RIVISTA POPOLARE 203 non fa menz10ne il Montemartini , perchè egli, come la quasi unanimità degli Italiani, forse, disprezza la demografia. Lo risolverà, lo va risolvendo, purtroppo l'emigrazione, che costringe ad apbandonare la cerealicoltura per deficienza di braccia in molte parti del mezzogiorno. Lo nota anche la citata monografia sui Campi dimostrativi ecc. Occorrono venti anni almeno per ottenere i risultati dei rimboschimenti e per fare gli sbarramenti .... Ma da oggi a venti anni? Reponse, s'il vous plait, amico Montemartini. Intanto a lui osserveremo che non sian10 noi a promettergli il maggiore consumo di vino col protezionismo. Si rivolga ai liberisti per questa promessa. Noi, invece, abbiamo da parecchi anni avvertito che la sostituzione della viticoltura, alla granicoltura, e quindi una maggiore produzione di vino, quando nel vino minacciamo di affogare , sarebbe una follia disastrosa. Lo avvertimmo prima che ci si chiudesse il mercato austro-ungarico ; a fortiori possiamo riaffermarlo adesso. E speriamo , almeno su questo di avere consenziente il deputato socialista. In verità quando si è stati costretti a nominare una Commissione - e l'hanno chiesta; e chiedono rimedi efficaci e pronti, anche i Piemontesi e i Lombardi delle zone viticole, di cui mena vanto il Montemartini - una Commissione, diciamo, che studia i mezzi più rapidi per ovviare alla terribile cns1 del vino; quando un membro autorevole di tale Commissione consiglia premi ed esenzioni di imposta a coloro che distrurranno i vigneti - leggere per credere l' in tetvista del senatore Melodia nella Tribuna del 1-2 Maggio - consigliare l' aumento della produzione del vino se non è crudele ironia, è qualche cosa di peggio! Egli su di un punto ha ragione: il dazio procura guadagni esorbitanti a molti proprietari, specialmente del Nord. La sua osservazione , compresi i maggiori guadagni ai settentrionali , per noi ha tanto di barba. Egli può vederla discussa nel libro di Colajanni : Per la econQmia nar:ionale ecc. pubblicato nel 1901. Sin da allora egli consigliava un ordinamento diverso dall'imposta del reddito , in guisa da fare loro restituire almeno una parte di quei grassi guadagni. Questa circostanza dovrebbe richiamare l'attenzione del Montemartini su quella grande iniquità tributaria che sì chiamò l'accelera• mento del catasto, che ha consentito un disgrav:o dell'imposta fondiaria precisamente a quei proprietari del settentrione ...... che non ne avevano bisogno I Se egli volesse essere tanto buono da dare un occhiatina a quel libro vi troverebbe anche accennata chiaramente l' idea svolta da Ciccolti nell'ultima discussione; cioè: di non far servire il dazio ai soli fini fiscali , ma di consacrar parte del suo prodotto a benefizio diretto dei lavoratori ed al miglioramento dell'agricoltura. + Nel numero precedente abbiamo promesso di ritornare sui giudizi dell' on. Agnini contro gli agricoltori del mezzogiorno e della Sicilia, che egli presentò come se fossero poggiate sui dati e sulle osservazioni dirette del chiarissimo prof. Valenti. Ebbene abbiamo voluto prendere i volumi 1° degli Esperimenti di Statistica agraria per controllare l'esattezza delle citazioni ed abbiamo potuto convincerci che l'on. Agnini non li ha letti esattamente. Anzitutto il Valente nelia Relazione al ministro premette delle considerazioni, che rispon_dono alle riserve da noi esposte sulla difficoltà delle generalizzazioni. cc I rendimenti, che si ottengono dalle « diverse colture erbacee e legnose presi isolata- « mente , egli dice , dicono ben poco. Perchè se ne « possano trarre fruttuose deduzioni, convieLie co- « noscere se ed in quanto la cultura considerata cc si avvicendi con un anno o più di riposo; ovvero cc se più d' uno dei prodotti considerati si ottenga cc contemporaneamente o successivamente dallo stes- « so campo in un solo anno, perchè in definitivo « quello che conta è la produzione complessiva del « terreno. Un ettaro di terreno, che dia nello stesso u tempo 10 quintali di frumento, e 30 quintali di <.e fieno dall'erbaio che gli succede, 15 quintali di « uva dalle arborature, produce , coeteris paribus, « assai più di un terreno che dia soltanto 20 quincc tali di frumento. « La statistica agraria deve metterci in grado Ji <.e correggere gli apprezzamenti correnti intorno ai cc prodotti medi dell' agricoltura italiana , i quali, « secondo ogni probabilità sono assai lontani dal « rispecchiare le condizioni reali del nostro paese « e non possono quindi servire di base ad un utile « comparazione con le notizie, che ci provvengono « dall'estero » (Vol. 1° pag. 17). Il Prof. Valenti sulla Sicilia nel 1° VoL riporta una sola osservazione fatta a Paceco , in provi n. di Trapani. Paceco per la natura del suolo e del clima non è· in una buona condizione per la produzione del frumento. [n ogni modo essa nel 1906 vi dette, secondo l' i I lustre osservatore in sei appezzamei. ti di 1965 ettari una produzione media di I 1,5 quintali per ettaro (pag. 58). Siamo dunque ben lontani dai 5 quintali denunziati con isdegno dall'on. Agnini. Nel 2° volume la produzione per ettaro discende a 7,34 per tutta la Provincia di Trapani; ma non c'è più traccia della produzione media di Paceco, con nostra sorpresa. . Ma all'affermazione cervellotica del deputato socialista avrà potuto dare origine ciò che il Valenti dice di Conversano ì n provincia di Bari. Qui egli dice il prodotto unitario medio sarebbe di soJ.iquintali 5. Però, egli soggiunge, - e l' on. Agni ni, che ha saltato quel brano non potè apprezzare 1 aggiunzione: - « Se non che è da tener conto che vi sono tre cc distinte categorie di terreni coltivate a frumento: « a) terreni nudi o quasi, in cui l'influenza « delle arborature non è apprezzabile ; « b) terreni in cui il seminativo preva~e, _masu « cui la presenza delle arborature contribuisce a « deprimere il rendimento; <.e c) terreni per intero coperto dalle arborature cc dove la coltura delle piante erbacee è del tutto « secondaria e dà rendiml!nti minimi ». « Dal basso rendimento di quest'ultima categocc da di terreni non si potrebbe tuttavia giudicare « che essi si trovino in uno stadio d'intensità della « coltura poco elevato, dac~hè se _il fru1:1ento non « dà in una superfìce coltivata d1 ettari 3661 che « quintali 131953 pari a qu_inta~i 3,80 per ettaro, « in questa stessa superhc1e_ s1 ?tte_ngo_no 38,847 « quintali di uva, 16,592 qurntalt d1 ollve e 3185 cc quintali di mandorle » (pag. 142). Ha inteso l' on. Agnini? . . 11 deputato socialista nella sua inte1:v1sta las\.'.1~va intendere che a giudizio_ del Val~nt1 1~ mesc_h1_na resa di 5 quintali, era dov 1 uta alla 1gn~·v1a mer1d10nale che ara la terra coll aratro perticale ecc. M~ il Valenti; però, trova modo di .ric_or1are eh~ in provincia di Trapani , e senza gh. arnt1 che_da l'Ungheria-poteva ag&iunger.e - avv~cne_ cc la nco_- <.< stituz!one dei vigneti, a cui con mirab;.le energia
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