Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno Xv - n. 20 - 31 ottobre 1909

RIVISTA POPOLARE 551 del valore morale e civile dell'opera propria , m un altro notissimo sonetto dell'Astigiano, in cni la commossa e altera fant,asia di lui immagi na, augurando, che gli italiani redivivi scendano in campo contro quelli che Egli reputava i nostri maggiori nemici, i Francesi, e abbiano a fianco, com' ardenti sproni, la loro antica virtù e i suoi carmi. E allora egli si esalta al pensiero e ode salir fino a sè quasi un inno riconoscente del popolo suo risorto : . . . ._... " O Vate nostro, in pravi Secoli nato, e·ppur create hai queste Sublimi età ohe profetando andavi "· Oltre che un testamento politico, come ben fn detto, e un santissimo voto, questo sonetto è forse l'affermazione più ardita e più consapevole dell'onnipotenza del genio artistitco; lo stesso Dante non ebbe, parm1, un cos} alto sentimento dell'opera sua. Noi riconosciamo bene in quella chiusa il poeta che Ugo Foscolo vide errar muto su la riva deserta dell'Arno, con sul volto Il pallor della morte e la speranza ; il poeta che Giovanni Prati vide g11.loppante sopra destrieri ardenti, Novo tribun d'Italia, Col suo gran fato in oor; el poeta che Giosue Carducci vide scender com'aquila 6 gridare: - Italia, ItnJia ! - E il popolo dei morti Surse cantando a chiedere la guerra ..... Al vulgo sciocco, cni accennava già l'Alfieri, insegnò anche il cantore di Satana che fosse il poeta, in quella nervosa, agile, bellissima ode, al cui rapido met1o, avvezzo alle tenni e squisite eleganze della scuola ronsardlana e del nostro Chiabrera, egli affidò un contenuto nuovo e forte di pen::iiero. Già intorno ali' ufficio del pneta civile, cosi , fin dal 1862, il Carducci avea scritto : e Il poeta è come il feciale sacro e inviolabile del progresso. Egli intima le gnerre e santifica le paci e le alleanze; egli domanda ai forti e agli oppressori il risarcimento del diritto violato; assegna il t-:,mpo utile a ciò, e, quello spirat,o, manda sui venti il suo oanto di sfida ..... E quel canto risuona in ogni parte, congregando gli alleati e gli amici, annunziando agli avvers1:iri la pugna ... > ( Opere , V, 30 ). Nell ode riprende la glorificazione :della poesia, con una moasa che vuol esser di scherzo ed è di scherno. Il poeta - Egli dice - non è già un ozioso buffone o un servi! cortigiano che allegri le mense altrui con i suoi lazzi ; non è un perdigiorno che se ne vada errando per le vie col naso sempre a l'aria, in cerca forse di schiere d'angeli che son poi stormi di rondoni, dimenticc dei doveri che la vita impone all'uomo e al cittadino; non è un giardiniere che tutto intento all'utile proprio, educa viole nel giardino e cavolfiori nell'orto. No, il poeta è un grande artiere che con i ferrei muscoli, adusati al lavoro, doma, nella festa della sonora officina, su l'incudine, il metallo fiammante e lo foggia in opere d'arte. Dio arride all'opera sua, mentr' egli fonde nelle fiamme ardenti le memorie e le glorie , il passato e l'avvenire. Picchia e canta; il sole illumina la sua fronte e l'opera rude - ed ecco uscire dalla sua mano industre inni alla libertà, alla vittoria , alla bellezza e canti religiosi, conviviali, civili. Per sè il povero manuale non chiede nulla: solo si foggia un aureo str~le e lo scaglia contro il sole - e lo gnarda salire e risplendere, come i suoi sogni d'arte e di bellezza, contento : Per sè il pover manuale Fa uno strale D' oro, e il lancia contro 'l sola: Guarda come in alto ascenda E risplenda, Guarda e g0de, e più non vuole . Ove si voglia. rinvenire dei precedenti non rimoti a 11nacosì calda e vibrante esaltazione della poesia, non c' è che da ripensare, tra noi, ai Sepolcri foscoliani e, fuori di noi, alla Defence of Poetry dello Shelley, dove, tra l'altro, si dice (Ediz. Cook, par. 5) che i poeti sono « gli autori del linguaggio e della mnsica, della danza e dell'architetturP. della scultura e della pittur~ ..... i legi9latori e i fondatori della società civile, gli inventori delle arti della vita>. Eppure, curioso a dirdi, l'anno innanzi eh' Ei con0episse quel santissimo voto e det.tasse quel testamento politico, onde s'è discorso più addietro e in cui è tanto sicura con Ra pevolezza dell'immortale contenuto dell'opern sua di scrittore e, specialmente, di poetP., Vittorio Alfieri aveva qnasi rinnegato, in nome delle teorie sensistiche prevalenti nella filosofia del secolo XVIII, il valore dell'arte in llll cnnetto del 1794, che n0u tni pare sia tra i suoi più noti. - S' anche tu vi vessi mille anni - Egli si d1ee - non vedresti altro mai che cose viste e riviste fino alla sazietà. Studia pure, RAcolta,pensa, inventa, scrivi; non ti sarà mai dato d'aRsorgere « oltre !'nomo » e la materifl. Le e cagioni di Natura> o sono chiuse dentro ad alti ed oscuri principii o si appelesano per via di principii volgari a chi paziJntemente le inse/!ua. Ma a che giova sa pere ciò che t11tti pos~ono apprendere ? A che giova creare, se, creando, non fai che imitare ? Meglio è morire il giorno che, tentati invano i misteri dell'essere e invano addentrati « gli occhi arditi » rn~lle future infelicità, ti sarai accorto d'essere ancor « cieco »: Muori: ei n'è tempo il dì, ohe indarno arditi GH occhi addentrando nei futuri lutti, Cieco esser senti, e d'esserlo t'irriti. Questa chiusa mostra - com'altri ha ben osservato - che meglio che alla filosofia del Locke, il sonetto si ispira a una tal quale stanchezza degli uomini e delle cose, quasi a un vago senso di pessimismo preleopardiano, non raro, nè strano in Vittorio Alfieri, anima, se altra mai, esposta a tntti i 2inochi del rentimento. Ma chi non ripensa, tosto, a Giosuè Card11cci, anche qllf1sta volta? Ho io, infatti, bisogno di richiRmare alla memoria dei lettori quel soave Idillio ma,remmano, dov'è cosi intenso e vero il desiderio di posar una volta dai e tumulti oziosi• dPl pensiero, di obliare, nell'opera, l'enorme mistero delt'universo, invano perseguito colle ragioni dell' arte, e vivere una vita forte del lavoro muscolare, in mezzo alla natura grande e santa, lungi al tristo viver so0iale? Sognava, in cuor suo, anche questo l'Alfieri? Lasciamo che i due grandi spiriti se lo ridicano tra loro il proprio sogno, nel Limbo luminoso ed alto dei poeti. ERNESTO ANZALONE

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