Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 19 - 15 ottobre 1909

RIVISTA POPOLARE 523 essi l'hanno già abbandonata col pensiero prima che col corpo; poichè non c' è più una sola famiglia senza qualche suo congiunto emigrato, l'animo loro è dietro a questi conginnti lontani. Se ciò che costituisce nna nazione è il matrimonio dell' nomo colla terra - come dice Rènan - bisogna convenire che il divorzio corporale e spirituale di queste popolazioni dalla patria sia già consumato e qnesto divorzio non può essere privo di carattere politico, parchè esse furono abbeverate sempre d' ingiustizie, di disprezzo, d' infamie, tanto dal patrio Governo, qu&.nto dalle classi dirigenti. Per nascondere la gravità di questo male, e per stornare le relative responsabilità, si ha nn bel dire da alcuni che la nostra emigrazione sia opera di sobillatori interessati. Qualunque sobillazione, anzitutto, non avrebbe presa là dove la materia fos:ie sorda ; e poi_se la sobillazioDe riesce allo scopo, chiaro è che conosce le disposizioni d' animo del le nostre popo1az10n1. Hanno un be~ dire altri che l'emigrazione infine non è cosi brutta cosa come si crede, poichè per essa il paese si svilupp~, progredisce e si arricchisce. Il fatto è innegabile fino a certo punto; si deve capire che il paese non è morto, nè vuol morire , e la legge fata.le del progresso toglierà forza alle reazioni per ridarla alle classi popolari. che lentamente - speriamo - riusciranno a rompere le pastoje di una stupida tuteìa, che vuole strozz~rle in età mat11ra. Senza dire che questa prosperità nuova è fatta d'in6.nite privazior.i, siamo convinti che il paese, meglio governato, avrebbe potuto progredir più che non abbia fatto e che non faccia. + La questione, a forza di eluderla, è vennta a tal punto che gli ottimismi s11detti in qnesti ultimi tempi cominciano a mutarsi in voci d'allarme; e mentre una volta si paventava una legge restrittiva da parte degli altri Stati, come quella tante volte minaeciata dal1'Unione americana., ogg·i s'invoca una legge restrittiva interna. • Noi non crediamo che si potrà arrivare a tanto per· accontentare questi latifondisti ; si tratterebbe di un vero reato di limitazione della libertà personale ; ad ogni modo mentre da nn IF,tosi tardivo provvedimento non arriverebbe allo scopo, perchè ormai il movimento migratorio possiede i mezzi per eludere qualunque legge rE.strittiva: dall'altro presenterebbe tutti i caratteri di una odiosa rappresaglia politica delle classi superiori contro le inferiori, e questo desiderio da solo rivela il contenuto politico della nostra emigrazione. La legge progettata per l'emigrazione interna io fondo in fondo riuscirebbe ad una parziale conce::isione a qnella· richiesta delle classi interessate. Ma questa legge che, a. mezzo di Uffici regionali, intenderebbe avviare verso il Sud e le isole i disoccupati del Nord se contenuta dentro certi limiti, farebbe opera di krumiraggio, se spinta ad oltranza , farebbe opera di sostituzione di razza addirittura. Difatti , se i lavoratori meridionali ed isolani non riescono a vivere ifi questi paesi, come potrebbero vivervi i settentrionali, più coscienti, e perciò più esigenti? Ad una condizione: col concorso dello Stato aggiunto al maggior contributo dei privati; ciò che non si è mai voluto fare coi lavoratori locali. Ma allora il carattere di favoreggiamento governativo di una tale legge, come in qualsiasi altro sciopero, sarebbe evidente e dimostrebbe che la. nostra emigrazione ha, anche pel Governo, tutti i requisiti di uno sciopero agrario e generale d' indole politica. Se poi tale indirizzo fosse i=ipinto agli estremi - meno male che i nostri governanti non sono da:ciò - si avrebbe che la. sostitnzione grnduale delle popolazioni settentrionali alle meridionali ed isolane ; l' Italia diventerebbe una davvero non per fusione delle due Italie esistenti , ma per la eliminazione di una di esse. Buon per noi che un popolo non Ai sopprimo come una banda di malfattori. e che tale impresa è troppo ardua per potersi pensare! Queste constatazioni e questi progetti non possono non dimostl'are che i nostri lavoratori fuggono esa-sperati; o il bisogno, o il desiderio , o il risentimento, o tutte queste cose assieme, divenute ossesgione li spingono, 1i incalzano verRo l'ignoto ed essi si avvent11rano a questo miragg:io ciecamente, diRperata.mente. Tanta passione non pnò es-iel'e che conseguenza di lunghe sofferenze e di vecchi rancori, i nostri proletari sent::>no- senza saperlo dire - di consumare in tal modo una vendettfl., la sola possibile per loro, contro le clas~i ricche e dirigenti. L'antico es010 delle tribù barbare ci ricorda ch'esse lasciavano un territorio !i,terile per cercarne uno più fecondo; il famoso esodo del popolo ebreo ci ricorda cb'e--so foggiva la terra della schiavitù per ricuperare la. libertà; i nostri emigranti vanno a sperdersi nella patria deg;li altri per il pane e per la libertà. Se nel fenomeno migratorio, dunq ne, abbiamo potuto constatare effetti economici ed effetti politici, le cause non possono essere che poli t.iche ed economiche. G. BoNAGIUso Il giubileodel darwinismo Non sapemmo concepire migliore e permanente commemorazione del centenario della nascita del Darwin e del giubileo della pubblicazione dell' Origine delle specie, di quella fatta dalla Cambridge University Press pubblicando sotto la direzione del prof. Seward, il volume Danon and modern science in cui i principali biologi viventi dal Meissmann al De Vries, dal Bateson allo Strassburge, dallo Schwalbe all'Ha.eckel, ed altri ancora discorrono del valore permanente e delle alterazioni avvenute delle vedute da.rwi11iane; ed in cui sociologi, filosofi e psicologi e fisici ed astronomi discorrono delle ripercussioni del darwinismo nei loro campi rispettivi. Basterà fare i nomi di Francesco e Giorgio Darwin, di Hoffding, di Morgan, di Bonglè, per convincere chicchessia del valore inapprezzabile di questa pubblicazione e della opportunità di farne qui una breve e concisa mezione, tanto più che son tanti in questo momento i corifei della bancarotta del darwimsmo.

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