Il Socialismo - Anno II - n. 21 - 25 dicembre 1903
330 IL SOCIALISMO scorre sul seno di una bella donna 1 cullata dai sogni del !Jetel; l'arte lasciva e voluttuosa vaghi sogni d'a– more ritrae sulle pareti, d'amore canta nei versi. Un'unica corda vibra nel popolo orientale, un'unica corda vibra nell'artista, che la voluttà eleva ad unico scopo della vita e crea il Cantico dei cantici, inno trionfale della voluttà. In oriente l'artista non poteva essere nè apostolo, nè' veggente, ma tale diviene, in Grecia cd a Roma, sia che esso esalti la egemonia teocratica, o che sferzi uomini di governo e mercanti con la satira feroce ; sia~che si rivolga agli Pei dai quali fa discendere uomini; sia che contro gli Dei si volga e li derida. Non ci troviamo ormai più nella unità di un'idea collettiva; oramai le tendenze diverse si delineano, i sistemi filosofici si urtano, accanto alla negazione vi è l'affermazione, non vi è più un popolo unico nel vizio o nella virtll, unito da un'unica idealità, vi sono delle classi, la lotta è incominciata, l'artista si getta in essa ed afferma la sua personalità, e getta il suo grido, dà il suo segno d'allarme, indica la sua via, e le vie son tante. Così in Grecia Aristofane raccoglie intorno a sè il po– polo, ne demolisce gli effimeri favoriti, denudandoglieli, mostrandogliene le deformità, sbattendo loro sul viso i loro vizii, le loro vergogne, tutto volgendo a questo intento, dalla maschera modellata a somiglianza del vero, fino al monito del coro, sino allo stesso impeto lirico della strofa che sorgeva subitanea e 1ibravasi alata quasi scaturisse improvvisa. Più tardi la libertà artistica viene imprigionata (an– che in Grecia accadeva quel che accade oggi}, l'arte dalla vita pubblica discese nella vita privata, solo Me– nandro ha ancora del coraggio, e leva la sua voce in favore degli schiavi. E dalla terra sacra del bello, passando a Roma, ove allo spettacolo del gladiatore morente si sposa la maschera dell'istrione, ed al frizzo salace dello schiavo buf– fonel' /o triumpliedella folla, a Roma troviamo un liberto, Livio Andronico venuto dalla magna Grecia, e Gneo Nevio che assale sulle scene di Roma nientemeno che Metello e Scipione. Il grande colosso cominciava in– visitiilmente ad esser roso. , Più tardi Plauto veste con la clamide greca i per– sonaggi romani sfuggendo cosi l'ira dei grandi, pas– sando dal cubiculo misterioso all'ara sacra del Dio Qui– rino, ed inframmettendo dei sorrisi ai discorsi gravi dei senatori. E benchè in veste greca la commedia di Plauto non risparmia alcuno, ogni. civis ,-011uzmts si trova fotografato, e dal Se/vatt"co al Punteruolo, dal- 1' Asinaria alle Tre monete è un caleidoscopio di schiavi, di parasstti, di mercanti cli fanciulle i ed il pubblico che vi assiste dinanzi a tante comiche brutture non sa se ridere o piangere. Più tardi Terenzio grecizzante continua per la stessa via, più raffinatamente, nello stesso tempo più reale, e più vero. Ma la civiltà augustea decade ed allora ogni raffinatezza artistica scompare, il lurido ed il volgare trionfano fino alla massima decadenza Domiziana. E sorvolando ora sui primi tempi del medio evo, in cui cozzavano detriti di vecchie civiltà ed energie di popoli nuovi, vecchie idolatrie e nuove credenze, in cui l'arte sembrava quasi avesse reso l'ultimo re– spiro nelle fantastiche rappresentazioni del diavolo ; giungiamo là dove l'arte risorge a nuova vita, ispi– rata da idealità mistiche trionfanti in sogni ultramontani. L'idea del torturato del Golgota, passa.la attraverso i lambicchi della teologia, avvolta dalle nubi del rito, è nell'anima dei popoli (i re se ne giovarono per dirsi di diritto divino}. L'artista rinfresca la sua anima a questo soffio di misticismo i nelle grandi navate trionfano le rosee ma– donne in una gloria cli luce, i redentori assisi su grandi nuvole, i dannati avvolti dalle fiamme rosse dell' in~ ferno; dagli antichi piedistalli scendono Ercole, Apollo, Marte, Giove, per cedere il posto ai santi, ai beati, ai martiri cristiani, Venere viene tornita, piallata nelle curve troppo femminee, è rivestita da un gran manto arabo, e i frati la pongono sull'altar maggiore, ove l'a– dorano: come la Vergine madre. La poesia è religiosa, il canto è un inno all'eterno, è una minaccia dell'inferno per i miscredenti, è una esaltazione della fede. Il popolo si trascina orante nelle chiese, i cavalieri feudali vanno in Terrasanta, i ricchi dànno i loro beni ai conventi ed alle abazie. 11 misticismo è il prodotto cieli' ignoranza sposata alla menzogna; di conseguenza non può esser sostenuto che dalla spada. * * * Avvi un momento nella storia in cui F influenza del– l'ambiente sull'artista e di questi sull'ambiente, si ri– vela in tutta la sua verità positiva; questo momento è la rivoluzione francese. Una nube opprimeva la Francia da J 500 anni, to– gliendo ogni luce. Generazioni intere di rè avevano ini– ziato il loro regno con le uccisioni in massa di vecchi, di donne e di fanciulli. Il diritto del re per 1500 anni porse e strinse la mano del diritto divino. Chi non ri– spettava l'alleanza era appiccato. Un re dirigeva la strage nella notte rossa di S. Bartolomeo mentre Bossuet can– tava il ledeum. Tutto ciò che è in terra mi appartiene, disse il re, il prete ne benedisse il possesso, il popolo piegò il capo e si lasciò derubare. E ciò si ripetè per secoli. Ma ... il giorno \'enne, e ignoti, in un desìo di \'Crit:ne con opposta fè, dec."lpita .roEmm:i.nuel K:mt, Iddio, ~lassimili:i.no Robespierre, il re. La nube addensatasi da secoli si squarciò. li con– dannato di I 500 anni giustiziò il carnefice. Ed il prin• cipio di questa violenta riscossa, per la quale il popolo senti qualche cosa di nuovo germogliare nella sua vec– chia anima, diede al mondo gli Enciclopedisti che se– gnarono una via all'arte, che si emancipò dal servili– smo cortigiano. L'artista era per il passato chiuso nelle sale dorate del Louvre, fra le vesti delle amanti del re. Un giorno giunse a lui come un mormorio lontano fatto di pianto e di bestemmie; egli si affacciò ad una finestra e vide lontano nelle foreste della Vandea, sugli scali di Mar– siglia, per le vie della stessa Parigi dei fantasmi cli uo– mini ai quali avevano tolto tutto, fino il diritto di vi– vere; ed allora egli d'un tratto lacerò i suoi versi in faccia alle cortigiane, infranse le sue tele e le sue statue ai piedi del re, discese di corsa le scale di marmo, usci all'aperto con un bisogno violento di luce e di aria, si mischiò alla folla dei vinti, e gittò il suo grido di riscossa, che fu accolto da mille anime e ripetuto da mille bocche. Poco dopo la Bastiglia era presa, le fu-
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