220 RIVISTA POPOLARE atti a vivere in un ordinato stato mondiale. Il suicidio dei non utilizzabili verrà considerato dovere piuttostochè delitto. (Die Gren,boten, I 5 aprile). ♦ Giorgio Sorel: L'apostolo della violenza. - Il più attivo apostolo della violenza è un uomo mite, modesto che rifugge dal chiasso e dalle lotte e che conduce una esistenza quasi da anacoreu. Ingegnere del genio civile, vive di una discreta pensione governativa in un sobborgo della metropoli: la sua villetta, mentre egli in una camera .111' urtimo piano medita o seri ve intorno alla attuGzione delle teorie sindaca - liste a lui care, echeggia di lieti giuochi infantili. Lo si può trovare non di rado nnche nell'austero ambiente della Biblioteca Nazionale: se qualche ammiratore o qualche avversario si avvicina a salutarlo, volentieri si trattiene a discorrere finchè i vicini disturbati dal cicaleccio lo zittiscono. Allora egli arrossisce e si scusa. E' quel mite, timido pensionato che predica la violenza come l'unico rimedio ai mali della società. Lo si potrebbe credere un visionario, un allucinato ae nei suoi volumi non esistesse la prova di uno spirito positivo e limpido. Gior:gio Sorel, come tutti sanno, è il teorico del sindacalismo: ma non è soltanto per temperamento che egli non si atteggia a caposcuo!a. Autodidatta, dice di avere passato unll parte della sua vita a leggere e l'altra a cercare di dimenticare quello che aveva letto per avvezzarsi a pensare a modo suo: le sue riflessioni non hanno il nesso e la struttura dei sistemi che i discepoli possono accaparrarsi di peso. « Sono quindi conJannato - dice egli - a non fondare scuole: ma i discepoli esercitano sempre una influenza nefasta sul pensiero dei loro maestri. Per Marx fu un vero ..disastro quello d'essere stato trasformato in capo di un setta da una schiera di giovani ammiratori entusiasti. Egli a.vrebbe compiuto un'opera molto più utili se non fosse stato lo schiavo dei marxisti i1. Non eaistono qumdi i sorelisti: gli stessi più fedeli seguaci delle dottrine di Sorel si sono separati da lui perchè hanno cominciato a staccarsi nella pratica dalla rigida intransigenza a cui e~l i si attiene in teoria. Ma non è men vero che la sua influenza è notevolissima: il movimento sindacalista che non appare ancora molto pericoloso ma che potrebbe assumere proporzioni più gravi, è dovuto quasi interamente al suo impulso dottrinario. Sorel ha una grande ammirazicne per Marx, di cui si presume l'interprete più fido, ma nutre un profondo disprezzo per marxisti: così i filosofi ammirano il fondatore di una religione e ne denigrano i sacerdoti. Contro i socialisti parla. mentari SNel scrive pagine di satira sferzante: non può tolerare il carattere equivoco del loro contegno, la vacua sonorità delle loro parole. Jaurès, che è indubbiamente un retore e che è avvezzo a sentirselo spiattellare sul viso da tutti, non ha trovato un critico più spietato e mordace di Sorel. I socialisti parlamentari, si dicano riformisti o rivoluzionari, conservano una specie di idolatria per le parole consacrate dall'uso, ma ne hanno travisato il senso: il linguaggio marxista suona ora sulle labbra di persone completamente estranee al pensiero di Marx. I socialisti del Parlamento, al dire di Sorel, somigliano molto ai demagoghi delle città greche che chiedevano con insistenza l'abolizione dei debiti, la spartizione :ielle terre, che imponevano o 6 ni tassa ai ricchi e inventavano complotti per poterne confiscare le fortune. La lotta di classe di cui Marx faceva l' essenza del sociaismo non è più intesa da essi nello stesso modo. Oggi i so ciahsti non pensano più all' insurrezione armata : ne parlano ancora talvolta per atteggiarsi a spauracchi, ma insegnano ai loro proseliti che la scheda elettorale ha preso il podto del fucile. La loro letteratura elettorale sembra ispirarsi alle più pure dottrine demagogiche: il socialismo si rivolge ai malcontenti di tutte le classi, usando un linguaggio diverso per ogni clientela. I politicanti socialisti, osserva Sorel, hanno interesse a cullare il loro pubbiico nelle illusioni della felicità futura: q11ando più l'elettore crede nelle utopie, tanto più è disposto a votare per il candidato chè gli promette meraviglie. Nello stesso tempo quei politicanti cercano d1 rassicurare la borghesia, promettendole di reprimere gli istinti anarchici della folla: !e spiegano che non hanno alcuna intenzione di sopprimere la grande macchina dello Stato. In fondo il !oro ideale è quello di imdadronirsi di quella macchina per perft:zionare gli ingranaggi I! trarne il maggior profitto per sè e per gli amici. I socialisti parlamentari che sperano di conquistare in un tt-mpo più <> meno lontano il potere, suppongono la società futura divisa in due grnppi: <la una parte la massa dei produttori, e dal!' altra un partito politico dirigente a cui i lavoratori procurino i mezzi di una esistenza che non somigli troppo a quella degli asceti. Sorel invece si attiene alla pura dottrina marxista di una grande rivoluzic,ne catastrofica che dovrebbe mutare la faccia delle cos,, e la crede possibi:e soltanto grazie ad uno sciopero generale definitivo. Anche i politicanti ricorrono volentieri alle minacce di uno sciopero per fare pressioni sui Governi, e per tener pronta la massa alla lotta, ne fomentano i i;en• timen1i di gt;losia e di vendetta. Uno sciopero generale diretto dai politicanti e coronato da successo non farebbe che rin - novare la Rivoluzione francese in maggiori proporzioni: gli insorti si impadronirebbero dello Stato e lo Stato imporrebbe con la forza una strepitosa servitù. Il pop0 lo dei produttori muterebbe semplicemente padrone. E probabilmente - dice Sorel - i nuovi padroni sarebbero meno abili degli attuali: terrebbero forse discorsi più eloquenti, ma tutto induce a credere che sarebbero assai più duri ed insolenti dei loro prodecessori , . Lo sciopero sindacalista non vuole aver nulla di comune col politico: la nuova scuola non può ammettere che la missione ,torica del proletariato sia quella di imitare la borghesia. La rivoluzione prodigiosa che deve sopprimere il capitalismo non può essere tentata per un semplice mutamento di pa• droni. Marx la concepì sul modello delle rivoluzioni borghesi perchè non poteva rendersi conto della forza sindaeale. L'idea del grande sciopero deve brillare agli occhi degli adepti come quella della gloria ai soldati di Nepoleone. Sorel predica la dottrina dello sciopero necessario, come un fondatore di religione può predicare la dottrina della immortalità dell'anima. Le grandi rivoluzioni non si possono compiere senza quell'entusiasmo che permise ai soldati francesi di percorrere vitto - riosi l'Europa: l'i-:iea che lo sciopero generale muterà la faccia del mondo è l'unica che, secondo Sorel, può infondere l'entusiasmo necessario per condurre a termine la grandiosa impresa. Sarà una battaglia napoleonica, una epopea: poco importa sapere come essa si svolgerà e quali ne saranno le con - seguenze: i sindacalisti. vi si debbono preparare come ad 11n evento miracoloso. L' entusiasmo che li anima non è ancora così intenso e diffuso da rendere imminente il pericolo di uno sconvolgimento repentino. Ad un certo momento la Confederazione generale del lavoro rarve divenire il focolare di una agitazione formidabile, ma i •socialisti parlamentari, turbati nei loro calcoli ed esasperati per il poco conto c_he di essi faceTano i capi della Confederazione, hanno avuto l'accortezza di introdurvi un forte nucleo di seguaci che ne paralizza la propaganda. Qualche scaramuccia però ha già fomito un prezioso 10dizio sulla bontà del sistema predicato da Sorel: gli improvvisi scioperi degli elettricisti hanno dato risultati così radidi che i promotori difficilmente rinunceranno a rinnovare il tentativo. Pataud, il & re della elettricità • ha piombato
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