Il Socialismo - Anno I - n. 19 - 25 novembre 1902
IL SOCIALISMO La Commissione mette il dito sulla piaga: soltanto si arretra al pensiero cli cauterizzarla. La legge Giolitti \'UOle applicare norme uniformi alle svariate diversità dei Comuni. La cassa statale finirebbe con l'incombere assai grave sulla vita dei ì\·lunicipi. Non è possibile che il servizio pubblico di un comu– nello come Rocchetta abbia da osservare, per l'impianto pubblico, le stesse norme della città di i\•Iilano. ~on è possibile che la piccola città di Imola segua la stessa procedura della grande metropoli di Napoli. I membri della Commissione ragionano in un modo assai strano. Vi fu una volta un uomo di buona volontà, il Rudinì, il quale avea pensato a modificare le nostre leggi am– ministrative in modo da strapparle a quella uniformità che le uccide. Ma il progetto rimase inattuato ed ora è inutile parlarne. Adagio! Una volta bisogna pur prin– cipiare: cominciate dalla legge sulla municipalizzazione! La verità è che la Commi~sione, accettato il princi– pio, non ha saputo applicarlo. E infatti a chi esamini bene il disegno di legge, vi è un solo mezzo effettivo per evitare l'uniformità delle due disposizioni: quello di lasciare autonomo e libero il Comune circa il modo pili pratico e più conveniente di regolarizzare e sistemare la gestione economica, finanziaria, contabile ed ammi– nistrativa dell'azienda municipale! E i commissari non volevano arrivare tanto lontano ... 1 In queste acque malfide la navicella ministeriale sarebbe naufragata. 3. Il caral/e1'e facoltativo della Legge. - Si dice che se la legge non e\·ita il difetto dell'wuformità, lascia però ai Comuni piena libertà cli movimento. I danni dell'uniformità cadono di fronte al carattere facoltativo della legge. Il Comune deve valutare in modo diretto la convenienza di assumere la gestione diretta ciel ser– vigio. Ma questa facoltà viene tosto soffocata dalla tu– tela statale. Il Comune non è libero di passare alla gestione municipale dei suoi servizi senza l'approva– zione della Commissione Reale e della solita Giunt..'l. provinciale amministrativa. E quali saranno i criteri che guideranno questi cespiti di controllo? Posta 1· indole finanziaria del progetto, anche ammettendo l 1 ipotesi ottimistica che la potenzialità della Cassa depositi e prestiti possa fronteggiare le esigenze dei Comuni, na– sceranno pur sempre enormi diflìcoltà. Un Comune che volesse subordinare ai fini sociali della municipalizza-· zione le esigenze del profitto. - un altro Comune che volesse partire, nel chiedere il riscatto di un servizio, dal solo scopo del suo miglioramento, - un altro Comune che delJa municipalizzazione, lungi dal trarre partito pel suo bilancio, volesse farne un provvido mezzo di far partecipare le classi, prima escluse, al beneficio di dati servizi, sacrificando lo scopo speculativo ciel progetto - tutti questi ed altri Comuni vedrebbero rigettati come assurdi i loro progetti. La facoltà di municipalizzare infatti esiste. Solanto è lo Stato che decide, mediante i suoi organi di tutela, e non il Comune. Ora i bisogni dei Comuni sono vari, per quanto è vario il loro grado di maturità, cli civiltà, di popola– ;,;ione, di coltura, cli benessere. Gli stessi servigi pub– blici sono vari e ben diversamente congegnati a seconda che si tratti di un Comune o di un altro, di una po– polazione numerosa o cli una scarsa, di una popolazione densa o diffusa, di una popolazione che sale in modo assoluto o relativo, ecc. Ebbene! anche vari per neces• sità possono e debbono essere i progetti di municipa– lizza"zione. E di fronte a questa varietà il controllo sta– tale ubbidirà all'unico intrasgredibile criterio del profitto e del vantaggio finanziario cieli' intrapresh ! ' Non conosco in proposito le opinioni pcrson;tll di l':trll:rno. llna i· E\ l'istcss:t relazione ?\lajor:ma accenna a discrcpan1..c di vedute da parte di una. minoranza. ?\I:\ in complesso la rcla.ziouc riscuote l'assenso di tutti. bo e G1 o R1 neo 4. (,;ti i11ro11ve11ienli tecnici ddla legge. r-.Ia non soltanto i Comuni vedrebbero contrastati i loro progetti per il loro fine, ma si vedrebbero in parte contrastato il terreno della municipalizzazione, perchè i servizi di piccolo utile non soffrirebbero un ordinamento tecnico così complicato come quello figurato dalla legge. Questo enorme difetto balzava evidente. E la Commissione è stata costretta a rilevarlo. Alcuni servizi hanno carat– tere prevalentemente industriale, altri carattere preva– lentemente politico-sociale; alcuni servizi richiedono investimenti notevoli di capitale; altri richiedono poco fondo di anticipo e di esercizio: alcuni sono soggetti ali' alea del mercato molto pili cli altri servigi, hanno una produttività diversa, un campo di esplicazione vario, una diversa natura tecnica ed economica. E la legge ha un solo formulario per tutti ! Di fronte a questi lamentati inconvenienti la Commissione trova miglior partito di riferirsi ali' art. 173 della Legge co– munale prov., lasciando ai Comuni la facoltà di tenere in economia i servizi poco importanti, e non assogget– tabili ali' organismo ingombrante e costoso presegnalo dalla legge Giolitti. Strana confessione, d'una Commis– sione che corregge i difetti cli una legge nuova sussi– diandola con una vecchia! Ma l'empirismo più piccino inficia la legge, là ove è stabilito che quando non si .tratti di servizi di grande importanza potrà costituirsi un'azienda sola per più ser– vizi (art. 2). Tirando le conseguenze: per non aggravarsi troppo di spese un piccolo Comune affiderà ad un solo direttore tecnico la gestione della farmacia, del forno di paragone e della pubblica nettezza. L'enciclopedia di questi direttori sarà ridicola come lo è l' ecclettismo della legge Giolitti. Uno solo il provvedimento! « È data libertà ai Comuni di adottare pei servizii municipali tutte quelle modificazioni amministrative e di direzione tecnica che crederanno del caso. » Così più libero e più snodato, il Comune potrebbe meglio avviare l'ordinamento delle sue intraprese. Per• chè ostinarsi in questo gretto burocratismo vincolistico della solita legislazione media! 5. La causa tecnica del!' impianto uu111icipale. - Il 1° articolo ciel progetto elenca, in linea esemplificativa. i servizi che l'esperienza prova municipalizzabili. Gio~ litti ne enumera 15, la Commissione li porta a 19. Non sappiamo vedere le ragioni per le quali la Commissione si è indugiata a criticare tutte le ragioni che induçe– vano ad includere o ad escludere questo o quel servi– zio. Con qual diritto, ad esempio, si è escluso il servizio dell'assicurazione contro gl' incendi i, e la municipali;,;. zazione di tanti servizi pri\·ati, che l'esperienza ha acidi– mostrati utilissimi in molti Comuni? L·elenco dell'art. 1° non deve avere che carattere d'indicazione, non de\·e così limitare la facoltà di scelta del Comune. Meglio sarebbe che l'art. 1° contenesse la ragione cli principio della municipalità di tutti i servizii, ogni qualvolta questi si addimostrino più produttivi sotto l'egida collettiYa che nella g-e~tione privata. In realt:.-1. la restrizione c· C nella mente del legislatore, ed è un'altra cagione di paraliz;,;amcnto. nell'attività ciel Comune. Kessuno pre– tende che perchè Gla~row e Chesterfreld hanno fornaci comunali, perchè Olclham ha una sartoria municipale. perchè Liverpool, St. Helens, CC\. hanno latterie muni– cipalinate, perchè Boston e Bettcrsea hanno tipografie proprie, questi casi siano resi tipici esempii. imitabili da tutti i Comuni del mondo! Ma se il Comune di Tortona ha un impianto di irrigazione e Mercato Sa– raceno ha un mulino. significa che amministra;,;ione e comunisti trovano utile quel sistema di gestione. Vordl forse la legge essere così nemica dei fatti da non consentire che si esperimentino clegl' impianti tecnici che - nelle pcculian: com(i::ioni !orali - si acidimostrino in via eccezionale più \·antaggiosi dei normali impianti
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