizia spiegava paternamente ad un povero giovane capitatogli nelle unghie? e< Che amor cli patria! che Italia, che libertà mi vai tu predicando! Non mi fare pitt sentire queste brutte parole. La vera libertà è quella cli mangiare, di bere, dormire e fare qualche cosa altra». E meno male se tutti potessero liberamente man– giare e dormire! Ma come può mangiare liberamente chi non tiene neanche pane i,er sfamarsi? La libertà ùegli smithianisti si riduce in pratica a questa: libertà assoluta da una parte. dovere assoluto dall'altra. Ecco la sacra e santa libertà di questi Gracchi, a capo dei quali sta il signor Spencer. Per noi invece la libertà non è qualche cosa di assoluto, essa è uno stato che presenta (in confronto dei precedenti), una misura pili elevata di attività individuale a cui si deve segnare dei limiti in quanto lo richedono l'interes;e generale ed i postulati etici. La libertà che il legislatore permette al– l'individuo per spiegare la sua attività economica. Essa è uno dei modi eflicaci per realizzare il principio del minimo mezzo, ma non ne è però l'unico. Vi sono intraprese in cui la piena libertà non deter– mina le condizioni migliori, bensì le peggiori; es. banche dì emissione, ferrovie. Ed anche lì dove la libertà è il mezzo migliore per promuovere la produzione, essa non costituisce un principio di diritto che debba essere ap– dlicato in modo assoluto. li legislatore non deve guar- dare unicamente all'interesse della prolluzione, in ogni riforma legislativa deve domandarsi che influenza essa possa avere nelle condizioni dei lavoratori, ed in quali rapporti essa sia col raggiungimento degli obbiettivi mo– rali dello Stato. La libertà dcv' essere limitata per porre freno al– l'egoismo umano, per rendere possibile l'attuazione dei fini morali che gli uomini si prefiggono nello Stato e nella società. Le norme morali non hanno la forza di imj)edire certe conseguenze derivanti dall'egoismo e dalla preponderanza del piì:1forte. Perciò, a tal effetto è necessario porre barriere alle azioni che ledono i diritti altrui, i fini morali dello Stato e del diritto. Alle libertà di guadagno l'individuo non ha un diritto per se stesso, ma vi ha diritto solo come membro della comunità umana ed in contemplazione degli obbiettivi della comunità stessa. L'individuo in– tanto ha diritto di guadagno nella società, in quanto questa garentisce l'economia sociale migliore. Perciò nel decidere tra la libertà e l'arbitrio, è un errore partire da un diritto naturale dell'individuo alla libertà asso– luta. Quanto poi allo Stato, non è vero che esso sia semplice organo di tutela. Il sistema che lo crede t..1.le si basa su due errori. a) Crede che l'economia sia una sfera a sè della vita sociale e che essa (quando vi sia libertà assoluta), si regoli da sè automaticamente e riesca all'ordinamento migliore; perchè ciascun individuo lasciato libero segue l'istinto dell'egoismo e provvede al bene cli sè, mentre la legge di natura (armonia prestabilita), lo spinge a fare il bene di tutti; b) Crede che lo Stato sia un aggregato di forze contrarie al corpo sociale. ~ No, l'economia non ha una vita separata dalle altre scienze; ciò sarebbe contrario al principio d'universalità per cui tutte le cose tendono ad armonizzarsi ed a formare un'unità. Nessuna cosa nel mondo è completamente indipendente dalle altre cose: gli astri esercitano influenza tra cli loro mediante la forza cli attrazione. Ciò che avviene nei fenomeni fisici accade anche pei fenomeni sociali. l fatti econo– mici quindi non possono essere separati da quelli morali, politici, e tanto meno le scienze che studiano tali feno– meni possono essere tra loro contraddittorie. Non è poi vero che l'uomo lasciato libero fa il bene di tutti. perchè l'esperienza ci dice che l'uomo, seguendo jl suo interesse, adopera contrariamente al bene gene– rale. Ora contro questo egoismo deve intervenire ap– punto lo Stato, il quale non è solamente organo cli tu– tela, ma anche mezzo di civiltà. Perciò è giusto che lo Stato intervenga a limitare l'interesse nel modo da noi esposto. Il nostro sistema non annulla la legge gene– rale dell'interesse, ma solamente limita la legge parti– colare di esso, cioè la volontà. delle parti. 2. Obbiezione alla mia propusta. Altro rimprovero che ci si può fare e ci si è fatto è questo: cc li denaro è una merce, dicono alcuni signori, e tutte le merci deb– bono essere regolate dal diritto di proprietà ; lo Stato non può limitarne il prezzo ». Comincio col far osservare che essi cadono in contraddizione. 11 lavoro, secondo loro, è una merce, e quindi il saggio del salario non

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