Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 10 - 31 maggio 1909

RIVISTA te oreficerie, e tra i palazzi, le porte, le torri, le tombe etrusche; non c'è stazione, d'altronde, anche su questa linea, che non abbia le sue seduzioni , o storiche, o artistiche, o panoramiche : Citerna , S. Giustino , Città di Castello; Gubbio, che emerge fra tutte per le antichità etrusche, romane, bizantine; Nocera per le vedute e per le acque ; Piediluco pel piccolo lago lucente all' ombra del bosco sacro; Rieti per la loggia del Vignota, per le chiese e per i palazzi patrizi .... E le Puglit:? Tanto più interessanti, quanto men note agli escursionisti ed ingiustamente neglette finora dagli studiosi : eppure, greci e romani, bisantini e normanni, svevi e angioini vi lasciarono tracce insigni di civiltà e di bellezza; eppure, questa regione è forse la più ubertosa d'Italia, e, tra il mare e il monte, la vite e l'olivo le dànno la fisionomia più tipica fra tutte le terre sorelle ; eppure , le greggi che scendono al Tavoliere pei larghi erbosi tratturi, hanno ancora qualcosa d'idillico, di ;>rimitivo, d'arcadico, che fa sognare, e che raramente, oramai, s'incontra più altrove; eppure, dai dolmen, dalle pietre fitte , dalle mura ciclopiche , dalle abitazioni tro. gloditiche e dalle chitse ipogee, dagli umili trulli a cono, come tende di nomadi pietrificate e fissate al suolo, sino alla rocca di Castel del Monte che pare una enorme corona im• periale imposta gloriosamente al paese, fino alle cattedrali magnifiche, alle basiliche, ai duomi di Troja, di Barletta, di Andria, di Ruvo, di Bitonto, di Tr.ani , di Molfetta, di Bari, d1 Ostuni . di Brindisi , di Lecce , la città gentile , la Firenze delle Puglie, e di Soleto, ancora, e di G<1latina, e di Otranto, e di Canosa, e d'Altamura , e agli antichi castelli eretti sul monte e sul mare a di fesa dalle cupidigie e dalle piraterie musulmane e cristiane, eppure, eppure, quante cose nuove e mirifiche da vedere laggiù l Peccato, soltanto, che vi siano così rari gli alberghi forniti, non dico del lusso e del comfort moderno, che possono parere, od essere, anche, superflui, ma dei requisiti più elementari dell' igiene e del!a nettezza proprie dei paesi civili I Col titolo L'OMBRA, Ricciotti Civlnini, stampa un romanzo (Torino, S. T. E. N.) tragico e triste, eminentemente psicoloBico , a forti chiaroscuri , pieno d' immagini e di rilievi che fanno pensare al Caravaggio o al Ribera , ed in cui i protagonisti sono un giovanetto imberbe , un po' orso, un po' timido, un po' esaltato, un po' squilibrato, cui toccò la sciagura di uccidere in un incidente di caccia il fratello maggiore; e la cognata, vedova di costui, e che l'ombra del morto divide come un muro invisibile, ma tremendo, dall'autore dell' indimenticabile eccidio; e una signorina , che fu prima di lèi fidanzata del morto, e che poi ama il fratricida, e che infine gli si dà, disperata, di sorpresa, conducendolo , in un impeto pazzo di doppio rimorso, ad uccidersi su\la tomba scoperchiatR di lui .... Il romanzo, dritto, forte, stringato, è magnifico ; e del suo stile bizzarro ed affascinante , che a volte ricorda quello del Maeterlinck , a volte un po' quello del D' Annunzio, non si può dare un' idea se non riportandone un saggio: eccolo : « Portavano fuori dalla stalla il vecchio cavallo morto. Lo portavano in quattro, a due a due, a spalla , sopra staughe. Non gli avevano potuto unire e legarG le zampe, :anto s'erano divaricate nel momento e nel gelo della morte. E sotto l'an • guinaja, comprimendo ogni mollezza, e al di sotto delle spalle, dure quali pali di tortura, le stanghe alzavano la bestia, come in una macabra esaltai:ione. La bestia sussultava pesantemente in quel suo trapasso per l'aria; vedevasi il ventre gonfio nella sua macrezza, con k costole rigirle e solcanti il cuojo, quali archi sforzati dall' ultimo soffio. Un senso di disfacimento infinito si dipartiva dalla carogna sollevata lai quattro uomini, rigida, come un idolo di tristezza; un brivido indurito stava POPOLARE 273 su tutto il pelame , come una grande ombra che vi fosse caduta ; e tutta l'unghiatura era un legno peso ed opaco; e la inforcatura e le cosce insozzate di strame attaccaticcio e di sterco. Erano i labbri del muso, l' uno di sotto flaccido e ricascante , l' altro rattratto , con una mossa di strazio e di riso amaro; e la dentatura nerastra rostrata nel suo enorme . ' allungamento di vecchiaja, simile a un rastrello, tutta discoperta nel gialliccio della mucosa rugosa ed arida, più che di funebre riso aveva una mossa di disperazione. Fuoriusciva di trave, so un pezzo della lingua , di fra le zanne mostruc,se, pènzola ed enfia quale una vescica già gonfia di putrido. E gli occhi gonfii pur essi , tutti aperti, erano come bombole piene di lacrime di già vitree ». Rifacciamoci la fantasia, rassereniamoci lo spirito , con qualche immagine più leggiadra , con qualche pensiero più sereno. Quando queste cartelle saranno stampate, l'ottava ESPOSI· ZIONEINTERNAZIONALDE' ARTE DELLA CITTÀ DI VENEZIAsarà stata inaugurata col solito cerimoniale e coi consueti discorsi, e la folla , non meno internazionale , dei v1snatori ne avrà invaso, curiosa e stupita, le antiche magmfiche sale ed i nuovi sfarzosi padiglioni. Come ad ognuno degli altri convegni biennali , anche stavolta essi troveranno tutto mutato , e molte innovazioni introdotte , e molte sorprese preparate , e molti orientamenti di versi del gusto dei vari i paesi e del modo di atteggiarsi del pensiero artistico e d' aggrupparsi delle scuole estetiche, rivelati. Io, come sempre, non vi andrò che in luglio, quanio tutto è reaiml!nte a posto e quando l'assetto può dirsi davvero de• fioitivo; io amo, d'altronde, discorrere coi miei lettori di ciò ch'essi hanno già visto coi loro occhi e giudicato con la loro testa, o deciso di rinunciare a vedere e giudicare di persone; ma non prevenire la loro genuina impressione ed influenzare comunque il loro spontaneo verdetto , con I' e;;pressione preventiva di ciò eh' io ho s-mtito coi nervi miei e pensato col mio cervello davanti ai quadri , alle statue, alle decorazioni della Mostra. Stavolta , d' altra parte , io non scriverò dell' Esposizione presente in questa Rivista, perchè ciò interrompeva, gli anni scorsi, per troppo lungo tempo la serie degli , Stelloncini letterarii » e ne accumulava troppi per l' affrettata e condensata ripresa inven1ale: chi vorrà, dunque, intrattenersi meco anche quest'anno su Venezia e sulla sua ottava Esposizione, legga invece i numeri d' Agosto, Sett~mbre e Ottobre del « Vente simo » di Genova dove io ne seri verò nella forma e con la estensione abituale : e così anche questa consuetudine , carissima a m.:, e non dis.:ara forse a qualcuno dei miei fedeli interlocutori, non rimarrà bruscamente troncata, nè, sia pure per una sola Mostra, interrotta. Qui, mi limito a dire d'una cosa> di questa ottava bien 1.ale, che essi certo conoscono già: il CARTELLONEa,nzi i due cartelloni: uno è quello d'Augusto Sezanne che già servì per la Settima, e che ora è stato tradotto in tricromia dall'Istituto Italiano d' Arti grafiche di Bergamo. Esso ci dà una Venezia ideale, trasfigurata in Porto simbolico delle Arti, ove tutte le navi del mondo convengono fraternamente, ove tutte le bandiere dei popoli confondono in una cordiale sinfonia di ne,te gaje i loro colori, ove sul cielo dorato della laguna campeggian soffuse di viola le cinque fastose e stellanti cupole di San M 1rco. Nitidissima, quasi schematica , latinamente e classicamente incisiva di disegno, la bella opera del Sezanne è riuscita, in questa nuova versione cromatica, più calda, più gaja, più animata, più varia di tonalità, e, come manifesto, sopratutto come mezz:o di attrar l'attenzione e di co,quistare la simpatia della gente aftaccendata per le vie, per i pubblici ritrovi, per

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