Il Socialismo - Anno III - n. 7 - 25 maggio 1904
TL SOCIALISMO 99 di produzione, non ùoveva adoperare la classe lavo– ratrice soltanto comè mezzo, ma porla anche come fine, cioè a dire, libcrarl~L in nome della libertà e dignità umana dalle catene feudali. Kant può 11011 essere stato consapevole di questo rapporto, ma qui noi lui ritroviamo essere un'eco del moto rivo– luzionario francese, la cui concezione egli in parte ha ideologicamente allargata cd in parte pratica– mente ristretta . .Poichè non ostante q uclla sua lode– vole sentenza, la quale, considerata da \ung-i, par quasi socialistica, Kant reclama la piena libertà cd indipendenza soltanto per il cittadino, ma non per il soào dello Staio (Staatsgc11oss), che egli consi– dera essere tutta la classe lavoratrice, i doJHCSlici e gli apprendisti presso un comnu:rciantc o un arti– giano e specialmente i contadini tributari, i quali pure erano stati praticamente liberati dalla rivolu– zione francese>> ( 1). L'elica del dovere che egli predica è l'etica della dominazione e della scrvitl1. Il suo impera– tivo categorico è trave'stimcnto filosofico della legge statale e pili specialmente la sublimazione della condotta d'un paese, dove uno comanda e tutti obbediscono, L'indole mercantile e borghese della sua morale è nello esempio stesso che il Kant cita, essere: eticamente superiore la condotta dell'avaro che fa l'elemosina per sentimento di obbligo, che non ùi colui che elargisce il suo denaro per libe– ralità di\animo. Da questi e da simili altri esempi si deduce che il «dovere» è poco più dell'o~– quio prestato all'opinione pubblica, alle convenzioni sociali, alle esigenze degli svariati pregiudizi di classe. Sino Schiller, che pure è il poeta della concezione kantiana, ha deriso con un noto epigramma la mo• raie del maestro : Scrupolo di coscie;;:w: Volentieri io scn·o agli amici, ma dolorosamente per inclina– :uonc; E 1 l:M!rciùho spesso il rimorso che io non son \'irtuoso. Decisione: :'\'on \•'è altro consiglio; cerca di di~prc:u:arli E far con ripugnanza, ciò che il Do\'crc comanda! I:,; Schopenhauer si ribella alla morale kantiana con la nota sentenza: Una morale che si attua non per espressione di volontà, ma per imperativo di un obbligo è una 11tora!cda schiavi». Ed è proprio questa morale da schiavi che si vuol oggi incul• care al proletariato in lotta per la propria emanci– pazione! Nessuna meraviglia. Si fa quel che si può. Il riformismo, che io considero come lo sforzo pit'1 poderoso che lo spirito conservatore abbia fatto per catenare la forza rivoluzionaria del socialismo, segue (1) :---ella .Veue ze;t, 13 febbraio 190-l; da <1uestoarticolo bo tollo ~1u,dchc altra notizia di fallo. inconsciamente la logica cieca dell'istinto interiore che lo ani111a. Quello d'oggi è nella storia un mo– mento decisivo. In quasi tutti i paesi del mondo. il socialismo è giunto alla posizione critica del cristianesirno qualche anno prima di Costantino. Non potrebbero le classi dominanti, in un lampo di suprema genialità, ridurre a strumento di pro– pria conservazione l'arma che attentava alla loro esistenza? ,/. Il diavolo lasciava sul proprio passaggio un po' d'odore di zolfo. Anche la filosofia del riformismo pratica simili influenze olfattive, cd è interessante vedere a quale realtà corrisponda l'idealismo kan– tiano cd a quale scopo serva il « regno dei fini » del pensatore di Konisberga, beninteso, nella tra– duzione socialistica del neo-riformismo. In teoria, l'idealismo kantiano servirebbe a coprire la dtfbac!e del materialismo marxista; ma in pratica è meglio ancora. Regola generale: le sostituzioni di persona nel campo delle dottrine sociali servono corne nel codice penale al raggiungimento di qualche inte– resse altrimenti inconfessabile. Non bisogna dimenticare che il riformismo SO· cialistico è l'ultimo figurino del vecchio e sempre rinascente socialismo cli Stato. Salvo la finale vi– sione, come nell'ultimo quadro d'un ballo gra'n– clioso, del collettivismo radicale, i due appellativi covrono lo stesso sostantivo. E per l'uno e per l'altro: legislazione sociale, riforma fiscale, riforma della materia contrattuale, ccc., ecc., rappresentano la <( sana realtà » del movimento operaio. A far ciò, occorrono due movimenti di convergenza, l'uno che parta dagli operai e sia di rinunzia all'aggres– siva azione di classe, l'altro dalle classi dominanti e sia di spontanea soddisfazione delle più urgenti esigenze della classe lavoratrice. Quella confusione dei ranghi nella lotta delle classi, che il riformismo grossolanamente realistico dei paesi latini battezza per « cooperazione di classe » e che nei parlamenti l'anima presaga cli Agostino Depretis inaugurava con la prosaica politica del << trasformismo » ri– sponde letteralmente al « regno dei fini » che la monarchica astrazione ideologica del kantismo im– pone agli uomini come regola della condotta. Una bella etichetta è anche una bella raccomandazione per una merce equivoca. Sventuratamente la tra• duzione italiana di Emanuele Kant si chiama Ago– stino Deprctis ! Poichè se la considerazione dell'uomo carne scopo deve indurre la classe borghese ad una li– mitazione sempre crescente dello sfruttamento ca– pitalistico, la medesima considerazione nella classe lavoratrice deve indurre a limitare le esigenze eco– nomiche al minimo compatibile con la costituzione
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