Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 23 - 15 dicembre 1909

RIVISTA POPOLARE 633 Gli amori di GiuseppeMazzini (r) Giuseppe Mazzini non fu soltanto un cospiratore, un grande cospiratore; fu anche un grande conquistatore d'animc. Già, tutti i grandi, tutti coloro che portano in sé la fiaccola del genio, la visione delle cose grandi e belle, sono o furono apostoli indefessi ed amorosi : irradia dalla loro persona come dal loro cuore una luce che penetra e pervade uon solo coloro che essi avvicinano mà anche coloro che da lontano , o dopo la loro scomparsa ne scrutano lo spirito attraverso le loro opere o le vicende della loro vita. Vivi o defunti, essi hanno il potere di legare al loro carro gli uomini, di dar loro le proprie idee, di comunicar loro la propria fede, di commuoverli, d' es9ltarli, di spingerli sino al martirio. E' u·n fascino che sprigionandosi dalla loro persona, dalla loro anima, investe e soggioga la persona e l' anima degli altri , felici costoro se anche per un solo giorno per una sola ora possono vivere della vita del loro dominatore, dello spirito del loro maestro. Giuseppe Mazzini fu uno di codesti dominatori. - Egli, che tante anime soggiogò, fu , per altro, il figlio dei suoi tempi. Nato in un paese da secoli diviso e servo, egli, come tanti altri suoi compatriotti, pensò di renderlo libero ed uno : liberò, perchè soltanto nella libertà può esercitarsi il diritto, uno, perchè la divisione è stata sempre cagione di deb.olezza e di schiavitù: e questo suo concetto, che fu enche quello di tut,ta la sua vita, cercò di attuare, se non sempre opportunamente, sempre con fede ardente, con attività instancabile,· cou abnegazione sublime. L3 sua natura era quella d'un apostolo. Egli diceva: « Che cos'è questa vita se non è consacrata a una idea? Io mi ammezzcri subito se non l'avessi>>. Ma questa sua fede nell'avvenire glorioso della sua patria, questa sua lotta più che quarantenne per raggiungere il suo ideale - una lotta ove più d' una volta ebbe a lasciare brani dcll' anima sua , come più d' un apostolo suo vi lasciò la vita - non sarebbe bastata a fare di lui un soggiogatore o un pescatore - ci si passi la frase biblica - d'anime , se non fosse stato nello stesso tempo un romantico, forse i! più grande dei romantici dell'età sua, la quale, sia nella giovinezza, sia nel meriggio della vita di lui, vide fìorire tanti e tanti romantici. Però non tutti hanno rilevato questo lato dal carattere del - g_rande genovese, o se pure alcuni pochi l' hanno nlevato, non hanno dato ad esso il suo vero e giusto valore. Quest'ultimi hanno giudicato quasi parte secondaria, non necessaria, ma primissima, del carattere del Mazzini, una specie d'atteggiamento pel suo carattere, uno stato d'animo in lui sviluppatosi al contatto della tendenza generale dello spirito umano. Per costoro, o par quasi tutti costoro il Mazzini sarebbe stato il Mazzini quale ora _ci è proiettato, nella sua radiosa fìgura, della stona , anche se fosse stato un classico. Non lo crediamo perché il Mazzini fu romantico nell'anima prima d'essere romantico negli scritti. Fu romantico perché obbedì al suo temperamento , perché (I) Dì Emilio del Cerro uscirà tra poco un interessante libro: Giuseppe Manini e Giuditta Sidoli. (Torino, Società editrice nazionale). Siamo lieti di potl:!re pubblicare col pi;r - messo dell'Autore, che ringraziamo vivamente, il Proemio. Noi siamo di sccordo coll'egregio signor Del Ct!rro nt:I ritenere che non si menoma di una linea la figura gigantesca di Mazzini ctimostrando che egli era uomo intero e vero; e tale non sarebbe stato se non avesse sentito il palpito ineffabile per una donna, ch'era, del resto, degna di ~ssere amata da lui. La Dire 1 ione nella letteratura romantica trovò quasi rispecchiata l'anima sua. Un Mazzini classico nelle opere e nel temperamento, cioè privo di quella abbondante ed invadente emotività - una emotività quasi morbosa - che fu la vera essenza del romanticismo, non sarebbe stato che uno di quei tanti cospiratori di cui l'Italia non fu povera. Sarebbe passato come un solitario, rispettato da molti , amato da pochi. Il suo fascino non sarebbe andato al di là della modesta cerchia d' un cenacolo d' amici eletti o di quella un poco più vasta d' nna congrega segreta. Un Mazzini dall'anima fredda, calcolatrice discendente spiritualmente, in linea retta dal Machiavelli o in comunione d'idee e di tendenze demolitrici, scettiche coi fìlosofì e con gli esprits forts del secolo XVIII, non avrebbe soggiogato mai le anime dei suoi compatriotti, non avrebbe spinto sino al martirio la gioventù del suo paese. Non Jacopo Ruffini si sareabe suicidato in prigione, nè i fratelli Bandiera e i loro eroici compagni sarebbero andati lietamente, incontro alle palle del Borbone di Napoli, se un riflesso di quella fede cieca che animava il genovese non fosse penetrata nei loro cuori, se nel loro capo , nel loro maestro, avessero visto soltanto il cospiratore, non l'apostolo soggiogatore, Imperocchè questo suo potere di conquistatore di anime, il Mazzini non lo trasse che dal suo stesso temperamento di poeta, di sognatore d!.eterno inseguitore di fantesmi, d'idealità, sempre alte, ma quasi sempre irraggiungibili o difficilmente raggiungibili: e fu romantico, non perchè il romanticismo fosse la scuola letteraria imperante dei suoi tempi ma percfié il suo carattere fu per eccellenza, romantico materiato sopratutto di sensibilità squisita quasi muliebre e d'immaginazione fervida, traboccante, perdentesi spesso fra le nubi, fra l' indeterminato, i sogni, le chimere: il che, al postutto, insieme ad una certa ostilità per la forma corretta nitida, degli aurei scritttori di Grecia e di Roma, costituiva l'essenza della nuova scuola. Egli, il Mazzini, amò sin da giovinetto il Goethe, lo Schiller, il Byron , il Foscolo - il Foscolo sopratutto delle Ultime Lettere di Jacopo Ortis,- venerò Guglielmo Shakespeare non perchè si fosse imbrancato per spirito di novità fra coloro che destavano l'indignazione di Vincenzo Monti, ma perchè, in verità, il suo temperamento era romantico. Nell'anima sua vagolava quella di Werter, fremeva quella dell'Ortis, sognava quella del marchese di Posa s'agitava quella di Manfredo, gemeva quella di Romeo. Egli non credeva sol:tanto alle cose a cui il suo occhio e la sua mente sapevano assegnare una spiegazione, ma credéva anche a quelle che solo nella fede trovano il loro fondamento. Fu, difafti, mistico, come molti, se non quasi tutti i rsmantici del suo tempo, con questa differenza però: mentre per parecchi di costoro il misticismo non fu che uno stato d'animo diremmo quasi preso in prestìto in omaggio alla moda del giorno, per lui fu uno stato naturale, fu mistico non perchè scimiottasse il Lamennais delle Paro/es d'un croyant, ma perchè realmente egli credeva a quella specie di comunicazione che esiste fra l'anima dell' uomo e l'anima dell'umanità, fra le cose terrene e le celesti fra il visibile e l'invisibile. Egli sentiva in sè qualche cosa di rniJterioso, una voce che lo spingeva a fare. « La storia del mio interno - scriveva a sua madre - è d' una certa necessità prepotente, inesplicabile a me stesso, direttrice di tutte le mie azioni e avente natura di stimolo religioso cui, quando lo sento, mi pare un delitto non credere; rimarrà un segreto per tutti, perchè nè io so spiegarlo, nè altri lo intenderebbe ». E un'altra volta scriveva : « Il segreta tra me e Dio ,.

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