Il Socialismo - Anno I - n. 17 - 25 ottobre 1902

Rb o IL SOCIALISMO 275 50 milioni, e poi nel 1889 ad 89 milioni. Divenne una necessità finanziaria, dopo quel primo periodo, ricorrere al maggiore aggravio. Le esigenze dello Stato urtavano contro le crescenti esigem~e dei Comuni. Dal 1882 al 1889 le spese effettive cresco:10 con una paurosa velo– citù: da 365 milioni ascendono l>~n presto a 486 mi– lioni. 1 ,:;_: la civiltà che si avanza. ~'la questa civiltà gronda di sudore proletario. L'accanimento fiscale dei Comuni, gareggianti con lo Stato, nel cercare nuove fonti cli entrata per far fronte alla marea montante delle spese comunali, si scontava a danno delle classi inferiori. Su queste vie la rivalità tra il potere centrale e il potere: locale nel– l'esercizio della tassazione scoppia in modo conflagrante. Il punto di pressione economica è superato da molti Comuni : e in molti Comuni il gettito del dazio è già inferiore a quello che si otterrebbe ove fosse ridotta la tariffa daziaria. Il caso di Napoli è in proposito di una suggestiva esemplarità! Lo Stato ha bisogno allora cr intervenire, perchè l'esacerbazione fiscale diviene pericolosa per la causa della conservazione. La limitazione delle sovrimposte operata nel 1886 è una sopraffazione della facoltà tas• &'ltrice dello Stato di fronte alla facoltà comunale. L'istesso Comune, del resto, sfornito dei necessari po• teri, é costretto a comprimere le sue spese. i\la se il contribuente apparentemente viene agevolato, col cli• scarico delle entrate che si venne manifestando dap– poi {da 486 milioni che erano nel 1889 scesero a 468 mi• !ioni nel 1891, e a 442 milioni nel 1895). in realtù, egli soffre ugualmente per il mancato appagamento di moltissimi urgenti bisogni d'ordine comunale. Sotto tal rispetto, anzi, sono incline a credere che il comunista italiano ha perduto di pill per le imposte che 11011. !,a potuto pagare e per la con:,.;eguente deficienza di spese pubbliche, che non per quelle imposte che ha pagato. In moltissimi Comuni del Sud è sconosciuta ogni manifestazione di pubblico servizio. Comuni senza luce, senza fogne, senza servizio di pubblica nettezza se ne contano a non finire tra i settemila Comuni finanzia• riamente minati e indebitati. E ciò perchè lo Stato - pei su0i fini politici, p~I mantenimento dell'esercito, per la sussistenza della enorme macchina burocratica che ha formato - ha già raggiunto la maggior possibile incidenza tributaria relativa alla potenzialità economica del paese. 11 Co– mune intanto è spinto a moltiplicare la sua attività, ad arricchirsi di nuove forme di vita. In questo contrasto tra la crescente vitalità del Comune e la sua perma• nente impotenza, risiede la forza del necessario rimu– tamcnto delle finanze italiane nel senso democratico e centralistico. Giovanni Giolitti - dinanzi al pericolo - è corso alle difese. Ed ha col suo progetto cli legge congegnato un mirabile strumento fiscale per porgere una mano ai Comuni, nel momento in cui il pericolo di cadere nel fallimento irrimediabile avrebbe finito con lo spingerli alla ribellione. La Lega dei Comuni per l'autonomia municipale era un segno foriero di tem– pesta. 6. IL pericolo dei progello. - Nè l'onorevole mi• nistro Giolitti fa un mistero di queste sue vedute fi– scali, malgrado le discettazioni sociali cd economiche a cui si abbandona in parecchi punti della sua rela– zione. Il progetto rivolge tutta la serie di disposizioni ad assicurare ai Comuni l'assorbimento di quegli utili economici che ora sono goduti dal privato capì• tale, e che in seguito :>;)s.;.onovenire in aiuto dei sempre Più pcricotanli bila11ci co11uu1ali. Quì sta il primo peri• colo che si nasconde in questa disposizione, e mi piace aver visto suffragare questa mia veduta da chi ha al- 1 CONIGI.IANI, La riforma dtllt ltg,p· mi lri/mli loenli, p:t.• ginc 23 e segg. o tissima competenza in materia, come il prof. G. Mon– temartini. Egli infatti scrive nel Giornaù: degli econo– misti: 1 « Il progetto parla di utili dell'azienda da de• volversi al bilancio comunale. Qui sta il pericolo mag– giore della legge, date le condizioni delle finanze locali in Italia. - Pensiamo come questi poveri Comuni si precipiteranno con gioia sulle municipalizzazioni, le quali possono diventare metodi nuovi per la riscossione delle imposte indirette». i\la il pericolo non istà tanto, come pensa il Mon– temartini, nell'accrescimento dei mezzi di imposizione indiretta messi a disposizione del Comune, quanto nel– l'accrescimento della facoltà imponibile derivante allo Stato. L'evoluzione naturale e spontanea ciel Comune si manifesterebbe nel senso cli addurre ad un continuo spostamento della attività tassatrice dal potere politico al potere locale. Questa legge giolittiana ostacola tale tendenza. E sotto tal rapporto essa fa i fini delle classi dominanti e dei partiti politici c,,nservatori. Inoltre, siccome questo progelto racchiude il difetto di volere sistematizzare per legge una dellP- più impor– tanti manifestazioni della vita sociale del Comune mo– derno. esso appalesa subito il difetto intervenzionistico di volere irrigidire in prescgnate formule il flusso va– riabile ed adattabile dell'attività varia delle aziende mu– nicipalizzzate. Sorge a tal punto il liberismo ti 01t.– lra11ce a combattere in blocco il progetto giolittiano per ri,·enclicarc alla libera iniziativa e alla valutazione diretta la più ampia sfera cli azione. Ora, se in una critica sommaria e generale è possibile la formulazione d'un concetto di così decisa opposizione, esso non regge pili quando si pensi che il progetto - anche ove non contenesse in sè germi di bene - esprime un 1 esigenza legislativa del potere italiano, e perciò sarà votato. Es– sendo quindi destinato al successo, esso va sottoposto a tutta una critica serena ed attenta, diretta ad evitare che molte delle sue imperfezioni vengano tradotte in articoli di legge. In realtà esso, in quanto agevola la municipalizza– zione mediante l'anticipo del capitale di riscatto da parte delle Casse deposiii e prestiti si presenta come una leva pratica per rendere possibile ai Comuni una riforma che altrimenti sarebbe impossibile, o almeno di estrema difficoltà. · Il pericolo ch'esso accresca i mezzi d'imposizione indiretta del Comune può essere allontanato, ove nel seno del Comune agiscano le poderose forze democra– tiche che si vengono agitando nel paese. Dipenderà infatti dalle lende11:e del partito che possiede l' Ammi– nistrazione, che l'utile della 11w11icipaliz:az::ioue venga rivolto ad avvertire il parassitismo ciel Municipio, op– pure sia rivolto ad un rimutamento del sistema tri• butario locale, sulla base diretta. La maggiore entrata. assicurata al Comune per la via della municipalizzazione, potrebbe spianare alle amministrazioni democratiche le vie per l'abolizione dei dazii comunali, che hanno la loro pressione completamente sul proletariato. Ma è stato osservato 2 che il profitto industriale della pro– cluz;ione municipale è precisamente un' imposta indiretta e di consumo, onde anche in tal caso si tratta di so– i;tituire nuove forme di imposte indirette alle vecchie. Qui la critica è d'una esagerazione palese. Tra i due sistemi inglesi di gestione municipale del servizio, quello della vendita di esso al pubblico al disopra del prezzo di costo, e quello delle vendite al giusto costo di pro– duzione, il Giolitti ha preferito il primo sistema, e, data l'indole da noi delineata del ~uo progetto, non poteva non preferire che il primo. Ma il pericolo grave sta nel legiferare la obbligatorietà del profitto fiscale. 1 G. MON"l'E;<IARTINI, llfrmicipnliz::,a::,ioue dei /mbbliri servizi. - Ciorualt dtgli Eco11omisti, 1902, pag. 252. 2 Vedi Giorualt degli Eeouomisti, 1092, p~gg. 447 e segg.

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