180 RIVISTA POPOLARE a meno che non venga dimostrato l' intervento di speciali fattori di perturbazione. C'è di più: in quindici anni su ventidue ci fu inversione o mancata azione dell' uno sull'altro, cioè: all'aumento nel prezzo corrispose una diminuizione nella mortalità; o viceversa. Il parallelismo si osservò soltanto in sette volte. Ora, ripetiamo, ci vuole soltanto la logica lombrosiana per potere affermare che la curva d~llapellagra segue esattamente quella del preno del grano. Sarebbe assai più logica la conclusione paradossale: la curva della pellagra si s,•olge in ragione inversa di quella del preno del grano; conclusione che non ci sogniamo neppure per burla di far nostra , perchè sappiamo che nella fenomenologia sociale i fattori sono innumerevoli, e si intrecciano, si aggrovigliano , reagiscono gli uni sugli altri, si neutralizzano o si somma no. Comunque queste conclusioni ci sembrano più legittime delle precedenti: la curva della pellagra segue quella della prosperità ; le variazioni nel preno del grano rappresentano un elemento trascurabile , 'che non perturba o in un senso o in un altro le condizioni generali della prosperità, influenzata sopratutto del livello dei salari e dalla continuità del/' occupazione. ♦ 6° Il cavallo di battaglia dei liberisti) messi alle strette, è sempre uno: la prosperità dell'Inghilterra è grandissima, non ostante il liberismo agrario; i salari, i consumi, i risparmi ecc. in Inghilterra sono assai più alti che in Italia. Chi si è sognato mai di metterlo in dubbio? Di più noi concordiamo pienamente nell'afferma.zione, che sembra paradossale, dell'on. Colajanni: la rovina dell'agricoltura cagionata dal liber·ismo è uno dei p1·incipali fattot"i della prosperità de~'Inghilterra ( 1). Almeno tale è stata sino a questo momento l'azione del liberismo agrario. Ci sembr3, però, un segno non di sola leggerezza, ma di vera aberrazione il non voler tener conto della straordinaria differenza fra le condizioni e la evoluzione dell'Inghilterra e dell'Italia. In quanto alle condizioni basta ricordare che l'Inghilterra più che le altre nazioni di 'Europa possiede fe,·ro e carbone, cioè non i soli fattori, ma i molti plica tori della ricchezza e della superi ori tà navale, industriale e commerciale; questa superiorità è resa più facile dal basso prezzo dei prodotti agrari, che cagionano una perdita di 50 all'agricol 4 tura ed assicurano un guadagno di 200 alla economia nazionale. In quanto all'evoluzione non si può e non si deve dimenticare che l'Inghilterra si assicurò il primato col più feroce prote,.,ionismo non solo contro le nazioni straniere, ma anche contro l'Irlanda e contro le proprie colonie. Lo hanno dimostrato il Porther più di 70 anni or sono e il Welstord due anni or sono. L'evoluzione si è ripetuta in Germania, che sotto le ali del protezionismo è divenuta la concorrente dell' Inghilterra. Il grido di Williams: Made in Ge,·mani I oggi si traduce nel grido di Lee, di Balfour, e di tutta l'opposizione, raccolto dal ministero Asquit : Costruiamo dodici formidabili Dreadnought se la Germania ne costruisçe quattro ! L' evoluzione si è ripetuta negli Stati Uniti, che furono commiserati come votati alla miseria dal ShaVi' Lefebvre perchè sì euno dati nelle braccia del mostro protezionista e che invece, contro le previsioni del profeta liberista, hanno visto sviluppare prodigiosamente la propria ricchezza. Noi non vogliamo imi tare i nostri avversari, che ( r) Per la economia na,ionale ·e pel da,io sul g,-ano. Roma, Napoli. Presso La Rivista Popolare (L. 3) pag. 69 e seguenti. attribuiscono semplicemente la prosperità dell' Inghilterra al regime liberista; non concluderemo perciò, che il protezionismo ha cagionato lo sviluppo rapidissimo della Germania e degli Stati Uniti. Ci sia, però, consentito ritornare in Italia per domandare ai nostri avversari: Ammessa la nostra grande inferiorità economica osereste attribuirla al regime protezionista ? Del coraggio ne hanno ed essi sarebbero capaci di rispondere affermativamente. Ma se ciò facessero dalla evoluzione economica italiana sarebbero messi alla gogna come sfacciati mentitori. Il protezionismo è cominciato nel 1888. Ma come il liberismo cavouriano lasciò l'Italia al termine del periodo di 27 anni? Forse le condizioni economiche del nostro paese nel 1887 quando finì il regime liberista erano migliori di quelle attuali? Forse allora erano comparabili con quelle dell'Inghilterra ed oggi non lo sono più? Ah I no. Per quanto audaci i De Viti de Marco, i Giretti, i Chiesa e tutta la falange socialista, che mai si è data la cura di studiare il ponderoso problema, non crediamo che arriverebbero a tanta imprudenza, che potrebbP. anche chiamarsi impudenza! Epperò a chi vuole porre dei paragoni osservando le buone norme della comparabilità, non si può e non si deve porre il confronto tra la liberista In- ~hilterra e la protezionista Italia di oggi; ma tra l'Italia liberista di ieri e l'Italia protezionista di oggi. Posto questo paragone - e siamo al caso di esporre tutti i dati, se i nostri avversari lo desiderano - risulta che nd ventidue anni di regime protezionista, dal 1887 in poi, il progresso economico del nostro p ,ese è stato enormemente più rapido e più intenso che nei 26 anni corsi tra il 1861 e il 1887. E gl' indici del progresso concorderebbero quasi tutti. Li enumeriamo come ci vengono alla mente: produzione agricola e industriale, movimento postale e ferroviario, importazioni ed esportazioni, finanze dello Stato, condizioni degli Istituti di credito, aggio sull'oro, cambi coll'estero, salari, consumi, risparmi, mortalità ... Non potendo nemmeno sommariamente occu~ parei di questi indici in un articolo, che é già divenuto lungo soverchiamente, crediamo necessario fermarci per un momento sui salari agricoli, di cui è doveroso far menzione occupandoci della protezione e del liberismo agrario. Gli onorevoli Alessiò e Chiesa e i deputati socialisti, che facevano coro, a11'on. Colajanni rimproverarono, interrompendolo, la differenza tra i salari dei lavoratori della terra in Inghilterra e in Italia. Or bene su questo punto precisamente si potrebbe rispondere che il protezionismo agrario italiano ha consentito una elevazione superiore a quella del liberismo agrario inglese. Nel 1902 i lavoratori agricoli in Inghilterra avevano un salario settimanale di scellini 16 e 6 denari; cioè di lire 20,75 ( 1). I dati che pubblica l'Ufficio del lavoro italiano - è bene ricordare che lo dirige egregiamente il Montemartini, eh' è un socialista - dicono che di poco è inferiore il salario dei contadini italiani nella media annuale. Ammessa pure, una sensibile superiorità dei salari agricoli inglesi bisogna riflettere che il livello dei salari nelle altre categorie dei lavoratori in Ingliilterra è enormemente superiore a quello nostro: nelle costruzioni navali si arriva a 36 scellini per settimana; a 33 nelle miniere di carbone; a 31 nella muratura; a 28 nella costruzione di macchine ecc. (1) Bowley: Progress of the nation (King e Sons. Londra pag. 13 e seg.)
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