Rivista popolare di politicas lettere e scienze sociali - anno XV - n. 12 - 30 giugno 1909

RIVISTA colmare, almeno in parte, questa lacuna della mia coltura, e a levarmi un poco del senso di mortificazione che provavo ogni volta che mi si parlasse dell' Arcolèo, senz;a che io potessi interloquire con cognizione di ceusa. Il primo dei saggi è una lettura dantesca, a proposito detl 'episodio straziante del Conte Ugolino, dal quale , spaziando piu largamente pei campi della storia e dell'estetica, l' Arcolèo prende le mosse a dissertare in generale sopra « Il dolore nell'arte»: da Ercole, da Filotete, da Niobe, da Laocoonte, i grandi predecessori dello sciagurato pisano, la pittura , la scultura , la poesia , il dramma avevan già tratti; le inspirazioni più profonde e più varie: ma alla rapida, alla immediata, alla conquistatrice efficacia del nostro Divino , nessuno era giunto mai. Il secondo saggio, • L'arte che ride >l, è dedicato al « Figlio di Jorio » dello Scarpetta, che vi è definito come una parodia sbagliata ( ed infatti non piacque e non rimase sulle scene), ma sciolto da ogni accusa di plagio , di contraffazione , di soperchieria letteraria. Il terzo, « Echi di un tempo che fu », si riferisce a Pasquale Stanislao Mancini, qual'egli rivive nelle memorie della figlia prediletta, Grazia Pit:rantoni-Mancini, pubblicate l'anno scorso dal Cogliati di Milano : tutto, in quel libro, ogni circostanza, ogni momento , un onomastico , una gita , uno spettacolo a teatro, una festa da ballo, un processo alle assise, u 1 a seduta alla <:amera, una sommossa in istrada, una crisi ministeriale, una notizia politica , giova a rendere un tratto ddla proteiforme fisionomia di quest'uomo superiore, maestro, giureconsulto, oratore, statista , critico, diplomatico, amatore d'arte, uomo di pensiero e d' azione, di studfo e di mondo; ed ogni momento di questa vita che oggi si direbbe « rappresentativa », ridesta appunto innumerevoli figure di contemporanei, di cooperatori, d'emuli, d'avversad non meno famosi, delinea larghi quadri:d'ambiente morale e sociale di tempi e di luoghi oramai trapassati e trasfigurati: e tÙtto ciò passa dal libro della illustre Signora a quello del suo recensore , impiccolito, sì , come in una riduzione fotografica o come in un panorama veduto col cannocchiale a rovescio, ma in certo modo immutato e com - plet0, quasi com'era là. Quarto : la commemorazione di Garibaldi , fatt'i. a Napoli quando si spense l'Eroe: tutta vibrante ancora di commozione sincera, di dolore sentito profondamente e reso con semplicità, con umiltà, con ammirazione schietta. E poi, ancora, un sffggio folkloristico sui canti del popolo in Sicilia, che purtroppo vanno spegnendosi nella sua memoria, esaurendosi nel suo genio, mutandosi in satira o barattandosi con le canzoni che veng"n da fuori e particolarmente da Napoli ; ed uno su Pulcinella , argutamente e profon famente qualificato come • un filosofo in maschera )); ed un ultimo sullo Swift, il gigante degli umoristi, il decano degli schernitori , il dèmone del sarcasmo e della ribellione , che mette tutto alla berlina e al ludibrio , dalla politica ali' arte , dalfa religione all'amore, dalla scienza alla virtù. Un romanzo di Cosimo Glorglerl-Contrl è per molte signore di gusto fine e di nervi delicati un avvenimento: il Giorgieri, che si definì una volta da sè stesso • un ignorante pieno di sensiblerie , , non è ignorante affatto , almeno in quelle materie che occorre conoscere per fare delle belle poesie e dei buoni romanzi; e in quanto alla sensiblerie, egli se la coltiva nel cuore come si coltiva un fiore esotico in una serra ; ma vi coltiva insieme, nàtavi , del resto, spontaneamente, anche la pianta indigena dello spirito, che intreccia il fresco fogliame delle sue arguzie, dei motti, dei giochi di parole, dei calembours, ai viticci avvinghianti della paasionc, ai petali profumati della nostalgia, ai frutti pieni di miele e di veleno, delPOPOLARE 327 l' amore: e perciò il Giorgieri-Contri è, naturalmente, l'enfant gdté dei salotti. Questa sua ANIMA OSCURA , ( Palermo , Sandron) però, « questa piccola storia di un'anima inquieta ed infedele», è dedicata « ai cipressi dell' Isola Bella, al campanile dcli' Isola dei Pescatori , a un segno di pace , a un segno di fede , ; ed è tutta romantica e tragica, senza motteggi e senza freddure mondane. Genoveffa è stata sposa , sei mesi soli, a Carlo de Herr: sposa felice, appassionata , innamorata, inebbriata ; poi il tifo, improvviso, violento, inesorabile, glielo aveva portato via; poi, a poco a poco, giovane e bella, la vita l'aveva ri- . presa : Teodoro, il cognato, il bell'ufficiale dei dragoni del- !' Imperatore, i assomigliava stranamente al povero Carlo, e la guardava spesso con occhi intensi e rapaci; la vecchia suocera grifagna li teneva d' occhio, con una 1:enignità egoista, pensando certo ad assicurarsi che quella bellezza, quella gioventù, quella dote, restassero nella casa ove prima s'eran posate; e lei s'era sentita vinta, « molle come se egli non avesse che a prenderla fra le braccia .... E si trovò di nuovo fidanzata, lieta ed oppressa, convinta che sarebbe felice appartenendo a quel\' uomo che la desiderava , e vergogno5a di sentirsi così debole, vera carne di schiava dinanzi al desiderio dell'uomo •. Un giorno l'innamorato le cinge d'_un tratto la vita, fa per baciarla, lei si difende, si torce, e, nella lotta, lui cede improvvisamente, vacilla. stramazza. E' un insulto apoplettico; è la paralisi ; sono mesi e mesi di costernazione , di ansia, d' alternative dt speranza e di rassegnazione , e poi di lenta, lentissima, quasi dubbia convalescenza, in una casa di cura, . ad Ealar, poi di convalescenza decisa, franca, sicura, in una stazione climatica, in Italia, sul Lago Mag~iore, a Baveno. Qui, la vedovella polacca s\ sente presa dal fascino delI'am• biente: le pare d'aver trovata la patria de' suoi sogni; la suocera ed il cognato, il convalescente, il fidanzato, le appajono come stranieri, come sconosciuti, quasi come nemici; si sente un'altra; e s'innamora di Maurizio Marasillari: di un « compatriota », finalmente! Per farla corta, è un idillio delizioso, squisito, delicatissimo; i due oramai sono l'uno dell'altra; si vedono di nascosto a Stresa, a Pallanza, all'Iso'.a Bella, all'Isola dei Pescatori; ma, un brutto giorno, ella capisce che si sospetta, che si sorveglia, che Fi sa; e in un ultimo convegno, gli amanti combinano di trovarsi più lungi , a Milano , e per sempre : lei fuggirà : di dire seccamente alla suocera, al cognato, che essa ha mutato idea, che si scioglie da ogni impegno, che si ritiene libera, che resta in Italia, non se ne sente il coraggio. Se non che , la sera stess:i , esaurita di nervi e di spirito, è sorpresa da Teodoro, dal cognato, dal redivivo, mentre nella camera di lui, in sua assenza, consulta l'orario delle ferrovie; inventa una spiega2ione, e la balbetta; lui le offre d' ajutarla nelle ricerche; i c9pel1i si toccano; gli aliti si confondono; il dragone imperiale piglia la piccola mano tremante della cognata ; la guarda negli occhi ; e5sa chiude i suoi , e si sente senza forze, senza pensieri, senza vita; un braccio, di nuovo gagliardo, la cinge, la sostiene, la prende; due labbra ardenti, due baffi solleticauti, cercano la sua bocca ; a Genoveffa par di piombare in un abisso, di perder la luce del mondo; Teodoro ha spenta la lampada elettrica; a lei , dalle profondità delle viscere, come un antico ricordo ascende, si diffonde, la vince: e il suo ultimo « no , è di quelli che dicono « sì ». Un fischio, un rombo: il diretto passa nella notte, fulmineo, recando Maurizio a Milano .... E qui , naturalment~ , il romanzo dovrebbe finire , perchè ormai tutto il succo psicologico e morale ... o immorale che sia, n' è venuto fuori : l' autore , invece , com mette l' errore estetico di appiccicarvi ancora un' altra ottantina dì pagine, bellissime, certo, anche queste, ma che tolgono tutto il profumo, tutta la suggestione, tutto il pathos di quella chiusa

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