Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno Xv - n. 20 - 31 ottobre 1909

RIVISTA POPOLARE 549 solo mi preme di dire che nè Dante, nè il Petrarca, liè il Boccaccio (il primo degli arti8ti moderni che dedicasse due c~pitoli d'un libro a difeudere espres~amente la propria :::irte) non par che uscissero, in questo particolar riguardo, dalla cerchia delle idee del loro tempo. Tutti e tre, in f.rndo, forou d'a,vviso che l'ufficio della poesia fosse ben quello di adombrare il reale i:,otto il leggiadro vtlo del la finzione. Ed è duluroso pt-n sare eome due secoli più tardi, quando già da tempo era penetrata nelle menti e nelle coscienze una nuova e più moderna e libera concezione delì' arte, dovesse rirorrere ancora a quel metodo medievale il povero Tas::!O,per salvare le belle e immortali creazioni del suo genio dalle ire del gesuitesimo reazionario. Di fra il sacro furore, onde erano a0ces1 gli animi di tutti per la ridesta antichità, gli Umanisti intravidero e riaffermarono, per prima, qnella funzione etica e civilizzatrice della poesia, che abb1am già vista proclamata da Aristofane e da Orazio. Enea Silvio Piccolomiui, che fu poi papa Pio II, ripigliaudo e ampliando un' idea già messa innanzi prim1eramente dal Petrarca e dal Boccaccio, giunge ad affermare che la poesia non si potrebbe bandire senza recar grave danno alla stessa religione ca,ttolica - chè tutta la Scrittura è pervasa di poeRia e i canti liturgici sono vere e proprie manifestazioni del genio poetico ( Ope1·a, p. 697). Dal fin qui detto risulta chiaro, parmi, che ancora il concetto e il presupposto etico-religioso prevale uella. valutazione dell'opera d'arte. Colui che per il primo, forse, assurse a una concezione del tutto moderna del valore e del significato dell'opera poetic<1., fo Leonardo Bruni. « Ingenium 11ué'tae ;& - egli dice - " admirai·i soleo, rem autem ipsam, quia fictam esse scio, nequaquam attende1·e > - cioè : - Io so che la poesia non è che finzione, quindi non bado al suo contenuto e ammiro solo il genio del poeta, cioè, in altri termini, la pura opera d' arte. - E' l'accenno d'una grande rivoluzione nel campo d0lla critica, la quale tenta, ora per la prima volta, di liberarsi di tutt(\ quanto di convenzionale e di estraneo le era stato imposto nei secoli precedenti, e s'avvia a diventare quel che veramente dev'essere: critica estetica. Rivoluzione tanto più notevole, se si pensa che siamo nel secolo, in cui, mentre da un lato s'instaura il culto dell'antichità classica, riwessa a nuovo nel suo spirito vero, lampeggia, dall'altro, nel terso cielo fiorentino, quell'inconsulto e falò delle vanità > al quale l'anima austera del Savonarola, interprete d'una anacronistica concezione ascetica della vita, si pensò di poter condannare le arti belle - e quindi anche la poesia - come superflue e dannose. Ma questa fu, nè poteva esser altrimenti, una isolata reazione; il Rinascimento, sulla scorta sopratutto della Poetica d' Aristotele, potè pervenire e ad una teoria puramente estetica dell'arte e ad una definitiva giustificazione della poesia. Compito del poeta è, avea detto lo Stagirita, d'imitare il fatto non nella sua attualità effettiva, ma piuttosto nella sua verità ideale. Ot se la poesia è idealizzazione della realtà, non può non essere anche morale . Que8ta è , si può dire, la base della moderna critica estetica e argomento capitalissimo agli ulteriori svolgimenti che le dottrine aristoteliche ebbero nel secolo X VI. Non _Ìtltarò a seguirli, chè mal potrebbe materia sì vasta compre1Jdersi eotrù agli angusti limiti d'un articolo di Rivista. Chi avesse vaghezza di conoscerli, legga il bel libro dello Spingarn, La Critica letteraria nel Rinascimento (Bari 1905), al quale si devono parte degli appunti che precedono. La q11estione potea considerarsi ridolta dopo la smagliante produziune artistica del Rinascimento , in cui il concetto dell'arte, considernta omai solo come creatrice d'ideale bellezza, libera da q ual::1iat1ipreoccupa•· zione che non fosse quella di creare immagini e animare fantasmi, era cosi ampiamente e, spes::m,stupendamente applicato. Ma la questione sul vero e proprio ufficio dell'arte in genere e della poesia in ispecie, ha fatto pur sempre capolino ài tempo in tempo e in tutti i paesi. Noi resteremo in Italia. Era naturale che la letteratura della Rinascenza, in quel suo foggiarsi sugli antiehi modelli , si allontanasse via via dalla immediata visione delle. realtà della vita e s'ispirasse, invece, soltanto a quella idealità estetica, cui s'è accennato. Or, quando una propizia temperie storica si consertò bellamente a una tensione va.ridoe forte degli spiriti, fu posaibile che dall' imitazione classica rigermogliasse tutta una fioritura di geniali creazioni fantastiche e la stessa vita subisse, in parte, il fascino dell'idealità estetica. Nella lettera famosa al Doge di Venezia, l' Ariosto diceva di aver composto l'Orlando « con lunghe vigilie e fatiche , per spasso e ricreazione dei signori e persone d'animo genti le e madonne >. Siamo ai primi decenni del 500 ed ecco l'arte divenuta fine a sè stessa, moventesi da un puro amore del bello, ch'era in tutta la coscienza italiana. L' idealità estetica. domina, in sostanza, nelle teorie poetiche del 600 e del primo 700, pur assumendo, sotto l' inflnenza di diversi fattori che non è qui il caso di analizzare, caratteri alquanto diversi. Quando la reazione cattolica, da un canto, e il venir su di antiche dottrine, da l'altro, ebbero )iù e più allontanata e fatta diversa la realtà contemporanea dal paganesimo delle forme e queste finirono con considerarsi del tutto indipendenti dalla contenenza, allor11 fu inevitabile si facesser strada le aberrazioni del gusto, che s' erano appalesate già sulla fine del 400, crebbero via via nella seconda metà· del 500 e raggiunsero il lor tristo apogeo nel secolo seguente: tipi supremi, dice il N encioni, la facciata del S. Moisè del Tremignone , a Venezia; e le prediche del padre Orchi. Compito, uffic:o, effetto preferito dell'arte, lo stupore ; onde fu e a buon diritto> - conclude il Pauzacchi - < salutato il grande poeta dell'epoca il Marino appunto perchè egli diede insieme la poesia e la poetica del suo tempo. E' del poeta il fin la meraviglia, Chi non sa far stupir, vt\da alla striglia n. Un&. generale stanchezza degli animi e delle coscienze, atteggiatasi a reazione contro il cattivo gusto, originò più tardi il fenomeno dell'Arcadia che vesti

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