Il Socialismo - Anno I - n. 14-15 - 25 settembre 1902

IL SOCIALISMO 215 5. - I veri pericoli del cosidello nformismo. Disgraziatamente però il facile insuccesso degli scio– peri e la vita stentata delle Leghe non sono i sol i guai che necessariamente nasceranno dal cosidetto riformismo, se cosi si intende la dottrina che pensa essere principal còmpito del Partito socialista in questo momento diri– gere 1:1. lotta economica del proletariato contro il capi– tale. A questo occorre aggiungere due altri guai, forse maggiori: la facile esasperazione delle moltitudini, im– pegnate in lotte impossibili con forze impari; la neces– sità in cui può trovarsi il Partito socialista, per salvare l'onore delle :1rmi in qu este lotte, di ricorrere all'aiuto dello Stato, rip:i.gandolo con concessioni pericolose. So che il Turati ha pili volte biasimato, con una franchezza quasi violenta, le stravaganti impetuosità con cui le moltitudini hanno fatto scioperi impossibili, l'n.buso degli scioperi generali, quel nervosismo da cui sono state prese le masse, in questi anni. So che questa fran– chezza gli è stata rimproverata aspramente - cd hanno, a mio credere, avuto torto - dai suoi avversari e anche da Enrico Ferri; ciò che ha indotto a credere molti - e l'abile dialettica ciel Turati ha sapmo sfruttare l'equi– voco meravigliosamente - che i cosidetti rivoluzionari, anche quelli che. come il Labriola e il Ferri, preferi– vano fare propaganda contro le spese militari o il dazio sul grano, amdchè condurre scioperi, fossero gli autori della frenesia scioperante che imperversa in Italia. Ora la verità è proprio l'opposto. La convulsa agitazione in cui vivono le masse, e le stravaganze che hanno commesse, sono la conseguenza necessaria, per quanto non voluta, anzi detestata dai riformisti, del cosidetto riformismo, che ha incoraggiato, proclamandolo come un rinascimento popolare, l'organizzazione economica del proletariato e la lotta puramente economica contro il capitale, in un paese, rinserrato come eia montagne insormontabili, da tariffe protettive e da imposte inve~ rosimili; nel quale perciò l'aumento della ricchezza è Ientissimo e la lotta economica contro il capitale ha poche probabilità di successo. La violenza esasperata è la naturale reazione di ogni essere debole alle prese, in una lotta impossibile, con un nemico più forte; e se in Italia si vogliono evitare le tragedie di Candela e gli scioperi generali, bisogna persuadere il popolo che i suoi mali derivano nel presente molto meno dallo sfruttamento capitalistico che dal viziato o rdinamen to dello Stato; e che perciò gli è necessario lascia.re in pace per il momento i capitalisti e volgersi contro il sistema fiscale, la politica militarista e gli altri malanni politici. Sotto questo rispetto io trovo che più prudente di molti riformisti è stato Enrico Ferri, il quale si è occupato pochissimo di scioperi ed è andato invece a far capir bene all'Italia meridionaie che cos..1. signifi– chino le spese militari. Pili pericolosa ancora io considero la necessità. in cui cosi spesso si trova ormai il Partito socialista 1 di ricorrere, per supplire alla scarsezza delle forze prole– tarie nella lotta economica contro il capitale, all'aiuto incerto, malfido, usuraio, non mai disinteressato dello Stato. Le Camere cli lavoro, a corto di quattrini, quando vedono che alle Conferenze a pagamento vien poca gente, che cosa fanno? Domandano un sussidio al Mu– nicipio; vale a dire, che invece di sforzarsi di vivere per forza propria, senz 1 altro vincolo che quello ciel pro– prio dovere verso coloro di cui curano gli interessi. debbono correre le alee della politica, servire nei su oi fini e nelle sue tattiche mutevoli un Partito, che s. .1.rà adesso il socialista, ma che potrebbe anche essere un altro, il giorno in cui gli eventi ponessero il dilemma tra una abiura e la morte. Peggio ancora negli scioperi. Nei quali, quando il successo ostinata.mente aspettato nella lunga resistenza di settimnne vien meno, e il coraggio cade, la capi- tolazione apparisce necessaria, si tenta di ottenere al– meno qualche COSc:'l, una soddisfazione morale, mettendo di mezzo i prefetti, facendo ,·enir da Roma ispettori del Ministero del!' interno, cercande1 di impressionare l'opinione pubblica con scioperi generali. Quante volte a 'forino, nelle giornate dello sciopero dei gassisti, si udì ripetere: Ah se avessimo nelle mani il Municipio! L'agitazione dei ferrovieri è l'esempio migliore. Ad una lotta così grande ed ardua contro il capitale, il perso– nale non era preparato e difatti le Compagnie se ne spaventarono poco; tuttavia gli ultimafums furono lan– ciati, spaventarono il pubblico, impressionarono il Go– verno e indussero questo ad intervenire. Gli impiegati hanno ottenuto qualche cosa, non dal Governo, non dai capitalisti, che 11011 furono, nella lotta,. vinti, ma vin– citori: e se concessero qualche cosa per preghiera del Governo, ne ebbero compensi, prezioso tra tutti lari– nunzia del Governo all'appello contro la sente1w,a degli arbitri nella questione dell'organico. Che pili? Impegnatisi in una lotta per il rialzo dei salari, che la scarsezza del capitale e la abbondanza dei disoccupati rendono quasi impossibile, molti socia– listi senza avvedersene piegano addirittura verso vaghi concetti che non potrebbero essere formulati con pre– cisione, se non nella proposta di corporazioni privi– legiate e di leggi sul salario, simili a quelle che esi– stevano in tutta Europa prima della rivoluzione francese. Lo sciopero - mi par evidente - presuppone la li– bertà così negli operai come nei capitalisti di dibattere il prezzo del lavoro, padrone ognuno di accettare o rifiutare. Ma questa libertà del lavoro, che è provvi– denziale agli operai nei tempi di ricchezza crescente. quando gli scioperi sono facili, diventa utile al capi– talista, nei tempi magri, come il presente, in cui i di– soccupati abbondano e il lavoro scarseggia; onde ecco i socialisti protestare in termini vaghi e violenti contro la libertà del lavoro. Ritaglio da un articolo del Tonpo del J 2 ~ettem bre : la /ibtrlà di lavoro è formu/11 cht urla co11troquesla 11u07•a tlicd cht ii proltlarialo tduca e matura a si stesso ro11 lt proprie IN11t11clie; è formula che più non basta a contenere il nuovo di– ritto in formazione e sospinge, :-tppunto perchè formula malm·::itn dnlla classe borghese quando il prolet!l.riiitoera nulla :incor.t come potenza politic!l. e soci !l.le , il contributo che i lavor.ttori :issurti a questo grndo, vogliono porb.re al patrimonio giuridico dell'um:mit~ che erta, controlla e modifica i rapporti che la reggono. E' natumle che 1':t.SCensione di nuove classi debba rompere le barriere di pri• vilegi che le altre eressero a propria difesa. Ma t! questo il pro– cesso tendenziale della democrazia, è questo il procei,:so della so– cialiu:a%ionedelle guarentigie giuridiche dell'esistenza. Siamo dunque intesi. Constatando il fatto che le classi sociali sono in conflitto (r:'l loro e si form:mo ciascuna un ideale sociale conforme ai propri interessi d.:i.lpunto di vist.:i.operaio, è ovvio che debba.si forc ogni sforzo per sfahare, per Sfrtditart questo dirill" alla li/Jtrla di lra– dtre i propri co111pag11i, per renderlo sovra.tutto con lo spirito SO• lidale prntic.:i.mcntesterile, fnnzion:tlmente inerte. Si cle"c cioè-fare in modo che nello stringere il contratto di la\•oro il c.:i.pitali1-ta e il lavoratore si sentano non solo in astrntlo, ma in rc.-iltà cgu:1li l'uno di fronte nll':tltro, e ii primo mm possa. co11tarr.sulla mnssn ammù11t1d<'gli aj}i1111ali. Desidererei che l'amico Treves mi spiegasse come si potrebbe << scalzare il diritto dei disoccupati alla li– bertà di tradire i proprii l'Ompagni; » come si po– trebbe far sì che il capitalista « non possa contare sulla massa anonima degli affamati». Queste o sono vaghe frasi senza significato preciso; o alludono alla neces– sità cli ristabilire le antiche corporazioni privilegiate e I:\ legislazione coatti,·a di salari, così ca1a ni ministri della regina Elisabetta d'Inghilterra. i quali pure 11011 cr:mo sorinlisli ! A simili assurdità è spinto un partito. quando si pone in una situazione impossibile.

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