Il Socialismo - Anno II - n. 23 - 25 gennaio 1904

IL SOCIALISMO 357 si veggono ora minacciati nell'esistenza da progetti le– gislativi che vogliono proteggere la mano d'opera na– zionale contro c1uella straniera. I progetti presentati alla Camera francese - i quali ~ono stati sottoposti_-alla revisione della Commissione del lavoro - di cui daremo più sotto il giudizio - sono tre. li primo è del nazionalista Grosjean, il quale pre– tende che nessun operaio straniero possa. essere im– piegato nelle officine francesi o in qualsiasi campo del lavoro, se non abbia fatto il servizio militare nel pro– prio paese nat:de; che per ogni singola industria sia fissato (ma egli non lo determina) un limite al numero degli operai stranieri; e che impone ai padroni una tassa di lire 50 per ogni operaio impiegato nelle indu– strie francesi. li secondo è dclidcputato radicale Chambin. Questi limita al 'io per cento il numero degli operai stranieri <la potersi impiegare,' imponendo ai padroni una ta..:.sa <liii ire 1 oo nelle città 'da centomila abitanti in pii.1, e cli lire 60 in quelle di popolazione inferiore ai centomila, per ciascun operaio straniero addetto alle industrie francesi. Il terzo è quello -del compagno socialista deputato Coutant, che assegna pure il limite del 10 per cento agli operai stranieri, ma esige che i padroni paghino gli stranieri con salario non inferiore a quello degli operai indigeni. Or bene, noi non ci meravigliamo che un nazio– nalista - il :quale giudica della economia politica del proprio paese coi criteri di uno stretto ed egoistico chauvinismo - non veda l'errore gravissimo che è con– tenuto nei progetti di questo genere. Nè ci meravigliamo del deputato radicale, la cui etichetta democratica è molt0 discutibile. Ma che un socialist.:1.come il Coutant si metta sulla medesima strada di quei signori, via, è strano! Purtroppo da qualche tempo noi assistiamo al ca– povolgimento di alcuni di quei concetti che sono la parte fondamentale - scientifica ed umana - della nostra~ dottrina. Ieri era Arturo Labriola, in Italia - il Labriola che è certo un-uomo d'ingegno e di coltura - il quale con• testava, Quasi pe( capriccio polemico, il diritto di chic~ dere un miglioramento delle sue condizioni economiche ad una cospicua categoria di sfruttati lavoratori intel– lettuali, solo perchè il loro contingente numerico sa– rebbe superiore al bisogno che si potrebbe avere del– l'opera loro. Si - egli diceva - nel mercato della offerta e della domanda, in conseguenza del l9ro soprannumero, essi devono subire le leggi della economia (quale?) che li condanna a compensi di miseria e di fame! E tutto ciò, come se non fosse stato sempre - e non fosse ancora - canone socialistico indiscusso !._ di 1·ivolu=io11ari e di nformisli - quello. non già di tagliare le gambe, o di strozzare i desiderì di eman– cipazione al proletariato, di qualsiasi categoria, che si agiti e··che si muova, ma di provare, invece, come la borghesia non sappia e non possa. per il disordine delle ~uc leggi sociali ed economiche, dare adeguata soddis~aiionc alle esigenze di coloro che, Ja,·orando onestamente, vorrebbero ,·ivere con discreta agiatezza! Oggi è un compagno, rappresentante del Partito socialista alla Camera francese, che, soffocando il con– cetto largo ed umano della solidarietà internaiionale nelle strettoie egoistiche del nazionalismo retrivo, vuole impedire, con una specie di legge doganale sui generìs, la fusione dei lavoratori dell'uno e dell'altro paese, <lei lavoratori sospinti da _necessità fatali nel campo della concorrenza, ma pur destinati ad unirsi e ad affratellarsi e tanto più presto quanto più facili sieno i contatti e gli incrocfa.menti tra loro. Per baciare al piccolo opportunistico interesse im- 111c<liato, si pone in oblio il grande interesse generale. Si ripristinano, quasi, i criteri delle corporazioni medioevali, onde non potevano aver la,·oro se non co– loro che alle corporazioni appartenevano, mentre tulli gli altri dovevano subire le leggi odiose di una esclu– sione tirannica. Certo: nel ricorso della storia, le esclusioni che si meditano ora son meno late e sp.ecifiche di quelle. li ritorno al passato è sempre caratteriz7.ato da una attc– nuaiione del male. Ma non pertanto il progetto del deputato socialista francese suona offesa a quel sentimento nobile ed alto per cui. non si educano e non si sollevano gli umili, strappando loro i mezzi della sussistenza, ma chiaman– doli, invece, a fratf'rniz7.are con quelle moderne energie, onde dovrebbe nascere e svilupparsi la nuova vita sociale. La Commissione del lavoro, alla quale dian7.i accen– nammo, ha - e ne siamo lieti - criticati e respinti i progetti dei tre legislatori in jie,~i. Le ragioni eia essa addotte sono varie: ma, prima fra tutte, è quella che considera - come noi facciamo - i progl!tti protettivi del lavoro nazionale come un ana– cronismo selvaggio di fronte allo evolvere della civiltà, onde spariscono le rivalità, cadono le barriere e tutte le porte del lavoro e del sapere si aprono, senza di– stin7.ionc e senza riserve, alla grande fiumana degli uo– mini di qualsiasi colore, di qualsiasi razza, di qualsitL<;i nazionalità, che si fondono, o devono fondersi, in una grande famiglia di fratelli, di liberi, di produttori. · Poscia la Commissione osserva logicamente che i provvedimenti escogitati verrebbero facilmente elusi dai padroni : osserva che per certe industrie nazionali gli operai francesi non hanno le attitudini specifiche; onde la necessità di accordare ospitalità e lavoro ad energie correlative: osserva che l'immigrazione degli operai stra~ nicri rappresenta come una specie di compenso fisìolo– gico alla clçcrescenza della popolazione indigena; osserva che la immigrazione stessa è oggi meno intensa e disor– dinata di quello che in altri tempi non fosse. Osserviamo noi in aggiunta che la emigrazione elci nostri operai in Francia non è più, come era una volta, composta di krumiri: non rappresenta pili il ~crvilismo bestiale, per cui trovarono la loro spiegazione, per quanto triste e dolorosa, i fatti tragici di Ai'gues-Aforlcs. 1 nostri operai che passano oggi le Alpi o salpano da Genova per recarsi nelle terre della nazione sorella

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