Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno XV - n. 9 - 15 maggio 1909

238 KiVISTA POPOLARE l'attuazione (e non più delle promesse) qi quelle riforme sempre propugnate per un'efl:ettiva democralizzazione dei nostrl ordinamenti militari, è un'abdicazione pericolosa e ingiustificabile. Noi crediamo ancora , cioè, in quello che dicevano Garibaldi e Mazzini: la patria non si difende con gli eserciti professionali e con la politica estera, che sovrappone ai bisogni, alle aspirazioni ed agli interessi popolari , le tendenze e gl' interessi della monarchia. I criterii direttivi della politica estera devono essere rivendicati alla legittima rappresentanza nazionale e, in ultima istanza, al paese stesso; e l'esercito dev'essere la nazione stessa. Nei riguardi della nostra efficienza difensiva, tutte le piccole questioni cosidette tecniche sono quisquilie più o meno infeconde (tantopiù se, come accade fra noi, sono molto dibattute e mai realizzate), di fronte al problema di rendere il popolo intero atto e pronto, in caso di bisogno, alla difesa della patria. E' sempre una verir.à generosa e profonda, questa: Avere provveduto a molti e perfetti armamenti significa solo in piccola parte avere provveduto aìla difesa nazionale, se i presidii morali di questa non si svi~upp,mo e non si coltivano nell'anima popolare italiana. E' facile arguire da queste enunciazioni che noi siamo per una politica estera nazionale - amici di tutti ed alleati di nessuno - con una gravitazione maggiore verso le potenze occidentali ( Francia e Inghilterra), e per una politica militare, che a poco o poco sostituisca all' esercito permanente la nazione armata, attraverso la ferma ridotta, il reclutamento territoriale , la diffusione obbligatoria e incoraggiata del tiro a segno , l' attivazione della rnilizi,1 territoriale. etc. D'altra parte , poichè la nostra migliore politica estera dovrebbe essere una buona politica interna, noi riaffermiamo la necessità ,_ per l'Italia , di nn regime democratico, il quale diffonda tanto più intensamente il sentimento patriottico, quanto più degna di essere amata e difesa risulterà la patria, in grazia dei beneficii sociali assicurati sempre più larga men te dai suoi ordina men ti interni. E da questo punto .di vista, la nostra politica militare appare indissolubilmente collegata - non pure a quella estera - ma alt resi a quella interna, e la incompatibilità dell'attuale ordinamento politico del nostro paese risulta ancor più evidente con le necessiti obiettive della nostra difesa militare. Perchè (e qui non posso che accennare di volo alla questione), uno dei capisaldi della Nazione Armata, cioè il reclutamento territoriale, presuppone necessariamente, a sua volta, l'ordinamento federativo del nostro paese , ordinamento sollecitato da altre vitali ragioni d' ordine sociale e incompatibile col regime monarchico, il quale deve necessariamente basarsi sulla unità fonnale , se anche dopo mezzo secolo di regime unitario i meridionali si sentono cosi diversi e cosi divisi dai settentrionali - il che probabilmente, non sarebbe accaduto, se gli uni e gli altri non fossero stati costretti nello zoccolo cinese della unità irrazionalmente livellatrice ... E, infine, la nostra politica estera , essendo necessariamente una politica dinastica - il che continuerebbe ad essere , anche se il parlamento riuscisse a rivendicarne a sè le direttive - è evidente che gl' interessi particolari del regime si sovrappongono caso per caso a quelli del p:iese, che vede la propria politica eskra asservirli talvoita a quelli che l'odiano e lo danneggia□ o , e tal' altra in odio alle nazioni amiche, cui si rivolg,Jno le simpatie dell'anima popolare. Per noi, quindi , la questione militare è la q uestione estera ed intern,l e involge tutto intero il problema politico e sociale italiano. E allora, se si capisce che un buon monarchico le esamini e l'apprezzi isolatamente, facendone ora una questione tecnica, ora una questione sentimentale, non si comprende come i socialisti - come Pietro Chiesa alla Camera e Comunardo e Bissolati nell'Avanti - omettano di prospettarla e di ilpprezzarla nella molteplice varieta dei suoi aspetti ! + Io, natural men te non sostengo che i concetti ai quali ho accennato debbano costituire il contenuto di una pregiudiziale contro le spese militari - no! Queste i nostri amici potranno anche, frattanto, approvarle, se rispondenti ai iìni della nostr,1 politica difensiva ed alla potenzialità economica del paese, Ma non bisogna mai trascurare di difl:erenziare la propria adesione .alla difesa militare della patria, da quella che ad essa dànno i monarchici, motivandola sulla direttiva dei concetti suespressi, che sono poi quelli della democrazia e che nessuno è ancora riuscito a dimostrare sorpassati o esauriti. Anzi, ciascuno a quei concetti è pronto a fare ossequio, comportandosi poi in maniera del tutto contraria ... come quei contadini, che pass:mo dinanzi alle chiese -cavandosi il cappello, e oestemmiando, perchè il somaro, frattanto, si è fermato a br11care l'erba sulla soglia del sagrato... Ed è anche ingenuo limitarsi ad enunciare questi nostri coucetti, approv:tnd.o intanto le spese militari, come vogliono i nostri governanti, i quali, in tal modo, non si sentiranno mai obbligati a tradurre in atto alcuno dei nostri postulati di politica estera e militare. Se no, quale differenza il paese si abituerà a per- -eepire fra le parole e il voto di Pietro Chiesa e il voto e le parole, poniamo, del generale Spingardi? FRANCESCO CrccoTTI Una _riforma urgente I trombettieri del governo del Giolitti, che tennero lo stesso ufficio sotto i governi passati, e lo terranno anche sotto i futuri, se anche dai futuri riceveranno in larga copia la biada, che è unica ragione e fondamento unico del loro pensiero politico, come si conobbero i primi risultati della prima votazione, e più al domani della seconda, si diedero a lagnarsi della vigente legislazione elettorale, in cui tante storture trovarono e tanti difetti, quanti nessuno mai aveva imaginato prima della sera del sette marzo. Mai, invero, nè pur nelle memorabili elezioni del 1900, in cui il paese reagì con meravigliosa concordia all' esperimento di castrazione tentato dal povero Pelloux, mai non s' era vista un' ecatombe di pezzi grossi ministeriali così vasta, come quella su cui piangono i trombettieri pagati; non mai, come ora, la bellicosa falange dei liberi aveva raccolto così larga messe di simpatie e di suffragi, ed era entrata tanto forte di vitalità e di numero nel Parlamento italiano. Non noi, certo, ci dorremo di questo fenomeno

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