Il Socialismo - Anno II - n. 14 - 10 settembre 1903
214 IL SOCIALISMO « Se, nell'ipotesi di Marx, le merci appaiono comege– « Ialine di lnz:oro o lavoro cristalliz=alo, perchè in altra « ipotesi, tutti i beni economici, e non le sole merci, « non potrebbero apparire come gelatine di bisogni o « quantità di bisog'llicristailizzatif In tale caso l'economia « pura sarebbe la vera e propria scienza economica>>. Il Croce è, senza dubbio, un ingegno equilibrato e cli acutezza non comune, ma io credo che questa volta 5-ia caduto nell'errore. L'edonista Jevons scrive che l'economia politica è la scienza degli sforzi per soddisfare i bisogni, ·ossia mira allo scopo di ottenere la maggiore ricchezza col minore lavoro possibili. 1 Pure lasciando inalterata questa definizione dell'e– conomia che presta il fianco alla critica, la conseguenza· . che se ne può trarre non combacia con l'economia pura. Se lo scopo è la soddisfazione dei bisogni so• ciali col minor lavoro possibile, l'unico termine cli pa• ragone appare il lavoro. Infatti, più avanti il Jevons stabilisce la seguente teoria del valore: « Abbiamo qui la teoria completa del valore e del « lavoro. Il lavoro che è necessario per produrre in mag• « giare quantità una merce regola l'offerta cli essa; l'of. « ferta determina un desiderio di averla più o meno « ampia, e questa intensità di desiderio o di domanda « determina il valore». 2 Ora, se il lavoro regola l'offerta e questa la do• manda,' ossia la quantit..'\ dei bisogni e la loro inten• sità, in definitiva è sempre il lavoro che misura il va• !ore di scambio di una merce. L'opinione del Jevons, cl' altrondc, che fa dipen– dere il valore dalla intensità o quantità dei bisogni (domanda) urta contro l'esperienza storica. Se nell'eco– nomia feudale, infatti, era la domanda che regolava l'offerta, per quanto quest'ultima dipendesse dalla quan– tità del lavoro necessaria alla produzione di una merce, nel regime borghese mod~rno, invece, è l'offerta che forza la domanda, ossia la produtione sempre più grande ed a costi più bassi che allarga la consumazione sociale. ì\·lasi potrebbe obbiettare che la formulazione teorica del Jevons, trattandosi di un libretto popolare, non può prendersi come espressione fedele della nuova teorica. Ebbene, esaminiani'o pure la moderna teoria ciel– i' utilità finale, che ha dei campioni illustri in Germa– nia (Gossen), in Inghilterra (Jevons), nell'Austria (Men– gen) e in Italia (Pantaleoni e Pareto). L'economia J>ura è essenzialmente soggettiva, poi– chè prende come punto di partenza I' liomo a:co11omic11s astratto provvisto di desideri, mentre l'economia ricar– diano-marxista si rivela essenzialmente oggettiva, avendo per punto cli partenza un fatto sociale: il lavoro. Il valore, dice la nuova teoria, è determinato dal- 1' utilità, la quale è la proprietà che possiede un og– getto di soddisfare ad un bisogno o piuttosto un desiderio. Per utilità, però, bisogna intendere non l'ttti• lità di una cosa in generale, ma la sua utilità parti• colare per colui che la possiede. Ora, ogni valore implica un paragone, e ciò che è importante, un paragone sopra oggetti determinati e di una certa quantità in rapporto ad un dato bisogno. Esempio: 1 chilogramma cli ferro, di oro, di avena, e non il ferro, l'oro, l'avena. Questa utilità non è la stessa per ciascuna unità, ma decresce col numero delle unit..'\ possedute. (Esem– pio classico: il viaggiatore nel paese della sete). Or– bene, è l'utilità dcli' ultima unità posseduta (la meno utile per conseguenza) che solo deve prendersi in esame, poichè essa limita l'utilità di tutte le altre unità. E' quindi l'intensità dell'ultimo bisogno soddisfatto che è la determinante. Di qui la terminologia di uti– lità finale o utilità limite. 1 Ehmomia j,olilil'a. - Milano, 1893, pag. 19. 2 Eeo114mia j,oliticn. • Milano, 1893, pag. 135. Infatti il Pantaleoni scrive: « il grado finale di uti• « lita di un bene è fornito dalla più piccola ultima dose « di un bene di fronte ai bisogni cieli' /101110 tL·conomi– « cus. Se la quantità disponibile di un bene è precisa• « mente tanta che basti per estinguere completamente « un bisogno, la più. piccola ultima dose del medesimo « sarà quella che sarà quasi indifferente di avere o di « non avere». 1 Vale a dire, data la quantità e l'intensità di un determinato bisogno, il grado finale cli utilità di un bene aumenta o diminuisce a seconda della quantità del bene stesso. Senonchè, quando noi poniamo da un lato i biso– gni dcli' uomo economico e dall'altro lato una certa quantità di bene che deve soddisfarli pili o meno com– pletamente, noi non facciamo che mettere di fronte la domanda con l'offerta, poichè i bisogni rappresentano la domanda e la quantità del bene l'offerta, ossia ancora il produttore di fronte al consumatore. Quindi il grado finale di utilità non sarebbe che una parafrasi, in termini edonistici, della famosa legge della domanda e dell'of– ferta secondo la quale i prezzi di una merce aumentano o diminuiscono a seconda dell'aumento o della diminu• zione della domanda (dei bisogni) per rispetto all'offerta (quantità della merce disponibile). Ora, se è pacifico che la variazione dei prezzi di• penda dall'altalena dei rapporti quantitativi della do– manda e dell'offerta, ciò non c'illumina affatto sul va– lore di un bene o di una data merce. Se noi supponiamo che la domanda e l'offerta coin– cidano, la loro azione sarà nulla, quindi il loro effetto sul prezzo egualmente nullo. Spieghiamoci p'ii1 chia– ramente. Se JJ rappresenta la domanda, ossia la quantità dei bisogni dcli' uomo economico, e O l'offerta, ossia la D quantità dei beni disponibili, O ci rappresenta il grado finale di utilità della scuola edonista. Se D è mag• giore di O, allora il grado finale di utilità aumenta i se O è maggiore di D, il grado finale utile diminuisce. Se D è uguale a O, cioè se la domanda è identica ali' offerta, il grado finale cli utilità è simboleggiato dal- 1' unità, poichè due quantità uguali, di cui una rap– presenta il numeratore e l'altra il denominatore di una dat..'\ frazione - qualunqne esse quantità siano - dànno per risultato l'unità. La conseguenza sgorga strana e getta una luce fosca sull'attendibilità teorica della nuova economia, poichè a questa stregua - nell'equilibrio della domanda e cieli' offerta - tutti i beni, e in qualun• que tempo, avrebbero lo stesso grado finale di utilità, cioè l'unità! Ma un'altra osservazione si può ancora aggiungere. « L'utilità finale di un bene - scrisse Labriola Ar– « turo nel Dc:venir Socia/ nella sua critica al Panta– « leoni - è dunque in rapporto con Ja quantità dei · « beni disponibili. Ma una quantità di bene si accresce «quandosi può ottenere con minore costo, ossia quando « il lavoro è più produttivo. li progresso industriale « tendendo a diminuire il costo dei beni, ne diminuisce « nello stesso tempo i gradi finali di utilità. I gradi « finali di utilità sarebbero quindi semplicemente uno « dei modi di espressione della Variazione del costo». Infatti, quando l'economia pura si addentra nel– l'esame del valore di scambio, cioè nel campo del– l'economia classica, ecco in qual modo essa ragiona. li valore di scambio è determinato da due fattori: da una parte, la quantità disponibile di un bene sul 1 EroNDmin INrn, pag. 92. • L' «onomilta riduce il suo studio alle impreS5ioni concomitanti all::i. • volont:ì., e le studi::i. nelle condizioni di ::i.mbiente per cui il /allo atlivo • è fenomeno economico; in cui il rapporto tr::i. fabhisogno e quantitb. di• • sponibile di bene è t:ale da deierminare il fenomeno del valore •· (MOl'1• TBMARTll'/1, Critica Sl,dale, 1901, p2g. 43, in rispos1a. ad alcune obbiezioni dd prof. Antonio Graziadei), ossia nient'altro che la parafrasi della fa. mos:\ legge della domanda e dcli' offcrla !
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy