Il Socialismo - Anno II - n. 15 - 25 settembre 1903

226 IL SOCIALISMO regolamento d'igiene per il Comune di Roma del 1898 che il Sindaco ebbe la cortesia di inviarmi. Difatti all'art. 52 è detto: « Nessun locale può essere adibito ad abitazione permanente se ha una cubatura inferiore a m. c. 25 »; ed a111art. 53: « Tutti gli ambienti desti– nati all'abitazione dovranno avere almeno una finestra aperta all'aria libera. La superficie illuminante delle finestre dovrà essere non minore di 1 / 10 della superficie della stanza, e se vi è una sola finestra essa non sarà mai inferiore ad 1 m. q. La detta proporzione di 1 / 10 potrà essere ridotta al minimo di 1 / 15 quando le finestre abbiano innanzi a loro un ampio spazio libero e perciò aria e luce abbondante». La mia proposta non era dunque tanto eterodossa se fu adottata dal Comune di Roma. Ma non solo Roma locuta est, ma gli stessi decreti governativi del 1889 e del 1896 portavano i postulati da me ricordati. Furono· poi, è vero, improvvidamente abrogati dal regolamento Saracco,emanato il 5 febbraio 1901 1 che rimetteva ogni disposizione ai regolamenti locali d'igiene. Fatto sta ed è che a Torino non se ne volle assolutamente sa– pere. Inutilmente io domandai che questa aggiunta fosse almeno stabilik"l per le case da fabbricarsi; jnutilmente dissi e ripetei che non facevo questione di metro più o meno; che si stabilissero magari cifre più ristrette, ma che qualche cosa si facesse, e si stabilisse una buona volta il principio umano: « Non essere permesso assolu– tamente all'uomo di stivarsi come il gregge cli un ar– mento». Questa mia mozione che ebbe il plauso della pubblica stampa del Germi11nl, di cose comunali esper– tissimo, del Messaggero di Roma di partito politico di– verso dal mio, non trovò buona accoglienza nè dalla maggioranza, nè dalla minoran7.a del Consiglio. . .. Le critiche della maggioranza, che conta tante illu– strazioni della medicina, furono, come dissi, più forma– liste che di sostanza, ed alle poche osservazioni serie risposi in seduta, nè vale la pena che io qui ripeta le mie repliche. La minoranza, nella quale si trovano pure va– lentissimi colleghi e compagni, obiettava quello che a me pare un sofisma economico, obiettava cioè che tale regolamento avrebbe avuto per conseguenza cli fare au– mentare il prezzo deg,li affitti. Ma, santo cielo! Ma questa è pur troppo la dolorosa teoria della ripercus– sione, alla quale io pure ho portato il mio modesto contributo nel Socialismo di Ferri. Codesta ripercus– sione, si avanza e si approfondisce finchè non si trovi di contro un muro saldissimo di organizzazione operaia, e fa pur troppo capolino col suo beffardo sogghigno in quasi tutte le riforme che domanda e ottiene il pro– letariato. Se la borghesia aumenta i salari, potrà rifar– sene aumentando il costo delle merci e smungendo dalle tasche del!' operaio con una mano, ciò che con l'altra gli ha concesso. La legge sul lavoro dei fanciulli se non è paralizzata, nei suoi effetti, da un parallelo au– mento di salario negli adulti, diminuisce pure di qualche cosa il già scarso disponibile delle famiglie operaie. Una circolare ciel ministro d'agricoltura Bac– celli ricordava come sia proibito occupare nei lavori delle risaie i ragazzi cli età inferiore ai 13 anni, ed ecco N. ·G. che scrive nel Grido dei Popolo, 4 luglio: «Una povera donna mi diceva che andando in Piemonte coi suoi tre ragazzi, fra una sessantina cli lire guadagnata da qu~sti, ed un'altra quarantina guadagnata eia lei, faceva quel centinaio di lire che le serviva a sbarcare il lunario nell'inverno, e si lamentava che con la fac– cenda dei 13 anni si vedeva dimezzato il piccolo pe– culio ». In senso analogo parlava con me una sarta non più tardi di ieri: « facciano pure, essa mi diceva, i re– golamenti per le sartine, ma noi aumenteremo le note alle clienti, e queste allora, invecè di farsi due vestiti in una stagione, se ne faranno uno solo e così climi- nuirà il lavoro per quelle sartine stesse alle quali si voleva giovare. E gli esempi si potrebbero moltiplicare a iosa. Mi si obbiettava ancora, che la classe operaia, e fu scritto anche nelle colonne del l'Avanti, non sente questa grande necessità di abitazioni ariose decentemente spa– ziose. Ma quante cose non desiderate dalla massa ven– nero e vengono instaurate dalle minoranze competenti e tecniche! Anzi io direi che la massima parte del pro• gresso della vita sociale sta essenzialmente in questo: Nella subordi11a=io11e che va diventando sempre più vo– lontaria e cosciente del capriccio caotico delle masse alle si11golee speciali competenze tecnicl1e in ogwi ramo della vita pubblica. Anche alla vaccinazione la massa era un tempo riluttante: ma dovette poi sottomettersi al parere dei tecnici. L'isolamento, in caso di malattie epidemiche, non è di troppo aggradimento del pubblico, eppur viene imposto. La sorveglianza contro la sofisticazione anno- . naria non può essere richiesta dalla massa che neppure potrebbe sospettarla, e viene ordinata ed eseguita dagli iiienisti. In certi casi di pericoli di inondazi6ne, fra– namento, ecc., vi son famiglie che, non comprendendo il pericolo, si rifiutano di abbandonare le loro misere casupole, e vengono dagli ingegneri costrette a sfrattare. . .. Ma torniamo alla mia proposta che, oltre l'utile di– retto, avrebbe avuto anche quello di contribuire a creare, come dicevo in Consiglio, una vera coscienza igienica nella grande massa ciel pubblico. Se il Municipio l'a– vesse benevolmente accolta, almeno per le case da fabbri– carsi sarebbe. è vero, avvenuto un momentaneo aumento negli affitti; ma contemporaneamenie l'industria privata vedendo l'impellente necessità di abitazioni a buon mer– cato si sarebbe adoprata a fabbricare case economiche, sul tipo, per es., di quelle tanto praticamente· proposte dall' ing. Paolo Saccarelli nel Germinai del 30 gen– naio. Secondo il progetto di questo ingegnere ogni am– biente sano ed aereato verrebbe a costare I' assai pic– cola somma di lire sei mensili d'affitto. il Municipio potrebbe del resto favorire la speculazione edilizia delle case a buon mercato in vari modi, fra i quali in questo momento accennerò soltanto a quello della diminuzione od esonero del dazio sul materiale o su alcuni mate– riali da costruzione. Invece sembra che pur troppo il nostro Comune segua un indirizzo affatto opposto. In– fatti trovo negli allegati statistici al conto consuntivo dcli' esercizio 1901, pag. 230, che con la nuova tariffa entrata in vigore il 1° gennaio 190-1, la tassa venne du– plicata per le calci, i cementi, i graniti; si colpirono per la prima volta le pietre non lavorate, il pietrame, alcune qualità di marmi, e si diede una nuova classifi– cazione ai materiali stessi, in modo da comprendervi talune serie che prima sfuggivano alla tassa (!) Se poi, Cosa che certo io non potevo neanche spe– rare, l'articolo che richiedevo fosse stato adottato anche per le case vecchie, lo sfratto che il Municipio avrebbe dovuto dare a centinaia di famiglie avrebbe messo nella necessità esso Municipio stesso cli provvedere efficace– mente e seriamente nella sua qualità cli tutore degli am– ministrati. Logica conseguenza della premessa sarebbe stata la municipalizzazione delle abitazioni, e lo stabi– lirsi dell'aforisma che le case debbono essere fabbri– cate non per il profitto del proprietario, ma per il van– taggio della popolazione. Nè li caso della municipaliz– zione sarebbe nuovo in Italia, mentre a Milano, nel marzo del 1902, il Consiglio comunale stabilì di costruire gradatamente per proprio conto e su aree da acqui– starsi all'uopo, delle case ad uso cli abitazioni popolari. Concludo: provveda chi deve e può. Quando l'uomo è costretto a fuggire dal proprio covo per l'impossibi-

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