Il Socialismo - Anno I - n. 6 - 10 maggio 1902
Il. SOCIALIS!>IO vantaggi in base a leggi cli valutazione che partono dal mutato rapporto che ha il lavoratore nella sua fabbrica, ecco due forme non antitetiche del verificarsi pratico degli scopi egual i tari del socia Iismo. ·è regge meglio alla critica l'altra osservazione in base alla quale si vorrebbe far coincidere il principio delle cooperative con quello capitalistico: cioè a dire l'identità delle forme distribuitive del prodotto. E' evi– dente che l'una e l'altra forma produttiva si basano in definitiva sulle stesse leggi egoi~tiche cieli' uomo econo- 111ico. Ma mentre nel sistema capitalistico l'òi ha un con– flitto di egoismi, nella organizzazione cooperativistica ~i attua invece, e sempre più, la solidarietà di essi. L'er– rore di scambiare come una legge contrapponibile allo egoismo quella della solidarietà del resto, non riguarda il socialismo teorico ora prevalente, che prescinde da queste valutazioni morali dello spirito umano. La constatazione che le principali forme distributive della ricchezza permangono anche in un sistema coope• rativo, non prova che esso non costituisca un principio di ripartizione opposto a quello ora vigente. Tutt'al con• trario la distribuzione della ricchezza serba bensì il suo carattere automatico e spontaneo, ma invece di por capo al capitalista•imprenditore, pone capo all'istesso risul• lato obbiettivo della produzione. f:: vecchia la disputa se sia il capitalista che anticipi il salario, oppure sia il lavoratore che anticipi il prodotto al capitalista. Ì\el i-;istema cooperativistico cessando la funzione parassitaria di un capitalista speculatore, il salario, ove permanga, è un anticipo che il lavoratore fa a sè 5tes!:iOsugli utili finali. L'estensione del principio cooperatore come fun• zione pratica della società, mette sempre pili il pro– cesso produttivo in condizioni soànti, e rende quindi cumulabile il salario col profitto sotto forma di divi• <lendo finale. L' impossibilità in cui si trova attualmente il lavoratore di anticipare i mezzi di sussii-;tenza durante il processo dì lavoro, cade, specialmente se le corri• spondenti cooperative di consumo si informano a prin• cipi cli credito verso i cooperatori produttori. Per ciò che riguarda poi il profitto, esso diviene una mera partita contabile, esp1·imendo esso il prodotto netto ove il salario venga calcolato fra le spese di pro• duzione. 11 \Vieser, nel suo trattato sul Valore 11nlurale, ha inteso di provare come anche in una Società comu• nistica non sarebbe possibile presC"indere dal profitto. che è l'indice appunto del modo quantitativo secondo cui deve essere distribuito il lavoro e il capitale nei vari impieghi. Nel caso della cooperativa generalizzata. il profitto essendo goduto egualitariamente dai coope– ratori, funziona precisamente come regotntore della di• stribuzione e della produzione. Lo Stato non interviene: del resto la concezione di quel socialismo statale che vuol 1·endere l'ente collettivo direttore di tutta la pro– duzione sociale e distributore del prodotto generale. non soltanto si va appalesando in contraddizione coi principi della scienza economica. ma assai pili con la concezione del socialismo democratico, che nella socia• lizzazione non vede una statizzazione, ma una gestione colletti-va da parte della libera associazione dei lm·o· ratori. Appare dunque evidente che il cooperativismo. ben lungi dall'essere un indirizzo antisocialista, prepara le condizioni sociali nelle quali la classe lavoratrice potrà rendere di suo dominio la massa dei mezzi di pro– duzione. Cadute le obbiezioni fondamentali contro il coope· rativismo, ne restano altre di ordine accidentale e un'al• tra di ordine generale. Fra le obbiezioni incidentali ricordiamo il modo di considerare. il cooperativismo come un espediente cm• o ec G ir o B1ancc pirico. 1 Ora il socialismo è realizzabile appunto perchè empirico, cioè in quanto discende dalla volgare tcn• denza egoistica dell'uomo. Le vecchie ideologie socia. liste fanno cattiva prova al cimento della realtà econo. mica. Il fatto che al cooperativismo abbi4no portato il loro apostolato convinto economisti che sono dei conservnt01·i in politica (Gicle, Jones, Rabbeno, ecc.), prova ancora una volta come al disopra dei preconcetti di partito, le condizioni obbiettive stesse della società vanno preparando la solidarietà economica e l'ugua• glianza distributiva. .!\ila l'atteggiamento cliflldente del socialismo tradizio• nale di fronte al cooperativismo nasce da una consi• derazione d'indole generale. li socialismo teorico si fonda sul presupposto dello antagonismo fra capitale e lavoro, il quale riflette nella composizione sociale una lotta di classe, nel cui svol• gimento, appunto. risiede lo sviluppo delle forze ri,1110• vatrici della società. E il cooperativismo, presso i suoi dottrinari, invece non ~oltanto prescinde dalla lotta di classe, ma tende a negarla mostrando la conciliabilità dei due fattori ora antagoni~tici. Sotto tale forma esso viene combattuto dai teorici socialisti. In realtà, altro è la dottrina cooperativistica, altro C la pratica cooperativa. Combattuta la teoria. noi pos– siamo ritenerne la pratica, ove riusciamo a inquadrare l'azione as~ociazionistica entro le lince generali della concezione socialista. Che la dottrina dcli~~cooperazione i-;ia fallace. si mostra evidente: 1" dal prescindere che essa fa dalla « lotta di classe>> che è il fenomeno innegabile della produzione odierna: 2° dalla mancan~a di una veduta larga e gem:ralc che permetta di precisare la tendenza della evoluzione sociale. 11 Pareto, nel suo Cours d'àonomie polilique, ha provato, con le equazioni dell'equilibrio economico, come la produzione socializzata dallo Stato riesca alle medesime conseguenze cui adduce la concorrenza inte– grale. Se dunque l'identità delle leggi economiche è palese fra il collettivismo e il capitalismo, e pertanto nessuno mette in dubbio il diverso effetto di giustizia dei due si~temi. allo stesso modo l'adesione dei con– servatori al concetto coopcrati,·ii-;tìco non deve spa– ventare. I.a cooperativa, ben lungi dall'esser un istituto ripa– nuore e <'Onservatore del sistema attuale di economia, può e deve divenire un mezzo rivoluzìonario nelle inani del 1wolctariato, come pro,·a l'esempio del Belgio.• 1.'organizzazione proletaria viene rappresentata nel duplice ritmo della resistenza e della cooperativa. Se• nonchè mentre la resistenza, ponendo la massa 1:n-o– ratrice contro l'imprenditore, tende a scuotere le ba5i attuali dell'ordinamento economico, l'altra forma invece resta come staccata da tale ordine del mo,·imento pro~ letario. Fintantochè la integrazione teorica fra queste due forme, condotta secondo i principi prossimi del ~ocia• lismo, non è compiut<t, il principio cooperatore incon– trerà diffidenze ed o~tacoli nel campo socialista. Eppure questa integrazione dottrinale, è tanto on·ia quanto è necessaria. I.a lotta di classe. non è già una ipotesi, una cate– goria logica, un principio per sè stante. Essa in tanto ha base scientifica in quanto concorda con le leggi della scienza economica. Cna ddlc obbiezioni c:i.pit:lli che in questo lcrrcno :-i fa al cooperntivi.')mO è \' impossibilità dcli:\ su:\ :tUu:udonc. E' d:t osscr– V:lrc invece che tco110111ictwunlr' il decrescere del valore degli stru– menti di bvoro e lu11ù·,11110J/e il SO:-Lituirsidelb for.1.aidro-elettrica, di su~ natura divisihi\issim:t nelle applic;tzioni, spi;\J\:"1110 l:\ via :di:\ pratica proletaria del coopcmtivismo.
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