Rivista popolare di politica lettere e scienze sociali - anno Xv - n. 7 - 15 aprile 1909

RIVISTA POPOLARE 1 desto esperimento iniziato nelln Stato di San Paolo, anche allo stato attuale, rappre·senta un fenomeno di grande importanza per lo ;;tudio politico, sociale economico, delle nuove migrazioni umane. Per gli italiani poi è importantissimo. Se armandoci di tutta la possibile buona volontà cerchiamo un contenuto anche tenue nella politica da noi seguita da una diecioa d' anni verso il Brasile, ed in quanto riguarda l'emigrazione, troveremo che presso a poco i nostri uomini di Governo e le nostre autorità per l'emigrazione, si sono abituati a considerare la grande Fe derazione Sud-America come un territorio nemico, che l'Italia dovrà conquistare col tempo, per fame di mano d'opera. Il ragionamento italiano muove dal fallace presupposto che il Brasile non possa rivoigersi, per la valorizzazione delle sue risorse territoriali, ad altri che a noi; e che noi alla lunga potremo prenderlo per fame di mano d'opera. Ed il presup posto è tanto fallace che mentre Portoghesi e Spagnuoli affluiscono sempre in maggior uumero nella Federazione ame - ricana del Sud, oggi entra in iscena un terzo e temibilissimo ·concorrente : il Giappone, con la sua laboriosa e numerosa mano d'opera a buon mercato. Quindi sorge spontaneo il quesito: aspetterà l'Italia che lo esperimento giapponese si compia con ottimi risultanti, mantenendosi in questo temp, trincerata nella vecchia formula intransigente? Si badi che il Brasile è rimasto in certo qual modo libero dall'influenza tedesca, non perchè in Germania mancasse la intenzione di conquistarlo con le merci e con la mano d' opera; ma perchè appena ricominciato un nuovo periodo di attività colonizzatrice nel Sud America, le industrie tedesche sviluppandosi enormemente, assorbirono la man'> d'opera disponibile sul mercato nazionale e fecero contrarre, per conseguenza l'emigrazione. Per il Giappone il caso è diverso. Se la crisi attuale esagera l'emigrazione della mano d'opera, non è men vero che prima ancora della crisi l' emigrazione giapponese costituiva già uno spiccato fenomeno sociale proprio di quellla parte della razza gialla che aveva fatto sì grandi progressi snlla via della clviltà. - D'altro canto, il fattore demografico stesso conferma che al di là di ogni possibile industrializzazione del Giarpone resterà sempre, causa la grande malattia, un forte contingente di mano d'opera da esportare:; mano d'opera che per motivi politici ed economici cercherà in tutti i modi di evitare quelle regioni ove, per lo inverso, le affinità di razza, di abitudini e di lontane tradizioni, sembrerebbero dover creare un centro di aspirazione. In sostanza, noi crediamo di non essere molto lontani dalla realtà prevedendo che fra non molto il fenomeno emigratorio giapponese - finora compresso anche da un vigoroso attacca - mento alla terra patria oltre che dalle modestia eccessi va dei bisogni cotidiani - dovrà • ssumere aspetti, caratteristicht.. e misure, che lo avvicineranno assai al fenomeno emigratorio italiano; e che dei due rami in cui, come accade per l'Italia si divide l'emigrazione giapponese - emigrazione continentale ed emigrazione transoceanica - il secondo sia destinato a conseguenze politiche, sociali, economiche, di gran lunga superiori al primo. Badi, dunque, l'Italia alla sua politica de Il' emigrazione, finora in balia de~li incompetenti del capriccio. delle prevenzioni assurde; e badi a quell'America del Sud che in Mediterraneo si chiama ancora America latina, e che, da aperta e desidercsa dei latini, com'è oggi, p')trebbe diventare fra non molto sostan 1 ialrnente di versa. Ma desideriamo no"l esser fraintesi. Un'America del Sud giapponèsinata è un assurdo, date le profonde ed inconciliabili diversità di razza; mentre, però, non è assurdo supporre il mercato del lavoro sud-americano in gran parte della razza gialla: quindi economicamente depresso circa le condizioni di lavoro cui posson 'l adattarsi gh europei e perciò economicamente inadatto per questi ultimi. Il che, io altri termini, equivarrebbe alla chiusura virtuale dell' An1erica latina ai latini. ( Economista dell'Italia moderna, 20 marzo. (r) (1) Questo articolo, annunziato in uno stelloncino del numero passato, si dovette rinviare a questo per manc:1nza di spazio. La Redazione + Otto Seidl: Tedeschi e Slavi del Sud. - Fra gli Slavi del Sud gli Sloveni confinano coi Tedeschi lungo il corso superiore della Drava , mentre attorno alla foce del fiume - in Sirmio , nella Bat:-,chka , nel Banato - Tedeschi e Serbi dimorano fianco a fì:inco. Il Germanesimo di fronte agli Sloveni ed ai Serbi non si trova nelie stesse tristi condizioni che nei paesi dei Sudeti. Avviene sì che il parroco Sloveno esorti le sue pecorelle a non indirizzare ai Tedeschi il villeggiante e che le classi colte Slovene lottino fervorosamente coli' istitu - zione di scuole medie Sia ve per la Sia vizzazione delle isole linguistiche tedesche. Ma presso gli Sloveni la lotta contro il Germanesimo non è popola re , è l' artificioso prodotto di istigazioni. Anche oggi il contadino Sloveno non è molto con. sapevole del valore delia lingua tedesca scritta, tanto piil che qualcuno difficilmente capisce la propria lingua scritta artifi ciosamente e rapidamente creata e raccozzata. Fu uno sbaglio degli Sloveni la costruzione di una lingua propria per un popolo che conta da r, 100,000 a 1,200,000 persone. Avrebbero fatto meglio , dal loro punto di vista, raggrupparsi alla lmgua comune croata. Per quanto gli Slavi siano superiori ai Tedeschi nell'attitudine ad imparare lingue straniere, si vedrà più tardi che l'unità della lingua tedesca di contro alle divisioni dd dialetti Slavi costituirà un vantaggio importante. Tanto più se si tien conto della diversità dei caratteri di scrittura Sia vi e Sud Sia vi. In generale la popolazione Slovena aumenta più rapidamente che la tedesca ; i matrimoni specialmente sono più fecondi. I confini linguistici si dirigono da Villa\.:o ali' ingiù, un po' a nord della vallata Drava. L'Isole linguistiche tedesche si sono conservate verso Sud, in Carinzia e in Stiria. A Lubiana invece il Germanesimo è in minoranza ed in difficili condizioni di lotta. Ma a SU<l est della capitale, nelle vicinanze dei confini croati, trovasi la celebre isola linguistica tedesca Gottschee, dispersa nel deserto Jella Marca Slovena. Molti amici pronti al sacrificio e signori potenti hanno tenuto la loro mano protettrice su questo figlio isol,ato del Germanesimo. E <lacchè si è formatJ per l'isola linguistica una propria' circoscrizione per le elezioni al Reichsrat si può fondatamente sperare che il carattere tedesco si conserverà, Nell' Ungheria meridionale e nel Sirmio sottoposto al dominio seòo-croato il Germanesimo si contrappone pieno di forza allo Slavismo. Qui infatti i Tedeschi son penetrati da cento anni circa , qui lo Slavismo non è ancora abituato alla lotta contro il Germanesimo, ed è di questo più debole per le condizioni economiche più arretrate. Ai numerosi figli degli Schwaben il grasso terreno offre un ric-:o nutrimento, e Sirmio che non è, come Batschka e Banato, direttamente soggetta ai Magiari, manda fra i suoi deputati anche un tedesco al Landtag croato. Anche nel nord della Bosnia troviamo un paio di villaggi tedeschi: Franr.-Josephs-Feld e Rudolfstal. La Rivista Der getreue Eclcart per la P' otezione dei tedeschi d' Austria, discorn: con piacere di questi forti avamposti tedeschi che pacificamente , non sopportando persecuzioni nazionali. Servono da maestri ai Serbi ausburghesi.

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