Il Socialismo - Anno I - n. 13 - 25 luglio 1902
IL SOCIALISMO 197 prannaturale, che fa nascere il mondo con atti di crea- 1.ione; dati' altro - e con ciò esse piacevano maggior– mente alla borghesia - esse dichiaravano ogni rivolu– zione, ogni catastrofe come qualche cosa d'innaturale, che contraddiceva alle leggi della Natura, e quindi anche d'irragionevole. Chi oggi vuol combattere scientificamente la rivo– luzione, lo fa in nome della teoria naturalistica dell'e– voluzione, la quale dimostri che la natura non cono– sca salti, che sia impossibile ogni cangiamento improv– viso dei rapporti sociali, che il progresso non possa avvenire se non per via di piccolissimi cangiamenti e miglioramenti, chiamati nella società riforme sociali. Considerata da questo punto di vista la rivoluzione è un concetto antiscientifico, sul quale non fanno ancora che disdegnosamente alzar le spalle persone scientifi– camente colte. A ciò si potrebbe obbiettare che non si possono egua– gliare tra loro senz'altro processi sociali e processi na– turali. Certo incoscientemente, come abbiamo visto dianzi, il nostro concetto degli uni influenzerà anche gli altri, ma ciò non è un vantaggio, e noi non dob– biamo favorire coscientemente, ma piuttosto limitare, ogni diretto trasferimento cli leggi da un campo all'altro. Certo ogni progresso· nei metodi cli osservazione e nella cognizione sopra un campo favorirà anche i no– stri metodi e le nostre cognizioni sull'altro campo, ma è altrettanto certo che ognuno di questi campi è anche sottoposto a leggi proprie che non hanno valore per l'altro. Già si deve rigorosamente separare la natura ina– nimata dalla naturn vivificata e a nessuno verrà in mente di voler trasferire, sopra semplici analogie este– riori, senz 1 altro sopra un campo, una legg~ che vale per un altro di questi campi: di voler risolvere, per esem– pio i problemi della propagazione sessuale e della eredità semplicemente con l'applicazione delle leggi delle com– binazioni chimiche. Ma lo stesso errore si commette quando si applicano direttamente alla società leggi na– turali, quando per esempio, si dichiara la concorrenza una necessità naturale riportandosi alla lotta per l'esi– stenza, o quando dalle leggi dell'evoluzione naturale se ne voglia dedurre la rigettabilità o l' impossibilità della rivoluzione sociale. E si potrebbe ancora obiettare. Sebbene non siano più ammesse nella scienza naturale le vechie teorie ca-• tastrofiche, nondimeno trovano sempre più forte con– traddizione anche le nuove teorie, che fanno avvenire l'evoluzione soltanto con l'accumulazione di picco– lissimi impercettibili cangiamenti. Da un lato cresce la propensione alle teorie quietistiche e conservatrici, che riducono anche l'evoluzione ad una misura minima ma daU'altro i fatti costringono a concedere di nuovo alle catastrofi un posto maggiore nella evoluzione na– turale. Ciò vale tanto delle teorie di Lyell per la evo– luzione geologica quanto di quelle di Darwin per la evoluzione organica. Interviene una specie cli sintesi delle vecchie teorie catastrofiche con le recenti teorie dell'evoluzione, analo– gamente alla sintesi che esse hanno trovato nel marxismo. Come questo distingue tra lenta evoluzione econo– mica e rapida trasformazione della sovrastruttura giuri– dica e politica; così molte recenti teorie biologiche e geologiche, allato alla lenta accumulazione di piccoli e piccolissimi cangiamenti, riconoscono anche improvvisi, grandi cangiamenti di forma, catastrofi, che emanano dai primi. Un notevole esempio di questa specie sono le os– servazioni che comunicò De Bries all'ultimo congresso dei naturalisti in Amburgo. Egli avea trovato che le specie• delle piante e degli animali rimangono lungo tempo immutate; 1~ une finalmente periscono quando sono divenute troppo vecchie e non bastano più ai rap- B b o e G no a e porti di vita che si sono cangiati nel frattempo. Altre specie sono più fortunate, esplodono improvvisamente come si esprime egli stesso, per dar vita a numerose nuove forme, delle quali alcune si affermano e si au• mentano, altre che non corrispondono alle condizioni della vita, periscono. . .. lo non ho l'intenzione di trarre da queste nuove osservazioni una deduzione a favore della rivoluzione: ciò significherebbe cadere nello stesso errore di quelli che dalla teoria dell'evoluzione derivano la condanna della rivoluzione. Ma le menzionate osservazioni pro– vano almeno, che i naturalisti stessi non sono d'acM corda sulla funzione delle catastrofi nella evoluzione della terra e degli organismi; che quindi già per que– sta ragione sarebbe errato voler trarre da qualsiasi delle loro ipotesi, inconsiderate deduzioni sulla funzione della rivoluzione nella evoluzione sociale. Ma se ciò nonostante si vuol farlo, noi possiamo presentare un esempio molto popolare generalmente noto il quale prova evidentemente che anche la natura fa salti: alludo al processo della nascita. L'atto della na– scita è un salto. In un colpo il feto - che è una parte dell'organismo materno, ne divide la circolazione del sangue, è nutrito da esso, non ha respirazione propria - diviene ora un essere umano indipendente con propria circolazione del sangue, che ..respira e grida, riceve e segrega il suo proprio nutrimento con l'intestino proprio. Ma l'analogia tra nascita e rivoluzione non si ri– ferisce soltanto alla subitaneità del processo. Se noi esaminiamo la cosa più da vicino, troviamo che questa subitanea trasformazione nella nascita è li– mitata alle funzioni. Gli organi non si sviluppano se non lentamente e solo ad una certa altezza della evoluzione diviene pOS· sibile quel salto, che compie improvvisamente le sue nuove funzioni. Se il salto viene prima che sia raggiunta queM sealtezza deWevoluzione, il risultato non è il principio di nuove funzioni degli organi, ma la cessazione di tutte le funzioni, la morte del precoce neonato. D'altra parte per quanto a lungo si possa potrarre nell'utèro materno la lenta evoluzione degli organi, essi non potrebbero incominciar mai le loro nuove funzioni senza l'atto rivoluzionario della nascita. Ad una certa altezza della evoluzione degli organi quest'atto diviene inevitabile. Lo stesso noi troviamo nella società. Anche qui le rivoluzioni sono risultato di lente, graduali evolu– zioni. Anche qui sono gli organi sociali che si svilup• pano lentamente. Ciò che può essere cangiato improv– visamente, con un colpo, rivoluzionariamente, sono le loro funzioni. La strada ferrata non si è sviluppata se non lenta– mente. Si può invece trasformare con un colpo una strada ferrata da un'intrapresa funzionante capitalisti– camente, con lo scopo di arricchire un numero di ca– pitalisti, in una intrapresa funzionante socialisticamente, servente esclusivamente al bene comune. E come nella nascita tutte le funzioni del neonato - circolazione del sangue, respirazione, digestione - sono rivoluzionate, cosi devono essere rivoluzionate contemporaneamente tutte le funzioni della strada fer– rata, pcrchè esse sono tutte intimamente connesse tra loro. Non si péssono socializzare queste funzioni un poco per volta, l'una dopo l'altra: per es., oggi le funzioni ciel conduttore della locomotiva e del fuo– chista, alcuni anni dopo quelle dei guardiani delle strade, dopo altro tempo ancora quelle del cassiere, del contabile, ecc. Ciò è chiaro in una strada ferrata: ma non meno assurda della graduale socializzazione delle diverse funzioni di una strada ferrata sarebbe
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