Il Socialismo - Anno III - n. 4 - 10 aprile 1904
60 IL SOCIALISMO biam sopra accennato, cioè come rottura violenta della legalità, come insurrezione armata contro i poteri costituiti. li partito socialista ammette o no l'uso della violenza collettiva? Su questo punto - se si eccct• tuano forse alcuni socialisti... tolstoiani e super– scntirncntali - tutti sono concordi nel rispondere af– fermativamente. :Ma la divergenza si manifesta in– torno alla determinazione dei casi nei quali la vio– lenza è legittima, necessaria, doverosa. Tutti i pili ortodossi professori di diritto costituzionale ammet– tono nel popolo il diritto alla rivoluzione (cioè, precisiamo: alla insurrezione) quando le libertà pub– bliche vengano manomesse e i diritti dei cittadini sieno calpestati; quando insomma si tratti di resi– stere alla violenza che parte dall'alto. Ed è unica– mente in questo senso che i socialisti riformisti am– mettono 11 diritto alla insunezione. Grazie tante. Fino a che Tolstoi non sostituirà Carlo Marx nella letteratura socialistica, fino a che la massima evan– gelica delle due guancic schiaffeggiate non sarà di– ventata un imperativo categorico liberamente accet– tato e tradotto in realtà, nessuno potrà negarci questo diritto. Viut vi repellere licet. Ma un pm·– t'ito non può dirsi riv0Luzio1tario se 110n auuuettc la possibilità, la 11ecessità,il 1lovere di rico,·rere alle armi ùt certi determinati momenti, e non sol– tanto per la difesa di diritti calpestati, ma a11clte per la co11q11ista positiva di mtfrvi diritti. Quando, insomma, l'insurrezione rappresenti il minimo mezzo edonistico per la conquista di una maggiore dose di benessere sociale essa è una necessità ed un dovere. E' perfettamente inutile - continua Labriola - che i riformisti chiedano, di catalogare taluno di questi casi. Siamo nel campo sereno della filosofia della storia. Se poi vogliono restare serviti pos– siamo, verbigrazia, citare due momenti storici : marzo I 896 e maggio I 898. La propaganda del partito socialista, specie negli ultimi anni, è stata di una-terribile efficacia addor– mentatrice del sentimento rivoluzionario delle masse. Ha rafforzato le istituzioni monarchiche, ha diffuso nel popolo il senso di rispetto verso ogni autorità costituita, ha abituato a considerare la vita della nazione come elaborantesi completamente nel mi– crocòsmo di ìVIontecitorio. Di conccss!one in con– cessione, il socialismo irto e rivoluzionario della In– ternazionale è diventato rnitc e sdolcinato come un pastorello d'Arcadia. La dottrina marxistica di Cui, a parole, è imbevuto e nutrito il partito socialista italiano è diventata una cosa allegra come la teoria delle « armonie sociali » di Federico Bastiat buo– n'anima sua. Vi è un certo punto - per usare la fraseologia hegeliana . in cui il mutamento di quantità diventa un 1putame11to dì qualità. Dalla intransigenza as– soluta, ispida, belluina, al ministerialismo e al mi– nisteriabilismo più slombato, dalla lotta di classe alla collaborazione di classe come legge di vita .... Quo 11adis? Già le concessioni sono come le ciliege : una tir<'t l'altra. Diceva un arguto deputato conserva– tore: << Non si può ammettere il parlamentarismo senza riconoscere la necessità di votare qualche volta pel ministero. Il parlamentarismo genera dun que il ministerialismo. D'altra parte è giuocoforza riconoscere che vi possono essere dei momenti in cui è necessario votare in blocco per un programma di governo o magari parteciparvi, onde impedire l'avvento cli un governo peggiore. Il miniskrialismo genera dunque il ministcriabilismo. l\1a questo, in on governo monarchico, implica il riconoscimento delle monarchiche istituzioni. Il rninisteriabilismo genera dunque il monarchis1no. Ecco dunque come il socialisrno possa, anzi debba, condurre.... alla rnonarchia ». E concludeva trionfalmente: « O anar– chici, o monarchici: non c'è via di mezzo! ». E dal suo punto di vista, francamente, non può dirsi che il valentuomo avesse poi tutti i torti. . .. Contro le aberrazioni e le degenerazioni della pura dottrina marxistica, insorge pure Arturo La– briola nel suo volume. E poichè non possiamo parlarne diffusamente, capo per capo, come vor– remmo, lasciamo da parte tutte le questioni fonda– mentali di dottrina e di metodo in esso magistral– mente trattate, non coll'aridità di un esegeta spul– ciatore dei faticosi volumi del Maestro, ma coll'em– pito di passione e di fede che investe l'uomo di parte, vivente la buona battaglia quotidiana, devoto alla libera milizia politica. Ci soffermiamo soltanto a trattare I' importantis– sima questione di filosofia della storia, accennata nel modesto e presuntuoso titolo di queste note: fisiologia della rivoluzione. Nel libro del Labriola, un capitolo fra tutti ci sembra interessante e deci– sivo: quello in cui tratta della violenza nel sistema di ?\1arx. << Da quando il m~vimento socialista - scrive - cadde in balìa dei politicanti, fu neces– sario convincere le masse che non dovevano di– spensarsi dell'opera di questi signori. I politicanti nascono con due fissazioni: il Parlamento e l'odio della violenza. Come il movimento socialista, pili o meno coerentemente, e salvo tutte le oscillazioni locali, rivendicava la paternità marxistica, fu me– stieri provare che il marxismo, inteso come peda– gogica del movimento operaio, risultasse nella pili esplicita condanna dell'impiego della violenza, Inu– tili i riferimenti illustrativi su questo punto. La minuta letteratura giornalistica ciel socialismo offre materia d'-intuitiva documentazione a chiunque ne vada cercando. » Ora, gabellare Marx per un apostolo della evo– luzione pacifica e legale ad ogni costo, sìgnifica prendere in giro l'ineffabile ignoranza dei « compa– gni n d'Italia, nutriti degli opuscoletti a due centesi– mi. Il Labriola (a cui nessuno vorrà certamente ne– gare, in questa materia almeno, una singolare corn– petenza) con una minuta analisi della vita di Carlo Marx e delle sue opere, sfata luminosamente la leg– genda che fa di questo grande agitatore politico - agi– tatore nel pensiero e nell'azione - un precursore dell'odierno socialismo parlamentare evirato e inci– priato. ?\1arx adorò la violenza. Nelle annotazioni a Feuerbach egli propugna, invcr,e de)Ja vana teo– rica, la <( pratica sovyertitrice ». Nel « Manifesto dei comunisti )) è detto che i comunisti << dichia– rano apertamente che i loro scopi non possono
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