Il Socialismo - Anno III - n. 15 - 25 settembre 1904

230 IL SOCIALISMO l'Italia. E il veto posto a tutti i sovrani cattolici di re• carsi a Roma: di conseguenza il mancato viaggio cli Francesco Giuseppe, che, malgrado l'alleanza, lasciò un seguito di dissapori e di avversioni, non per anco sva– niti. Per tal modo l'Italia restava isolata. Ma mentre la Chiesa e Leone XIII perseguivano, cùn le arti diplomatiche e con la dedizione d'ogni più imme– diato interesse, le rivendicazioni, ed eccitavano le po– polazioni italiane all'odio contro il governo e lo Stato attuali - nuovi bisogni e nuove attività si manifestavano nelle classi operaie d'Italia. 1 partiti estremi ingiganti– vano, l'organizzazione proletaria cresceva a dismisura. La Chiesa, intenta a rammaricarsi degli oltraggi e dei danni sofferti nel passato, non s'accorgeva dei danni presenti e di quelli che le si preparavano nel futuro. Disposta a cercar amici della sua causa fra gli stranieri, non poneva men te ai nemici nuovi che le sorgevano dinanzi all'interno. La Chiesa, per riagguantare il pas– sato, si lasciava sfuggire l'avvenire. Fu in tal modo che un bel giorno i cattolici, i quali si credevano al sicuro d'ogni sorpresa, si trovarono di– nanzi un saldo sistema di organizzazioni operaie, una fitta falange di popolani redenti. E corsero allora ai ri– pari : e sorsero casse rurali e banche cattoliche e asso– ciazioni diverse, che non riuscirono però ad attraversare il passo alle nuove idealità e al progrediente risveglio operaio. Quando i cattolici ebbero constatato l'inutilità dei loro sforzi e la poca saldezza delle loro ragioni, solo allora, e forse era già troppo tardi, pensarono a nuove cose. Quello fu il giorno in cui vide la luce la demo– crazia cristiana. Sorta col programma apparente di facilitare i miglio– ramenti, ma col proposito ben chiaro d'arrestare il mo– vimento proletario e di irretire le coscienze popolari, quello della democrazia cristiana, non poteva non essere tradimento ed inganno. E tale fu. Dovunque i lavo– ratori si trovarono in lotta, dovunque - gli scaricatori cli Genova, come le (( impiraresse >) di Venezia - si trovarono strumenti del tradimento gli operai organiz– zati dalla democrazia cristiana. Pure avevano troppo sapore di modernità queste coalizioni di lavoratori, per trovar gradimento nelle alte sfere della Chiesa. Leone XIII intanto vedeva che le arti della sua diplomazia non avevano dato i frutti sperati. La Francia gli si ribellava e metteva alla porta i congre– gazionisti: l'Austria restava alleata all'ltalia: le relazioni della Francia con l'Italia diventavano ogni giorno più amit;hevoli. Per colmo di sventura le popolazioni ita– liane, mentre le cure di Leone erano altrove rivolte, s'erano in gran parte strette a' suoi danni. Ma il papa Pecci aveva vissuto troppo lungamente in un ambiente diverso eia quello che cominciava a svilupparsi durante gli ultimi anni del suo pontificato. E da troppi anni egli viveva lontano dal mondo. Co– sicchè la democrazia cristiana fu accolta con un senso <li diffidenza. Ma non condannata. Leone XIH sentiva ormai troppo gravar gli anni. per addossarsi una responsabilità tanto grave. Sentiva ci)e davanti ai nuovi problemi e alle nuove difficoltà insorgenti, il suo era regno di transizione e di prepa– razione; non più. Perciò la democrazia cristiana fu tol– lerata, ma non sorretta. Don Romolo :Murri benevol– mente disapprovato. Ai sacerdoti troppo focosi proibito di parlar nei comizi. Le organizzazioni incorporate nel– l'Opera dei congressi e rese schiave. E venne Pio X. E vennero con lui l'inasprimento delle relazioni del Vaticano con la Francia e la con– danna aspra della democrazia cristiana. Quest'ultima però dopo quali tentennamenti! Tale fu la mutevolezza delle disposizioni che or non è molto un giornale cat♦ tolico di Bologna invocava un po' di precisione nelle disposizioni onde sanar il confusionismo eia cui erano invase le fila cattoliche. Ma la condanna di papa Sarto non fu accolta dai clemocristi in silenzio. Vi fu un principio di ribellione. Sorse spontaneo il proposito di costituire un partito autonomo. Fioccarono le proteste; qualche audace fece correre la parola <( contro Roma e senza Roma, sempre! )> .Il dissidio si acuì: si parlò di abolizione del nun e.xpedit. Recentemente un prete si dichiarò per la libertà cli stampa. E il Vaticano, inesorabile, si pose contro i democratici, i quali però sembrano poco disposti, questa volta, di chinare il capo. A tale stato di incertezza si trovano ora le fila dei cattolici: e il partito autonomo si sta ora ra.ccogliendo, malgrado la volontà di Roma. E ciò mentre la Francia rompe ogni legame: mentre la repubblica si prepara a stracciar il concordato. Condizione ben triste per la Chiesa! I nemici alle porte e la discordia in casa! Condizione alla quale non può per niente porre riparo il clericalismo novissi,no de I governo italiano! Anzi le popolazioni che avevano in molti luoghi seguìto il sacerdote, perchè lo sentivano parlar male del governo e dello Stato, ora, che il prete nel connubio novissimo non solleticherà più il senso di naturale ribellione ch'è nel popolo - anche il popolo più minuto abbandonerà il prete. Dunque me11;treda una parte il proletariato si scuote dall'antico torpore e guarda fieramente nel viso i suoi nemici, manifesti e larvati - le schiere dei cattolici, di– sorganizzate e raccogliticce, stanno disperdendosi. Mentre i liberi pensatori si rafforzano e s'organiz– zano, i cattolici si combattono e s'indeboliscono. Nè si dic.1 che l'interna scissione e la disputa vi– vace, sia indice cli rigoglio e cli forza esuberante: chè se tale affermazione può trovar credito per quanto riguarda i partiti liberi da ogni ceppo di infallibile e di indiscutibile comandamento, non può soccorrere il caso di un paitito retto dalla tradizionale autorità cli un solo individuo. Anche fra i socialisti - si potrebbe obbiettare• dura fervida la disputa fra transigenti e rivoluzionari. :Ma quale diversità: il partito socialista, come altri partiti estremi, è nel suo indirizzo la resultante della volontà dei più. Onde il battagliare che una o altra

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