382 RIVISTA POPOLARE 1 dissodamento e la trasformazione delle terre incolte ed ino spiti, delle rocce aride, delle paludi mesitiche, delle foreste impenetrabili, in campi, in frutteti, in orti, in vivai, in giar• dini, jn città? Si dirà, con guèsto, che qui appunte, e la prova che l'uomosolo, l'uomo bianco, la creatura sovrana in questa razza pri viiegiata, è l'imtore di tutti i progressi, è il monopolista del ge.nio; ma non è così : l'uomo ottiene dalla natura tutto ciò che ragionevolmente egli vuole, cercando in essa, scegliendo, e sfruttando gl' individui ~ geniali i che vi si producono spontaneamente, per frlice coincidenza di circostanze favorevoli; e poi, scoperte e studiate queste circostanze , mantenendole e moltiplicandole e convergendole su quegli individui: i gua li, però, erano già da soli emersi dalla volgare schiera , e già avevano iniziato un progresso , che solo per manc:;nza dj mezzi di comunicazione, e specialmente del linguaggio, si sa - rebbe poi, forse e in gran parte, senza il concorso coscìente e sapiente di un genio superiore , risultato a sua volta di una più lunga evoluzione di successive ecce_zioni più fortu• nate, arrestato, ec,issato, spento con essi. Inutile dire, che ia genialità, CÌ< è I' iperfunzione certbrale, dipende negli animali come nell' uomo, nelle forme infime presso i selvaggi come nelle supreme presso la razza domi - natrice, da una particolar perfezione anatomica ed istologica dell'apparato nervoso : e questa si produce, a sua volta, per ia legge dellt compensazioni organiche, rielle specie (come è &ppunto qutllu umana) men riccamente fornite d'armi e d'arnesì naturali, di artigli e di zanne, di pinze e di corna , dj zoccoli e di corazze, di pellicce e d' aculei , di gusci e di ventose, d' al:-e di natatoje, di rostri e di dermascheletri, di secrezioni venefiche e di colorazioni protetti ve, pere hè tutto ciò si deve a poco a poco o sostituire o creare, con espedienti, con trovate, con astuzie, con invenzioni, con produzioni arti. ficiali, che vanno, a mano a mano che la funzione cerebrale, assiduamente esercitata, perfeziona l'organo che la compie, daila caverna al palazzo, dal sasso al siluro, dalla slitta alla locomotiva, dal trampolo al1' aeroplano, dalla zattera al tran• satlantìco, dal monolito al monumemo , dallo sgorbio graffito al capolavoro pittorico, dall' interiezione al poema, dalla teda alla lampada elettrica, dalla foglia di fico all'abbigliamento di Paquin, dalle mani aggiustate a diriger lontana la voce, alle onàe herzianc e al telefono senza fili. li Padovan correda il suo libro con un' appendice che inti tola « Venti secoli di storia naturale del Genio ~, e nella quale passa in rivista, in quattro colonne parallele, i grandi avvenimenti storici dalla nascita di Cristc alla morte di re U m berto, e le sincro creazioni del genio umano nel campo delle scienze e dt::lle invenzioni, in gutllo della filosofia e del giu re, ed in quello delle lettere e delle arti ; ma qui non si vede chiaro a che tenda e che '-osa voglia provare tolè ri;tfronto necessariamente incompleto e imperfetto, e mancante j' ogni commento teorico e probativo: tanto che, a parer mio, queste pagine si potrebbero forse sopprimere senza alcun danno. E, già che sono al punto dei difetti , ne segnalo qualche altro, che il Padovan potrà facilmente eliminare in una nuova edizione: cioè le piccole inesattezze dovute forse alla compilazione un poco affrt:tttita , come quella dì classificare lo scorp;one tra i miriapodi, le affermazioni ingenue e gratuite come quella che l'invenzione delia sega sia stata suggerita all'uomo dalla lisca del pesce, e infine le poche mendt: linguistiche, come la paroia (< dettaglio >l che ricorre più d' una volta nd libro e che non è affatt0 italiana. Quest'ultimo difetto diventa quasi (dico « quasi » I) un preaio, nella traduzione anonima che il Sandron ci dà, in due volumi economici del capolavoro di Stendhal, LA CERTOSA DI PARMA: se fosse troppo italiana, non sarebbe più affatto ... francese, e lo Stendhal, pure amando e apprezzando e comprendendo come ben pochi altri il nostro paese, rimaneva pur sempre e immutabilmente del suo. Incontrando, dunque, delle frasi come « tirarsi d'imbarazz0 )> o « non c'era persona » , non si ha che la grata impressione di legger l'originale, che è, naturalment~, un'opera insigne, e che più si muta per italianizzarlo, più si guasta: tanto, a dir vero, che io avrei pre. ferito non d si mutasse una sillaba, e si ristamp~sse nella sua lingua primitiva: e chi non la sa ... peggio per lui. Dir della trama di questo romanzo notissimo, dopo settanta anni che va per il mondo, sarebbe fuori di luogo: dirò in - vece come, a rileggerlo, ci si senta dentro mezza la genealogia dei romanzieri moderni, dagli storici agli psicologi , dai naturalisti ai propagandisti, dagli aggrovigliatori d'intrecci ai descrittori di costumi. Allo Stendhal manca affatto, invece, il paesaggio, e la gente si muove e parla come sopra una scena antica, senza sfondo, senza scenario; ma questa gente è ritratta, in cambio , con una tale acutezza c vastità d'analisi interiore, dissimulata, di altra parte, da una bonomìa, da una semplicità, da nna facilità apparente d'osservazione e di discorso, che, a lettura fi. nìta, noi conosciamo ciascuno dei personaggi , come se noi fossimo sempre vissuti con loro, e non avessimo fatto altro che scrutarne la vita e indagarne il pensiero. AMORE HA CENT'occm: ed il romanzo che così s'intitola, ha per lo meno centomi.la ammiratori : uscito nell' '82 nella « Nuova Antologia , , fu poi stampato in volume dal Brigola, in tre edizioni consecutive, una all'anno, nel triennio seguente; e poi uscì in tedesco, in francese , in russo , in svedese , in spagnuolo; ed ora la S. T. E. N. lo ripubblica ne'la sua serie completa delle opere di Salvatore Farina, il quale dedica (< agli amici della sua isola natale, in conto di un gran debito di affetto e di gratitudine, questo libro che ama e piange ». E nessuna dedica era più di questa suggerita direttamente daila materia, che è tutta sarda, dalla prima all'ultima riga; e nessuna poteva riuscire più grata a me, che dell'isola nati.le di Salvatore Farina, sono riù che un amico, un nipote, dirò così, poichè figlio ne era mio pa-re, e con lui tutta una serie di avi, recenti ed antich:. Devo dire, dopo questo , cht: ~ Amore ha cent' occhi » è tra i miei prediletti, nella lunga lista dei romanzi del mio fe condo ed illustre conterraneo? Dirò. invece, che la mia preddeziont: ha pure, anzi in prevalenza, delle ragioni puramente artistiche, per le quali rimarrebbe inulterata anche se io fossi or;undo, anzichè di Sardegra, d' un'altra regione qualunque d' Italia, o magari di Fraucia, d'Ungheria, di Danimarca o di Portogallo: quest~ romanze- è infatti, come i migliori del Farina, pieno di quel- !' umorismo sentimt:ntsle e patetico, di quella filosofia indulgente ed esperta, di quella visione precisa e profonda degli uomini e delle cose, di quell'intuito tan!o giusto quanto istintivo della realtà intima significata ai sensi raffinati dei veri artisti dalle linee, dai colori , dalle forme, dalle voci del mondo esteriore, è pieno, dico. questo romanzo, delle dc,ti più proprie, dd caratteri più peculiari , dei pregi più schietti del nostro Farina. Sto per dire un'eresia, quasi una bèstemmia : se il Crl!atore avesse avuto la tempra di questo suo emulo più recente, il mendo sarebbe senza dubbio migliore : il romanziere sardo non sa creace che della buona gente e dei bei paesi ; i suoi per~onaggi hanno anch'essi i loro difetti , e magari anche groasi : non per nulla sono studiati dal vero; ma hanno anche sempre i loro lati buoni, e prima o poi, trovano eh i li scopre,
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==