Il Socialismo - Anno III - n. 12 - 10 agosto 1904
lL SOCIALISMO siderevole sia per numero cli aggregati che per spirito di combatti vìtà, ed i voti raccolti dai socialisti nelle ultime elezioni politiche sorpassano i due milioni, con una rappresentanza legislativa adeguata ed adusata alle lotte parlamentari. Eppure il governo di quel paese è rimasto uno dei più reazionari dell'Europa, e tanto più ha mostrato di rafforzarsi in questa sua tendenza (con l'estensione del militarismo e con una politica di favore per i grandi possessori fondiari), quanto più si espan• deva e guadagnava terreno la nostra idea. Cosicchè da qualche anno noi osserviamo in Germania come gli agrari, questa piccola minoranza feudale, tengano in iscacco le innumerevoli falangi socialiste anche contro l'interesse dell'industrialismo e della civiltà del paese. Ed è stata questa quasi impotenza politica del par– tito, questa degenerazione grassosa, succeduta alle energie del primo periodo nella lotta contro le leggi d'eccezione, forse non ultima causa dell'ipercritica del marxismo e della diffidenza di alcune menti elette di nostra parte sulle finalità ultime di quelle dottrine . . .. L'errore, a parer mio, sta nell'identificare il potere economico del capitalismo industriale con lo Stato. Questo, specialmente nella vecchia Europa. se ha ce– duto in parte, o mostrato di cedere ai principii teorici della borghesia, pure nella sua essenza intima e fonda– mentale è rimasto quello che era, cioè il mezzo di do– minio e di prevalenza dcli..! cJassi e dei ceti feudali che seppero piegarsi ed adattarsi ai nuovi tempi ed alle nuove esigenze della produzione. Ricorrendo alla propria esperienza ognuno può age• volmente intuire le segrete influenze che grassi funzio– nari, i sommi papaveri dell'esercito, l'alto clero e l'alta aristocrazia, i rtntiers feudali deHe nostre zone grigie, mettono in moto per determinare la direttiva di ogni maggioranza parlamentare e di ogni governo. Questa genia di parassiti sopravvive e prevale oggi un po' dapertutto a dispetto di tutte le formule costi– tuzionali e delle nostre teoriche e impaccia e frena lo sviluppo ulteriore della stessa borghesia. Il proletariato industriale trova bensì in queste forze occulte l'ostacolo maggiore ai suoi progressi ed al suo elevamento ma per la sua stessa condizione d'esistenza non può colpire tali avversari; è carente d"acio11e verso di essi, come si direbbe in gergo forense. Meglio an– cora: i problemi che esso pone e tenta risolvere hanno una portata astratta e generica, e, per la speciale natura degli elementi che li compongono. sfuggono alla sfera polìtica propriamente detta. Poichè il profitto capitalista, attaccato dalle rivendi– cazioni operaie, può trovare un margine più o meno elastico nel complicato viluppo del mercato mondiale, nelle violenti conquiste coloniali, nelle progredienti ri– sorse della tecnica; e quando questi fattori non agiscono favorevolmente sopravvengono le crisi transitorie che in– volgono tutta la classe produttice ma che lasciano in– differente lo Stato. L'operaio della fabbrica quindi preoccupato dal suo miglioramento - e, secondo i casi, da quel tanto di li- bertà che lo renda padrone delle sue forze e delle sue movenze - non sente nell'anima alcun rapporto politico immediato, tangibile, coerente alla lotta economica che sostiene, ma presente al di là dei suoi sfruttatori il vuoto immenso della fatalità e delle speranze, che cerca ·riem– pire, merci! l'azione riflessa della sua mente con tutti gli idealismi del pensiero moderno. Sarà quindi socialista o anarchico, mutualista o cor– porativista, repubblicano o <lemocratico. cristiano, a se– conda della tradizione, del temperamento e dell' am– biente in cui vive, ma la sua azione politica sarà torpida, saltuaria e di effetti inadeguati. Ed ecco perchè i suoi rappresentanti si trovano spesso - come oggi in Italia - nella necessità di cacciarsi tra i viottoli ciechi del parlamentarismo ed utilizzare il pro– prio voto contro magri e stentati compensi; ecco perchè le nostre Camere del lavoro si disse debbono restar - neutre ed apoliticl,e, oppure dedicarsi a quella tale po– litica proletaria, che, se non sia cosa vaga ed astratta, non si sa bene ancora in che debba consistere. . .. Ben diverse son le condizioni dei lavoratori della terra. Diceva il• Cassola, riferendosi alle leghe dei no– stri contadini: « Essi nascono con la camicia politica come i pulcini con la piuma~. Constatazione verissima di un fatto che si sta svolgendo oggi sotto i nostri oc– chi, e che costituisce la caratteristica più saliente del nostro movimento agrario. La determinante di questo fatto bisogna però ricer– carla più che nelle speciali condizioni psicologiche e di ambiente di questi umilissimi paria sociali, nella diversa natura dei rapporti che intercedono tra essi e i loro padroni, e tra questi e lo Stato. Al contrario di quanto si è det:o sul profitto indu– striale, la rendita del possessore di terre non ha un margine disponibile su cui rivalersi delle perdite che viene a subire per l'aumento di salario e per le altre concessioni forzate che la intaccano. Essa trovasi come incuneata tra il minimum del necessario all'esistenza dei lavoratori e l'alta pressione tributaria che l'assetto politico odierno le richiede. O per parlare più esatta– mente, essa s'incarna e s'immedesima in questo assetto politico, di cui ha seguito le vicende e della cui forza ha bisogno imprescindibile per mantenersi. La differenza tra profitto industriale e rendita fon– diaria sta dunque in questo : che mentre il· primo ha una funzione automatica ed indipendente dallo Stato, e si estrinseca come elemento di progresso nell'evolu– zione economica e sociale; la seconda è un prodotto esclusivo della tirannide politica costituita, e rappre– senta una violenza piì:r che una funzione, una forza di stasi o di regresso. Questo cliverso modo di sfruttamento dei mezzi pro– duttivi e dell'altrui forza-lavoro genera poi un antago– nismo tanto più spiccato e visibile, quanto più genuina ed omogenea è la composizione di questi due sotto– gruppi detentori del capitale; anta~onismo che si riflette nei programmi e nelle finalità di quelli che, con signi– ficato proprio dell'oggi, si dicono radicali o conservatori.
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